mercoledì 30 dicembre 2009

Renato Castellani e il film “Il Brigante”.


Il regista Renato Castellani (nella foto a sinistra) che spesso si definiva “il grande dimenticato”, girò a Scandale tra il mese di giugno del 1960 e l’aprile del 1961 il film “Il Brigante”. Film che durava all’inizio tre ore e mezza, ma fu tagliato, prima di circa 30 minuti per presentarlo al Festival di Venezia il 30 agosto del 1961, poi di un’ora prima che arrivasse nelle sale cinematografiche. Appena uscito, molti scandalesi che avevano fatto le comparse andarono a vederlo sia a Crotone che a Catanzaro, ma rimasero molto delusi perché erano state tagliate proprio le parti dove c’erano loro.



Il film “Il Brigante”, scrive Castellani, “L’ho girato in assoluta libertà, perché il produttore (Angelo Rizzoli) non mi ha posto limiti: sono stato undici mesi in Calabria e ho amministrato personalmente il film. Il Brigante è stato fatto nel 1960 ed è costato 98 milioni. Nelle scene dell’occupazione delle terre ci sono 600 comparse. Non farò più un’impresa del genere perché sono diventato matto. Ho girato 200 mila metri di pellicola, però avevo una troupe piccolissima, questa volta con il sonoro, con tutta gente presa sul posto. Quando è stato finito, il film ha fatto impressione, la gente stava li tre ore e mezzo per vederlo. Poi i distributori hanno cominciato con le loro richieste di tagli e anche Chiarini [direttore del Festival del Cinema] che lo voleva per Venezia mi ha chiesto di tagliarlo un po’. È andata via quasi un’ora e il film si è un po’ squilibrato”.



Castellani morì a Roma il 28 dicembre 1985. Era nato a Finale Ligure, provincia di Savona, il 4 settembre 1913 e fino a 12 anni ha vissuto in Argentina dove i genitori erano emigrati. Tornato a Milano, si laurea in architettura nel 1936 ed entra subito nel mondo del cinema. Ha vissuto per molti anni a Tropea.

martedì 29 dicembre 2009

Chiesa di Santa Filomena o di Pozzoleo a Santa Severina.


La chiesetta di S. Filomena o di “Pozzoleo” risale al XII secolo. Anche se di epoca normanna, questo edificio sacro ha mantenuto le forme bizantine. La chiesa è composta da due piani, ciascuno con una sola navata: quello inferiore era, secondo un’antica leggenda, adibito a pozzo e venne trasformato in chiesa in seguito ad un fatto miracoloso; quello superiore, dedicato a Santa Filomena, termina con una piccola abside semicircolare e sporgente, presenta due porte d’accesso gemelle, ad arco a sesto acuto, con doppia cornice.

lunedì 28 dicembre 2009

“Rapita dalla Giustizia”. Storia di Angela Lucanto.


Non ci sono dubbi che questo fatto di cronaca è entrato ormai a tutti gli effetti nella storia di Scandale. Anche se ne hanno parlato molto i blog di Scandale e i media nazionali, non è fuori luogo riproporre la copertina del libro e un commento di Matteo Spina pubblicato sabato 21 Febbraio 2009.

Quando il giudice ti ruba la figlia
Questa è una storia tanto vera quanto drammatica. È l’odissea, durata dieci anni, di una famiglia che si vede strappare la figlia dalla malagiustizia. È soprattutto l’orrore di una bambina di 7 anni che viene prelevata da scuola da due carabinieri e per i successivi 120 mesi non vede più i genitori e il fratello. Per colpa di un’ingiustizia abnorme è costretta a vivere prima nei centri di affido temporaneo e poi in una famiglia adottiva alla quale non riesce né ad adattarsi né ad affezionarsi.
Una vicenda disperante, anche perché potrebbe capitare a chiunque. Ha origine da una falsa accusa di pedofilia, rivolta nel 1995 al padre della bambina, che si rivela inconsistente durante il processo che ne segue, quando ormai la bambina è stata presa in consegna dal tribunale dei minorenni e la sua esistenza corre lungo un binario implacabile, separato da quello dei genitori. Fu Panorama, nel maggio 2001, a rivelare la storia di Angela L. e della sua famiglia, vittime a Milano di questa ingiustizia senza fine. Panorama seguì il caso, cercando di far tornare al più presto Angela a casa. Da suo padre Salvatore, che era stato assolto in appello e in Cassazione (con tante scuse) dopo 2 anni e più trascorsi in carcere da innocente; da sua madre Raffaella, che non era mai stata nemmeno sfiorata dall’indagine, ma che non poteva più vedere la figlia solo perché aveva avuto il difetto di difendere il marito di cui conosceva bene l’assenza di colpa; da suo fratello Francesco, di poco più grande di Angela, che era rimasto con la madre e da lei era stato amorevolmente cresciuto malgrado infinite difficoltà.
Allora ogni sforzo era stato inutile. Pareva che il tribunale dei minorenni non volesse riconoscere l’errore nonostante la Cassazione. A dire dei giudici, la famiglia di Angela non era degna di riaverla perché suo padre e sua madre mostravano “inadeguata capacità genitoriale”: un giudizio crudele e inverosimile, visto quanto la coppia aveva lottato e sofferto per lei. Ma Salvatore e Raffaella non si sono mai arresi e nell’estate 2006, dopo lunghe ricerche, hanno ritrovato Angela, ormai diciassettenne, su una spiaggia di Alassio, in Liguria. Poi per altri 9 mesi l’hanno seguita da lontano, incerti sul da farsi e preoccupati di non aggiungere turbamenti ai traumi che la figlia aveva già subito. Infine la voce del sangue ha prevalso: “Non potevamo restare ancora lontani” dice la madre. Sono bastati pochi incontri clandestini, pochi abbracci. Ora da più di un anno Angela L. è tornata a casa, anche se a causa dell’adozione ha un cognome diverso dal suo e anche se dentro di sé porta ancora mille ombre. Ma ha deciso di raccontare tutta la sua storia in un libro: Rapita dalla giustizia (Rizzoli, 210 pagine, 18,50 euro), cui hanno collaborato Caterina Guarneri, giornalista di Chi, e Maurizio Tortorella, condirettore di Economy, per anni inviato speciale di Panorama. Così la vicenda di Angela L. si trasforma adesso in un atto d’accusa: per le tante vessazioni sopportate nella sua vita da “orfana per decreto”, per le tante ingiustizie vissute. E per quella infanzia che le è stata rubata.

domenica 27 dicembre 2009

San Zaccaria Papa, nato a Santa Severina.



