sabato 12 novembre 2016

Trump e gli ebrei

Donald Trump e Michael Jackson in una foto del 1990 trovata su Internet

Trump e gli ebrei

L’atteggiamento di Trump nei confronti degli ebrei americani è complesso. Da un lato, è circondato da ebrei - sua figlia Ivanka è diventata ortodossa, suo genero è ebreo, inoltre è circondato da consiglieri ebrei, alcuni dei quali indossano la kippah senza pensarci due volte. Dall’altra, il Partito Repubblicano ha tra i suoi elettori coloro che parlano degli ebrei come di candidati degni al genocidio. In tutta franchezza, si deve rilevare che neppure nel Partito Democratico mancano gli antisemiti.

L’ultima Convention Nazionale Democratica ha concesso alle bandiere dell’OLP di sventolare fuori dalla Sala Congressi, e l’ex Presidente Jimmy Carter, una delle figure autorevoli del Partito, ha pubblicato un libro il cui titolo definisce Israele uno Stato di apartheid - il che implica che è degno di scomparire, proprio come era già avvenuto per il regime di apartheid del Sud Africa. Sono preoccupato per la reazione che gli Stati Uniti potrebbero avere per il fatto che Trump è circondato da ebrei, perché anche se questi non hanno alcun ruolo nella sua formazione politica, ci saranno di certo quelli pronti ad accusarli di parzialità a favore di Israele e di influenzarne le politiche in quella direzione.

Durante la presidenza di George W. Bush, avevamo già visto accuse contro la lobby ebraica di gestire la politica estera e di istigare la guerra in Iraq (2003). Ci sono anche due studiosi che hanno pubblicato un libro su questo tema. Il periodo in cui Trump resta alla Casa Bianca potrebbe far uscire dalla bottiglia gli stessi diavoli anti-ebraici.

Un ultimo punto: mancano ancora due mesi prima che Trump entri alla Casa Bianca, nel pomeriggio del 20 gennaio del 2017. Il Presidente Obama ha la piena autorità presidenziale fino a quella data e potrebbe prendere decisioni che creerebbero una realtà problematica per Israele e Trump; ad esempio la decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di riconoscere uno Stato Palestinese con capitale Gerusalemme. Ho il sospetto che ci siano quelli, come J Street, che risponderanno alla vittoria di Trump facendo di tutto per spingere Obama a riconoscere uno Stato Palestinese con capitale Gerusalemme, finché gli è ancora possibile. Israele avrà bisogno di tutte le sue abilità diplomatiche e di tutti i veri amici che ha negli Stati Uniti e nel mondo per evitare che ciò accada. Da qui le mie benedizioni e gli auguri a Donald J. Trump per una presidenza di successo.


Articolo di Mordechai Kedar www.israelnationalnews.com (Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz) ripreso da Informazione corretta. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all'Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. È studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.