Sommo pontefice dal 10 dicembre 741 al 15 marzo 752. Zaccaria era di famiglia greca, residente in Calabria, dove nacque, secondo la tradizione a Santa Severina, verso il 700 circa. Doveva essere un diacono della Chiesa di Roma, perché il suo nome si trova tra i firmatari del Sinodo Romano del 732.

Fu eletto Papa nel dicembre 741, succedendo a Gregorio III (731-741), senza richiedere più la conferma dell’esarca imperiale; il periodo in cui salì al trono pontificio, era piuttosto difficile per la Chiesa, con i Longobardi che premevano alle porte di Roma e che già con il suo predecessore, avevano invaso il ducato romano, comandati dal re Liutprando. Indicò ai Franchi quale fosse il giusto governo, dotò di chiese i popoli germanici e tenne salda l’unione con la Chiesa d’Oriente, governando la Chiesa di Dio con somma accortezza e prudenza.

Convocò due Sinodi per Roma, nel 743 e 745, confermando la condanna pronunciata da San Bonifacio contro i due eretici Adalberto e Clemente. Governò la Chiesa ed i territori che le appartenevano per dieci anni, le terre venivano coltivate mediante colonie agricole bene organizzate; fece restaurare il palazzo danneggiato del Laterano; abbellì la chiesa di S. Maria ‘Antiqua’ ai piedi del Palatino, ove ancora si conserva il suo ritratto, eseguito quando era ancora vivente.

Papa Zaccaria ultimo papa greco, fu un uomo di vasta erudizione ed a lui si deve la traduzione dei ‘Dialoghi’ di San Gregorio Magno, eseguita per i monasteri greci di Roma e d’Italia e che ebbe vasta diffusione in Oriente. Morì il 15 marzo 752 a Roma e venne sepolto in S. Pietro.

sabato 26 dicembre 2009

Nasce a Scandale, nei primi anni Sessanta, Villa Condoleo.


Villa Condoleo nasce nei pressi del Santuario della Madonna di Condoleo, su una collina che guarda a nord l’ampia valle del Neto, a est Crotone e il mare, e a sud-ovest le sconfinate marine del Marchesato.
Nel 1956, Don Renato acquistò dai fratelli Drammis un appezzamento di ben quattro ettari di terreno. Nel 1957 si costituiva in Ente giuridico come “Casa della Carità” con atto notarile redatto dal notaio Bruno Baldassarre di Crotone.
I lavori, comunque, cominciarono il 12 maggio del 1961 con un importo complessivo di sessanta milioni di lire, più dieci preventivati per l’arredamento a lavori ultimati.
Si cominciò a costruire, però, con una somma di tre milioni di lire e successivamente lo Stato, tramite il Ministero dell’Interno, deliberò la somma di due milioni e mezzo come contributo ordinario all’Ente di Beneficenza.
In totale lo Stato è presente in quest’opera con cinque milioni e mezzo di lire.
La sottoscrizione in favore di Villa Condoleo fu aperta dalla consorte del Presidente della Repubblica di allora, donna Carla Gronchi, con l’offerta di lire 30.000. Altri soldi, secondo un’intervista fatta a Don Renato da un giornale dell’epoca, furono offerti da gente di “Milano, Roma, Vicenza, Schio, Venezia, dai contadini di Scandale e da Sua Eminenza l’Arcivescovo Dadone che guarda con tanta ansia e benevolenza a questa mia opera”.

Il 23 settembre 1963 si inaugura la nuova “Casa della Carità”.

Alle dieci del mattino tutto il popolo di Scandale riunito davanti alla chiesa di San Nicola, in corteo si reca a Condoleo. La cerimonia inizia con una messa officiata da Sua Eminenza Monsignor Giovanni Dadone, Arcivescovo di Santa Severina, celebrata nella Cappella dell’Istituto.
Subito dopo la messa si procede al taglio del nastro che, per l’occasione, viene affidato alla giovane figlia dell’onorevole Gennaro Cassiani.
Essendo in periodo elettorale a Scandale non c’era il sindaco, quindi il benvenuto a tutte le autorità presenti l’ha dato il commissario prefettizio dottor Giuseppe Liotti.
Erano presenti alla cerimonia, oltre a quelli citati, il Prefetto di Catanzaro dottor Antonio Claudio Galateo; l’onorevole Dario Antoniozzi; l’onorevole Fausto Bisantis, per molti anni Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro; il dottor Arturo Campanella, maggiore dei Carabinieri di Catanzaro; il commendator Filippelli, Procuratore della Repubblica di Crotone; il dottor Giampietro, Pretore di Santa Severina; il professor Silvio Bernardo, consigliere della Democrazia Cristiana dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro; l’ingegner Francesco Aiello, Sindaco di San Mauro Marchesato; il Sindaco di Santa Severina, professor Tonino Cortese; il dottor Francesco De Rito, della segreteria provinciale della Democrazia Cristiana e il Preside della scuola media di Scandale, professor Iacometta.
Prese subito la parola il Vescovo che, oltre a fare un magnifico discorso, diede lettura di un telegramma di Sua Santità Paolo VI, e subito si levò un caloroso applauso dalla numerosa folla presente.
Si sono poi alternati al microfono l’onorevole Cassiani, oratore ufficiale, l’ingegnere Aiello, e per ultimo Gino Scalise, presidente del Comitato Direttivo.
Fu poi posta la prima pietra sotto la quale è stata messa una pergamena commemorativa firmata dal Vescovo e da tutte le autorità presenti.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, le autorità e la popolazione, si sono ritrovati nel Supercinema dove ha preso la parola Don Renato, l’onorevole Fausto Bisantis e ha concluso il Vescovo Giovanni Dadone, che ha mostrato la sua viva soddisfazione per l’opera realizzata. Hanno allietato la cerimonia le orfanelle della Casa di Carità, che si sono esibite con canti e con la rappresentazione di un dramma storico che il presidente diocesano dell’Azione Cattolica, Gino Scalise, ha composto per l’occasione. Un contributo notevole ai preparativi e alla riuscita dell’inaugurazione l’ha dato anche il giovane Iginio Carvelli, che ha successivamente ricordato la giornata in vari articoli pubblicati per l’occasione.

venerdì 25 dicembre 2009

Il blog augura a tutti Buon Natale.



Roma. Piazza San Pietro con l’albero di Natale.

giovedì 24 dicembre 2009

Chiesa dell’Addolorata, anticamente chiesa dell’Annunziata.

Chiesa dell’Addolorata sotto la neve. Foto pubblicata anche dal sito www.webcultura.eu .


Dalla documentazione raccolta si deduce che la chiesa è stata fondata prima del 1571 e la famiglia nobile dei Franco chiese di poter avere all’interno una cappella di famiglia col titolo di Santa Maria della Natività. Molti anni dopo, però, cioè nel 1594, si costruirono una chiesa per conto loro che appunto prese il nome di Santa Maria dei Franchi o della Natività e si trovava vicino a quella dell’Addolorata.

“In una memoria riguardante la fondazione della cappellania della SS. Annunziata della famiglia Franco di Scandale è riportata la copia di un atto del notaio Marcello Santoro di Santa Severina. Dal documento si desume che il 14 novembre 1571 nella città di Santa Severina Catharina Salomone, vedova di Henrico Franco, ed i figli Antonio, Salvatore, Domenico, Nicola e Giovanni Domenico fecero una donazione alla “ecclesia sub vocabolo Santissima Annuntiatae costructae intus casale Scandale seu Gaudiosi Sanctae Severinae Diocesi”, per potere celebrare una messa settimanale per loro e per i loro consanguinei, per meglio ornarla e fornirla di ogni necessità ed avere lo ius presentandi del cappellano. Questa piccola cappella all’interno della chiesa, detta anche di Santa Maria della Natività, era stata fondata e costruita dal predetto Henrico Franco e gli eredi. Per ottenere più facilmente la bolla di concessione dello iuspatronato della cappella dal cardinale di Santa Severina Giulio Antonio Santoro, donarono alla chiesa alcune terre in località “Troncone Nigro”; terre che erano state comprate a suo tempo per questo scopo da Henrico Franco”.

Nel 1634 era parroco don Manni, quando ancora si chiamava chiesa dell’Annunziata. In questa chiesa vi era la “Confraternita dell’Addolorata”, sicuramente la più vecchia di Scandale. Molto probabilmente col passare degli anni la chiesa prese il nome da questa confraternita.

Nel 1653 l’architetto Onofrio Tango così ce la descrive:

“Più abbasso è un’altra Chiesa grande sotto il titolo della Santissima Annunziata la quale è ad una nave coverta con intempiatura repartita con quadri sfondati et nel mezzo è una Cona di Nostra Signora dell’Assunta, in testa è l’altare maggiore con Cona di Nostro Signore: sotto sono sei profeti et sopra è il Padre eterno con l’angeli intorno. La quale Cona è di finissima pittura guarnita con cornice d’oro attorno ornati con piedistalli, colonne e suoi finimenti con architettura di pietre stuccate et intagliate in d.o. Intorno all’altare vi sono seditori con le spallere per comodità di officiare et alla destra della nave sono tre Cone, sopra è la madonna con San Gio… e Santo Francesco de Paola. La seconda è Nostra Signora del Carmine, San Domenico et Santo Francesco de Padua. La terza è la Circoncisione di Nostro Signore, alla sinistra è una cona de pietra di gran devozione… la madonna della Grazia con Santo Gio… e Santo Nicola di pittura a fresco. La terza è la Concettione con Santo Lonardo e Santo Matteo.

In detta Chiesa il Pulpido tiene tre pianete ordinarie… d’oro Carmosina con lo panno di altare…[Ha] tutte comodità per celebrare nella quale è la confraternita et si celebra il sabato e la domenica. Tiene due campane et viene servita dal suo Cappellano”.

Per un approfondimento, consultare l’Apprezzo della città di Santa Severina del 1653, foglio 33v e 34r, pubblicato dallo storico Andrea Pesavento su “La Provinciakr”.

mercoledì 23 dicembre 2009

Poesia di MENA SCALISE da tanti anni emigrata in Germania.

In questa bellissima poesia traspare chiaramente il disagio psicologico degli emigrati, costretti dalla mala politica e dalla necessità di un lavoro a lasciare i propri affetti, le cose più care, per vivere in paesi spesso anche belli e accoglienti, ma pur sempre stranieri.




All`Italia



Ancora una volta

separarmi da te mi provoca dolore.

Mentre varco il confine

un nodo mi serra la gola

un brivido di gelo percorre la mia schiena.

E lacrime,

che sgorgano senza dignità.

Piango.

Piango perché so che mi mancherai,

mi mancherà il caloroso abbraccio dei raggi del tuo sole.

Mi mancherà il rumore amico del tuo mare.

Mi mancherà il suono dolce della tua lingua.

Piango:

anche se so che ti rivedrò,

Italia mia.

martedì 22 dicembre 2009

Lettera del Segretario comunale di Scandale, Paolo Amantea, al Presidente del Consiglio dei Ministri.


Nella foto il Comune di Scandale www.comune.scandale.kr.it

Scandale, 22 maggio 1915. Raccomandata n°161.
Omaggio. A Sua Eccellenza il Presidente del Consiglio dei Ministri.


Eccellenza. Perdonate lo strappo alla gerarchia burocratica, gradite l’omaggio in forma inconsueta.
Ruit hora. La stella d’Italia rifulge. A tanto ridestarsi del foco antico, si risveglia pure, nella memoria, la mia vita vissuta nell’infanzia.
Oh quante care immagini! Ero sedicenne studente in Napoli nel 1867- tu mia aurora di primavera, gettai sulla carta: “Aurora a Napoli”.


Spiccavi in alto /del sole il ragio
Ed al tramonto /va adagio adagio
E tu mia Musa /sola soletta
Sorgi riparti /non star negletta
Sorgi ad un canto /sciogli al Nizzardo
Che Lui è d’Italia /gran baluardo
Digli, che muovasi /presto e che corra
Per ogni Lembo /ove è camorro 1
Digli, che muovasi /mentre aspettato
Egli è da tutti /qual Cincinnato.


(1) – La parola camorro allude alle provincie sotto lo straniero -


Lo spirito dell’Eroe ora aleggia nel cielo d’Italia e scuote i figli di Roma.
Ed io? Son logoro – rivivo nei ricordi!- Modesto apostolo in allora, fortunato ancora di rimanere come in un’illusione ottica, e rivedere l’incantevole Partenope…quei ritrovi ove solevano convenire ad un giurato fatto le venerande figure…De Santis, Palmieri, Spaventa, Romano, De Zerbi, Marciano, Taglialatela, Maglione…
Ombre sante votate a Dio ed alla Patria. Ancora mi par di vederli, di ascoltarli come e quando giovinetto ne udia la parola…E rivedo quei luoghi, specialmente la stanza, dove alloggiavo, al palazzo n° 38 di via Sapienza, che serbono le tracce del cami…al 1848, perché allora vi dimorava altro Mesorachese, il filosofo B. Vincenzo Belprasia.
Ed ora colpito da iatture domestiche, costretto fra scaffali di un comunello – oscuro paria – rivivo e palpito del palpito d’Italia.
Viva il genio della Fauna appennina, che il fato, o la Provvidenza designa antesignano del Genio dell’Alpi, per compiere i destini della 3ª Italia.
Viva Salandra. Viva il Re. Viva l’Italia Una. Viva la Dinastia Sabauda. Viva Roma caput mundi.
Scandale, 21 maggio 1915. Amantea Paolo.


Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Scandale. Segretario comunale Amantea Paolo, Comuni 903, protocollo 15718-39.

lunedì 21 dicembre 2009

Paesi di Calabria: Camigliatello.

Si giunge a Camigliatello Silano sia da Crotone, sia subito dopo aver superato il passo di Monte Scuro al termine della salita che dalla superstrada ci porta rapidamente da Cosenza sull'altopiano della Sila. È una stazione di soggiorno estivo e di sport invernali tra le più attrezzate della Calabria. Sorge in una zona molto ricca di foreste di pini, vicina al lago Cecita, in una posizione che consente di raggiungere rapidamente Lorica o San Giovanni in Fiore. Attrezzature di risalita per lo sci con funivia, circa 6.000 metri di piste da sci, scuola di sci.

sabato 19 dicembre 2009

Barone Guglielmo Drammis e famiglia.


A sinistra, copertina del libro di Gian Paolo Callegari, Janchicedda, pubblicato dalla Casini Editore di Roma nel 1956.

All’epoca, il barone Guglielmo, aveva nel palazzo come domestica una certa Giuseppina Canterna, vedova, di una certa bellezza che stirava, sbrigava le faccende ed era brava a confezionare materassi di lana.
Giuseppina aveva quattro figli: Menotti Giovanni Luigi Canterna; nato il 9 settembre 1874 presso la casa di via Cavour, che morì nel 1936 all'età di 62 anni a Scandale. Francesca “Chicchina” Canterna: nata il 3 luglio 1880 presso la casa di via Garibaldi che morì il 26 giugno 1931 all'età di 51 a Scandale.
Luisa Angela Benedetta “Luigina” Canterna: nata il 19 marzo 1883 presso la casa di via Garibaldi, morta il 26 gennaio 1969 all'età di 85 in Scandale.
Domenico Canterna: nato 8 novembre 1887 presso la casa di via Garibaldi; morto nel luglio 1968 a Freeport negli Stati Uniti d'America all'età di 82 anni.
Tutti e quattro i figli, alla nascita, sono stati registrati come “figli di “N.N” e di Giuseppina Canterna”. Il significato di “N.N” è che legalmente il padre era “sconosciuto”. Naturalmente, ciò non significa che il padre non era in realtà conosciuto. In realtà, i parenti hanno dichiarato che tutti e quattro i figli hanno lo stesso padre, Domenico Paparo, un ricco e potente uomo del paese che aveva legami politici e finanziari con il Barone. Egli non si è mai sposato per quanto ne sappiamo. Sembra, che Paparo morì cadendo da un albero. Giova ricordare che all’epoca, girava la voce che i quattro bambini erano figli del Barone. Sicuramente non del barone Guglielmo che all'epoca era un bambino.
Il barone Guglielmo, morì nel 1938: la moglie, Francescina Caligiuri, morì il 24 gennaio 1940. Guglielmo era figlio di Antonio Drammis e di Macrì Filomena, che morì nel 1928 ed era zia del medico Mauro. Questo Antonio è stato sindaco dal 1886 al 1889, come risulta dal Calendario Generale del Regno d’Italia ai volumi 39-42, pubblicati a Torino a cura del Ministero dell’Interno tra il 1862 ed il 1922.
Il padre degli attuali otto discendenti, sposato con Angelina Lazzaro, era don Antonio, nato il 16 dicembre 1914 e morto il 19 aprile 1997. Il fratello Giovanni, sposato con Madia Isabella morì il 12 marzo 1968, nei pressi della Manca del Lupo. Io, allora tredicenne, mi trovavo alla Villetta, e alla notizia che don Giovanni era caduto per terra, corsi a vedere. C’erano i Carabinieri, che mi mandarono in paese a prendere una sedia per poterlo trasportare. Quando arrivammo all’incrocio di via Nazionale mi dissero di riconsegnarla. Vedendo che don Giovanni era morto, la signora, spaventata, non volle più la sedia e fui costretto a buttarla, anche perché non la volevano nemmeno i vicini.

Il libro Janchicedda è la continuazione del romanzo “I Baroni” (Milano, Garzanti, 1950), scritto da Callegari in base ai racconti dello scandalese Nicola Tiano che con i Drammis aveva lavorato per molti anni. Callegari, che era ufficiale dell’Esercito, conobbe Tiano durante la Seconda Guerra mondiale nel periodo che si trovava in convalescenza in un ospedale da campo del XXXI° Corpo d’Armata della Divisione Mantova di stanza a Scandale.

venerdì 18 dicembre 2009

Il Novecento a Scandale.

Nel 2006, le Stampe digitali Vincenzo Marino di Scandale, pubblicarono questo interessante lavoro della Scuola secondaria di primo grado dell’anno scolastico 2005 – 2006, facente parte di un percorso educativo iniziato alcuni anni prima.


“L’obbiettivo principale del progetto è stato quello di recuperare «la memoria storica» locale, troppo spesso dimenticata, per far conoscere agli allievi l’antica civiltà contadina e riappropriarsi, in termini culturali, dei modelli di vita di questa civiltà, patrimonio individuale e sociale”.



Si spera che verranno fatti altri lavori di questo genere.

giovedì 17 dicembre 2009

Calabria da scoprire: Pentedattilo.

Pentedattilo è una frazione del Comune di Melito Porto Salvo, in Provincia di Reggio Calabria. Fino al 1811 fu comune autonomo.

Posto a 250 metri sul livello mare, sorge arroccato sulla rupe del Monte Calvario, dalla caratteristica forma che ricorda quella di una ciclopica mano con cinque dita, e da cui deriva il nome: penta + daktylos, cinque dita.

Posto affascinante e pieno di mistero, uno dei centri più caratteristici dell'Area Grecanica.

Quello che era l'antico paese risulta oggi abbandonato, la popolazione infatti è migrata leggermente più a valle formando un nuovo piccolo centro dal quale si ammira il vecchio “paese fantasma”.

Ogni estate Pentedattilo è tappa fissa del festival itinerante Paleariza, importante evento della cultura grecanica nel panorama internazionale. Inoltre ospita tra agosto e settembre il "Pentedattilo Film Festival", festival internazionale di cortometraggi, che unisce cinema e territorio.

mercoledì 16 dicembre 2009

Il prof. Michele De Benedictis ha curato la pubblicazione del libro su Scandale.

La relazione finale dell’indagine fatta a Scandale dalla commissione dell’UNESCO che ha come titolo “Un paese di Calabria” scritta dal prof. Manlio Rossi-Doria è stata pubblicata dal prof. Michele De Benedictis (a sinistra nella foto), nel dicembre 2007.


Il prof. Michele De Benedictis è nato ad Asmara in Eritrea nel 1927, dove il padre, Antonio, di origine pugliese e laureato in agraria, era stato inviato come responsabile dei servizi agrari delle colonie.

Rientrato in Italia dopo varie peripezie, frequenta il liceo classico di Torino. Finita la guerra anche il padre rientra dall’Africa per assumere il ruolo di capo ispettore agrario a Salerno.

Nel 1950 si laurea alla facoltà di Agraria di Portici con una tesi in microbiologia sui danni causati dai batteri anaerobi nelle conserve di pomodoro. A Portici incontra Rossi-Doria e cura una monografia sull’agricoltura in provincia di Napoli.

Nel 1952 si reca in Brasile e successivamente partecipa al primo seminario latinoamericano sulla riforma agraria, e pubblica “I problemi fondiari dell’America Latina”. Assieme a Rossi-Doria collabora, su incarico del Ministero dell’Agricoltura del Brasile, ad un’indagine per un intervento di riforma agraria.

Negli Stati Uniti si iscrive al programma PhD presso il Dipartimento di Economia dell’Iowa State University dove frequenta i corsi del Master of Science che completa con una tesi sulla riforma agraria in Italia.

Nel 1960 è assistente ordinario alla Cattedra di Economia e politica Agraria e nel 1963 consegue la libera docenza. Nel 1961 si era sposato con “Mimma”, Lucia Trucco (che gli Scandalesi hanno conosciuto nel 1955, quando era assistente di Rossi-Doria).

Negli anni Sessanta è impegnato come docente nel Centro di Portici, ma trascorre anche un anno di congedo presso il Dipartimento di Agricoltura dell’Università di Berkeley in California. Nel 1971 è ordinario di Economia e politica agraria all’Università di Napoli. Nel 1978 si trasferisce all’Università La Sapienza di Roma.

Per molti anni collabora come esperto del settore al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel). Negli anni novanta è vicepresidente dell’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia (A.N.I.M.I.), ma anche presidente dell’Associazione per studi e ricerche intitolata a Rossi-Doria che ha come obiettivo di promuovere attività di studio, ricerca e divulgazione sui temi di interesse di Manlio Rossi-Doria, ma anche per tener viva e valorizzare la sua eredità scientifica e culturale.

Socio dell’Accademia dei Lincei, ha curato per noi la pubblicazione della relazione finale di Rossi-Doria sulla riforma agraria a Scandale, svolta tra il 1954 ed il 1956, dal titolo “Un paese di Calabria” (L’Ancora del mediterraneo, Napoli, 2007).

martedì 15 dicembre 2009

Un fatto di cronaca avvenuto a Scandale nel 1820.


Largo Genuzzo in un quadro del pittore Nicola Santoro.


Del 1820 c’è questo piccolo fatto di cronaca avvenuto nel nostro paese, riportato dallo storico, ex parlamentare e consulente della Commissione Antimafia, Enzo Ciconte, nel suo libro «Mi riconobbe per ben due volte». Storia dello stupro e di donne ribelli in Calabria (1814-1975), che sarebbe una storia di donne stuprate, di uomini violenti e di giudici che dovettero giudicare, basata su fonti inedite e testimonianze d’eccezione. L’autore, con l’ausilio di duemila sentenze conservate nell’Archivio di Stato di Catanzaro ed in altri posti, “racconta una storia che ribalta i luoghi comuni sulle donne e sul Mezzogiorno. Una storia sconosciuta”.(1)

Viene delineato, in questo libro il percorso della mentalità, la visione del mondo e i comportamenti dell’universo femminile e maschile, che appaiono molto diversi dalle immagini che ci sono state tramandate sinora. Viene ricostruito l’immaginario collettivo del popolo, il modo come veniva rappresentato l’amore, il matrimonio, la famiglia e la vita. Il libro è popolato di donne che rompono il silenzio imposto dalla cultura dell’epoca e portano in giudizio i loro violentatori.

Sul nostro paese riporta solo due fatti: il primo è questo che segue, l’altro lo pubblicherò prossimamente.


“Vediamo cosa successe nel maggio 1820 a Scandale, piccola comunità del circondario di Crotone che all’epoca dei fatti aveva circa 1000 abitanti. Elisabetta e Carmina, ragazze sedicenni, vennero stuprate in un bosco dove si erano recate a raccogliere legna. Facendo ritorno in paese dopo la violenza subita “conchiusero fra loro di passare l’accaduto nel più alto silenzio per non rendere pubblica la perdita del loro onore”. Ma il loro riserbo non valse a nulla dal momento che “le violenze che soffrirono si resero pubbliche per opera degli accusati istessi” i quali, complice probabilmente il vino, “pubblicarono” l’avvenuto stupro nella cantina del paese. Le due ragazze si decisero a sporgere querela appena il fatto fu risaputo in paese”.(2)


1) Enzo Ciconte, «Mi riconobbe per ben due volte». Storia dello stupro e di donne ribelli in Calabria (1814-1975), Edizioni dell’Orso, 2001.

2) Vol. 9, anno 1823-1824, Sentenza del 16 dicembre 1823. Cfr., Ciconte, opera citata, pp. 71 e 311.

lunedì 14 dicembre 2009

Rime del prof. Nino Pala.

Il prof. Nino Pala ha raccolto in un libro intitolato “A Teocle di Naxos”, pubblicato dall’Editrice Pubblisfera, rime per quartine per frasi greche.

Teocle è stato il fondatore di Naxos, prima colonia greca di Sicilia.

Il prof. Pala è nato a Giardini Naxos, ma ha insegnato latino e greco nel liceo Borrelli di Santa Severina per 36 anni. I due paesi sono legati anche dal gemellaggio avvenuto nel 1983.



Malleabilità della cera


L’animo giovanile è come cera

spesso noi l’abbiamo ben sentito

manca solo così la sicumera

che tutti quanti fa segnare a dito.


Lo storico Sallustio, Catilina

nell’opera omonima presenta

e ci dice che i giovani avvicina

e il suo comportamento documenta.


Cani, cavalli e anche puttanelle

loro assegna per così adescare

ed offre loro altre cose belle

pronto è sempre a bene catturare.


Questa è tecnica che oggi anche la mafia

usa per dare ai giovani lavoro

e non occorre certo andare in Asia

per trovare indubbiamente gran tesoro.

sabato 12 dicembre 2009

La questione archeologica di Leonia – San Leone: la parola a gli esperti.

Nella foto, presa dal sito www.agriturismoleonia.it si vede l’entrata della masseria Galloppà di Scandale, sorta a metà dell'Ottocento sulle rovine di San Leone. Secondo lo storico Pericle Maone, il muro che si vede in primo piano (ora restaurato), apparterrebbe alla cattedrale scomparsa. Nella zona sono stati trovati vari reperti archeologici, esposti nel museo locale.


Margherita Corrado, Tarda antichità e alto medioevo nell’odierna Calabria centro-orientale: il territorio di Crotone nei reperti della raccolta Attianese, in Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, anno LXXI, 2004, p. 24 ecc.


La provenienza di due sigilli plumbei della raccolta Attianese dal territorio di Scandale (KR), pur viziata dalla completa ignoranza di dati puntuali circa luoghi, modi e tempi del rinvenimento, implica verosimilmente la possibilità di maneggiare quanto resta di documenti ufficiali relativi ad un abitato e/o ad un complesso cultuale [del culto, della religione] anteriore alla nascita della diocesi Leonia/San Leone, modesta suffraganea della metropolia di Santa Severina ubicata in quelle contrade.

È risaputo che dove sorgeva la diocesi sono stati trovati vari reperti archeologici da un appassionato del luogo che aspettano di essere classificati.

Intanto gli esperti dicono che “in mancanza, per il momento, di dati scientificamente più puntuali, le numerose monete trovate a Galloppà, alcune delle quali finite in collezione privata, ma altre consegnate in varie occasioni al Museo Nazionale Archeologico di Crotone da appassionati locali, si distribuiscono innanzi tutto tra l’età tardo-ellenistica e, meno numerose, quelle romana imperiale, giungendo fino al III d.C. Dopo una lunga fase di stallo, la ripresa della circolazione monetaria nell’area è documentata a partire dal IX secolo grazie ad un follis di Michele III (842-867). Seguono alcuni folles anonimi di classe A risalenti all’XI, un follaro ed una frazione di follaro di Guglielmo II (1166-1189), nonché alcuni denari di Manfredi e di Carlo I d’Angiò con i quali si giunge agevolmente alla seconda metà del XIII secolo.

Da Galloppà, appunto, proverrebbero anche le bulle in esame, tutte e due circolari e con iscrizioni a lettere greche in rilievo su entrambe le facce, racchiuse rispettivamente entro cornice laureata l’una e perlinata l’altra. Ottenute grazie alla compressione di un globo di piombo tra due stampi bronzei con caratteri incisi in negativo, sono entrambe del tipo connesso alla missiva tramite un laccio in fibra vegetale o per mezzo di una striscia di carta o di pergamene fatta passare all’interno del sigillo mediante i fori d’ingresso e d’uscita aperti sull’asse mediano di quello.

Il primo esemplare, lacunoso di circa un quarto del totale e intaccato da una crepa, può tuttavia essere restituito interamente con una certa sicurezza. L’invocazione mariale contenuta nel monogramma del diritto cela il consueto “Madre di Dio proteggi il tuo servo” e permette di riconoscere nella bulla un esempio del tipo Zacos-Veglery Invocative Monograms XLVI. Al rovescio, il nome ed il titolo del mittente, resi al dativo in lettere capitali distribuite in modo ineguale su quattro righe e precedute da una piccola croce potenziata, gettano luce su un tal Giovanni vescovo di Crotone, finora ignoto, che è il solo presule bizantino della città di cui sia pervenuto un sigillo” (Corrado, A.S.C.L., anno LXXI, 2004, p. 26).

Un sigillo in piombo da Scandale dello stesso tipo di quelli trovati a Galloppà “databile in via preliminare al IX-X secolo, acquisito anch’esso allo Stato grazie alla consegna di un privato, attende tuttora lettura, mentre alcune fibbie da cintura di VI-VII secolo, in bronzo, provengono da un sequestro effettuato in loco dalle forze dell’ordine e reso noto dalle stampa locale” (p. 26).

“Posto che la crisi iconoclasta degli inizi dell’VIII fece la fortuna dei sigilli aniconici, attestati a lungo anche dopo il ritorno delle immagini su quelli imperiali e patriarcali a partire dall’843, la cronologia della prima bulla scandalese, valutati i confronti suggeriti dall’esame paleografico e dalle abbreviazioni, può ragionevolmente essere fissata a cavallo tra l’VIII ed il IX secolo. Essa potrebbe dare vigore, perciò, sia pure con tutta la prudenza del caso in attesa delle indispensabili verifiche sul campo, alla tradizione di una Leonia proto-bizantina sorta grosso modo a mezza strada tra centri urbani costieri o sub-costieri di antica data e lunga militanza cristiana, quali Crotone e Strongoli, e realtà paleografico-religiose decisamente più giovani, nate ex novo nell’entroterra come espressione e portato di una mutata realtà insediativa.

La seconda bulla alla quale le dimensioni più contenute ed il maggior spessore delle due lamine di piombo hanno assicurato una discreta conservazione, è anch’essa aniconica. Decisamente più tarda della precedente (risale all’XI secolo), si aggiunge ai già numerosi indizi del carattere non definitivo del presunto annientamento di Leonia nell’840. Al diritto vi compare per esteso, disposta su quattro righe, non esente da errori e preceduta da una piccola croce, l’invocazione mariale e cristologica che il primo sigillo affidava alla croce monogrammatica. Nettamente diverse però, sono le dimensioni e la grafia delle lettere. Un monogramma onomastico cruciforme occupa invece il rovescio ma la sua corretta lettura è ostacolata dallo scarso rilievo dei singoli caratteri e da una certa usura delle superfici”.


venerdì 11 dicembre 2009

“UOMINI ‘I VINU”, poesia di Nicola Paparo.

Questa foto, presa dal blog di Rosario Rizzuto, http://www.byros.splinder.com/ si intona con il titolo della poesia. È chiaro, però, che è stata messa soltanto per dare un senso ironico e scherzoso a tutto il contesto.



UOMINI 'I VINU



Rosa addurusa, fimmina di casa,

'u l'ha vulutu tu 'su zinzulusu

ca linu e lana 'ud'ha filatu a fusu

nè stama ha mà tissutu a ru tilaru

ppi si fari cammisa ccu cuddraru?

U patre nu trividdru di ciddraru

ppi dote l'ha lassatu a tabacchera

truvata a Santianni 'ntra la fera.

Ti l'haiu 'ntinnatu quand'eri quatrara

chi uomin' ì vinu quattru a nu carrinu

e quand'ha di suttari a ru trajinu

ned'a ru mmienzu ned'a vilanzinu

tira ru carru all'irtu o a ru pindinu.

giovedì 10 dicembre 2009

Sui briganti, diamo la parola a un noto intellettuale e politico italiano di sinistra: Antonio Gramsci.

Antonio Gramsci (nella foto), nasce ad Ales (Cagliari), in Sardegna, nel 1891. Quarto di sette figli, muore a Roma per emorragia cerebrale il 27 aprile 1937 ed è sepolto, udite udite, nel cimitero Inglese nei pressi di Porta San Paolo.



“Lo stato italiano (leggasi sabaudo) è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri, che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti”.



Tratto da Ordine Nuovo del 1920.

martedì 8 dicembre 2009

Due briganti tentano di rapire il figlio del barone Salvatore Drammis e muoiono alle grotte di Cirasia.


Nella foto a sinistra, alcuni briganti calabresi dell’epoca.


Alla luce di nuovi documenti possiamo chiarire la questione dei due briganti morti in una grotta nei pressi di Scandale nel 1863. Fino a questo momento c’era soltanto il racconto un po’ romanzato di Nicola Tiano fatto a suo tempo sia a Gian Paolo Callegari, che scrisse il romanzo “I Baroni”, sia ad altre persone di Scandale.

Il barone Drammis, che per quasi tutto l’Ottocento risulta proprietario di Galloppà, aveva lì una vera e propria industria agricola, oltre ad un allevamento di cavalli che faceva invidia a molti. Vi si fermava soprattutto nei periodi estivi. Il primo aprile del 1863, si racconta, due briganti tentarono di rapire il figlio Nicola mentre transitava a cavallo nei pressi di Corazzo. Il giovane riuscì a scappare fino a casa e raccontò l’accaduto.

Il Barone venne a sapere che uno dei due briganti era nientemeno che il nipote del guardiano del portone del suo palazzo di Scandale, Don Ciccio Piccolo di Policastro, un uomo alto e robusto che da molti anni era alle sue dipendenze. Il Barone si presentò da lui con una pistola carica e gli disse: “O mi consegni tuo nipote o ti spari”. Allora Don Ciccio si recò con gli uomini del Barone alle grotte di Cirasia, vicino al paese, dove era nascosto il nipote e gridando gli intimò di uscire, ma il nipote si mise a gridare: “Sei un traditore, vattene da qui”. A quel punto gli uomini del Barone appiccarono fuoco all’entrata della grotta: quando tutto finì entrarono e trovarono i due con la testa conficcata in una buca nell’estremo tentativo di salvarsi. Questa storia finì davanti alla Commissione Provinciale per la lotta al brigantaggio e pubblicata l’anno dopo.

Approfitto di questo articolo per chiarire che il segretario del barone Drammis non si chiamava Critelli, come abbiamo scritto, in mancanza di documenti ufficiali, nella “Storia di Scandale” a pagina 119, ma Raffaele Brittelli, come si può vedere nel documento che segue.


Commissione Provinciale di Calabria Ultra IIª, Relazione del Prefetto alla Commissione. - L’Indipendente, anno V, n°145, p.4, venerdì 1 luglio 1864, Napoli.


“L’uccisione poi dei briganti Rosario Mangone e Luigi Romano è devoluta interamente allo zelo del sig. barone Drammis, che, venuto appena in conoscenza che detti briganti nascondevansi in una grotta nel territorio di Santa Severina, spediva subito i propri guardiani a combatterli. E fra i guardiani si distinsero maggiormente il sig. Raffaele Brittelli che li comandava, nonché i nominati Francesco Piccolo, Luigi Rizzo e Gennaro Gimigliano che non curando la propria vita si cacciarono coraggiosamente nella grotta e sostennero replicando le prime scariche dei briganti, senza, per fortuna, riportare ferite.
Non è a tacersi come il nominato Domenico Tallarico servisse di guida ai guardiani del Drammis, e come nell’ora dell’azione si spingesse anch’egli dentro la grotta esplodendo il proprio fucile, e finalmente come rimanesse leggermente ferito.
Passando per ultimo alla presentazione dei briganti Mario e Gigliotti, mi è grato rilevare che anche questa fu opera del barone Drammis, il cui nome ha sempre figurato ed in modo assai lusinghiero in tutte le circostanze nelle quali si trattò della distruzione del brigantaggio e della tutela dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza.
A mio credere, ciascuno per la sua parte e nei modi che la Commissione nella sua saviezza reputerà convenienti, tutti gli individui che ho sopra designati si resero meritevoli di un qualche remunerazione sia onorifica sia pecuniaria; ne fa d’uopo osservare che una ricompensa qualsiasi in questi casi riuscira efficacissima nella totale distruzione del brigantaggio, dappoichè servendo da emulazione, inviterà i paesani a darsi con più animo a coadiuvare la forza nel combattimento.
Non saprei poi dar fine alla presente relazione senza portare a notizia delle SS. LL. che per debito di giustizia ho segnalato al superiore Governo la non comune energia, solerzia e capacità che hanno dimostrato nella repressione del brigantaggio i sotto-prefetti di Nicastro e di Crotone.
Elenco degli individui che si distinsero contro i briganti.
-Barone Drammis sig. Nicola, senza parlare dei molti servigi da lui resi nella repressione del brigantaggio spiccò i propri guardiani a combattere i briganti Romano e Mangone che per opera di questi perirono; mercé sue cure si presentarono i briganti Marino e Gigliotti; la Commissione raccomanda al Governo sì distinto cittadino e rilascia intanto a di lui favore un solenne attestato di benemerenza.
-Brittelli Raffaele, guardiano - Piccolo Francesco, guardiano; -Rizzo Luigi, guardiano; -Gimigliano Gennaro, guardiano; -Tallarico Domenico, guardiano.
Si cacciarono pei primi nella grotta ove si annidavano i briganti predetti senza curarsi dai colpi che dai briganti stessi partivano; posta a disposizione del signor Drammis la somma di lire 1.000, perché voglia distribuirla ai guardiani che più si distinsero.
La Commissione poi esprime il suo gradimento ai pubblici funzionari rammentati nella relazione del Prefetto che con la loro perseveranza ed abnegazione concorsero ai prosperi risultati di cui si è parlato in principio.
Il Prefetto B. Cusa, Il Segretario G. Nencioli”.

Altri documenti che parlano di questo fatto di cronaca si trovano all’Archivio Centrale dello Stato. Ministero dell’Interno, Ordini Cavallereschi Nazionali, Barone Salvatore Drammis, fascicolo n°907, busta 19.
Ne parla anche Piero Crociani, Guida al Fondo “Brigantaggio”, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Roma 2004, p. 201.