mercoledì 28 ottobre 2009

Il libro dello scandalese Antonio Fava.

Foto di famiglia e libro del nostro compaesano Antonio Fava che dirige a Reggio Emilia una scuola di Teatro.

Il titolo è "La maschera comica nella commedia dell'arte", pubblicato dalla Andromeda Editrice nel 1999.

martedì 27 ottobre 2009

Contratto preliminare di compravendita della discarica di Giammiglione


Queste sono due delle dieci pagine del contratto di compravendita del terreno di Giammiglione dove si dovrebbe creare una discarica.

Il documento è stato pubblicato dal sito del Comitato Europaradiso di Crotone il 1° settembre 2009.

Facendo una piccola ricerca su internet si possono vedere anche le altre otto pagine.

























lunedì 26 ottobre 2009

Quanto ci voleva bene Napoleone.

Fortezza di Fenestrelle in provincia di Torino

Da una lettera di Napoleone al fratello Giuseppe a Napoli.

“Devi essere più cattivo con i napoletani, è inutile che me li mandi a Fenestrelle, io non so che farmene, devi fucilarli, fucilarli, fucilarli!”


sabato 24 ottobre 2009

26 luglio 1806. L'esercito francese assalta Scandale.



Il 26 luglio 1806 il nostro paese viene attaccato dalle truppe francesi.
Di questo fatto abbiamo come testimone un illustre personaggio che non ha bisogno di presentazioni: Guglielmo Pepe.










Il generale Guglielmo Pepe

Nel 1806 Ferdinando IV perse il Regno di Napoli e si rifugiò nuovamente in Sicilia protetto dagli Inglesi. Così i francesi scendono in Calabria passando da Campotenese. Nella sua marcia l’esercito è continuamente molestato da bande in agguato che assaltano d’improvviso i reparti infliggendo gravi perdite. Per punire Scandale, che oltre a essere in maggioranza filoborbonica, si era anche rifiutato di fornire viveri, Reynier diede ordine ad alcuni reparti di fanteria e cavalleria, comandati dal generale Berthier, e non dal generale Millon, come riporta Armando Lucifero nel libro Crotone dal 1800 al 1808 a pagina 153, di marciare su Scandale.
Avendo il barone Drammis fatto una leva di ottanta uomini per aiutare il cardinale Fabrizio Ruffo nel 1799, è chiaro che il 26 luglio 1806, appena 7 anni dopo, fu lui ad organizzare l’imboscata alle truppe francesi che avvenne, molto probabilmente, tra la chiesa della Difesa e nelle viuzze intorno alla chiesa dell’Addolorata.
Il Drammis, dopo aver fatto allontanare donne, vecchi e bambini, fece nascondere delle persone armate dietro i cespugli nel tratto fra la Difesa e l’inizio del paese e tutti gli altri dietro le finestre delle case intorno alla chiesa dell’Addolorata. Quando i soldati arrivarono, pensarono in un primo momento che il paese fosse stato abbandonato, ma all’improvviso gli scandalesi cominciarono a sparare dalle finestre ed iniziò il combattimento che durò alcune ore.
Era il 26 luglio 1806: la colonna di duemila soldati al comando del generale Cesare Berthier (fratello del generale Alessandro Berthier che occupò Roma nel 1798 su ordine del Direttorio), circondarono e misero a ferro e fuoco il nostro piccolo paese. Nel duro scontro, morirono venticinque scandalesi e molti soldati francesi. Le truppe saccheggiarono e incendiarono tutto, cominciando dal Comune e dalle Chiese: a questo saccheggio è dovuta la perdita totale dei documenti anteriori al 1806. Infatti, secondo la documentazione ufficiale in possesso degli Archivi di Stato, il Comune di Scandale esiste legalmente solo dal 4 maggio 1811.
Testimone oculare di questo fatto di guerra è stato il generale Guglielmo Pepe, allora giovane Ufficiale ordinario dell’esercito di Napoleone, “eroe del Risorgimento”, che all’epoca comandava uno squadrone.
Guglielmo Pepe fu una delle più nobili figure del Risorgimento italiano, si impegnò nei movimenti repubblicani, ma scrisse anche numerosi libri per raccontare gli eventi ed esortare ad una “lotta partigiana” per l'Italia. Fu seppellito nella chiesa di San Giorgio in Larino, ma nel 1903 il canonico Bellaroba ne disperse le ceneri. Nelle sue memorie, al Capitolo XIII, dal 1806 al 1807, pubblicate nel 1847 a Parigi, si legge:

“Continuo a far la guerra agli ordini del maresciallo Massena. Vengo da lui nominato al comando di un reggimento leggero nella prima Calabria, col carico di ordinario. Richiamato il Massena dall’Imperatore Napoleone per la guerra in Germania, il reggimento promessomi più non si ordina (io intanto continuo a far parte delle schiere di Calabria, di bel nuovo comandate dal generale Regnier [Renyer]. […]
Con una colonna comandata dall’aiutante generale Berthier fui costretto a dar l’assalto al Comune di Scandale, posto in una vantaggiosa altura. I rivoltati ci attesero a tiro di pistola, facendo un fuoco vivissimo dalle finestre, e dopo averci cagionato molte perdite, ritiraronsi nei boschi circonvicini. Ma s'io applaudiva al vigore di cui gl'insorgenti facevan mostra combattendo, dovevo nondimeno desiderare la loro distruzione, senza di che avrebbero essi sterminato i proprietari onesti, e ricondotto i Borboni con tutta la loro sequela e con l'assurdo loro modo di governare.
Spesso pur mi accadeva di aver gravi contese con gli uffiziali francesi, i quali confondevano alle volte il rigore indispensabile con le crudeltà, e la prudenza de' patrioti con la perfidia. La mia situazione diventava oramai tristissima, e pericolosa sì che, senza le note mie precedenti peripezie e l'affetto pel nuovo ordine di cose, e di più la protezione del Massena, il quale leggeva nel mio cuore, ignoro in che modo avrei finito. Non solo celar non potevo la mia ammirazione, ma il piacere altresì che in me sentiva scorgendo ne’ rivoltati tanti atti di valore e di eroismo”.

venerdì 23 ottobre 2009

GIAMMIGLIONE



Venendo a Scandale per motivi familiari ho comprato il mensile Kairos di settembre dove a pagina 8 c’è un lungo articolo su Giammiglione di Consuelo Ruggiero che apre dicendo: “Crotone città di Pitagora, di mare, cultura e tradizione, di siti inquinati, discariche a cielo aperto e cittadini avvelenati. Promozione turistica, pubblicità a tutto campo con testimonial d’eccezione, stagioni estive dai grandi nomi e gente che continua a morire di tumore. Da mesi al centro di preoccupanti polemiche su materiali tossici utilizzati nella costruzione di edifici scolastici e interi quartieri popolari, si ritorna a parlare di Crotone come centro preferenziale di una nuova discarica per la raccolta di rifiuti tossici”.


Nell’editoriale di apertura a pagina 6 dal titolo “Non parole ma progetti”, il nostro Iginio Carvelli ci ricorda che “I detentori della politica e delle istituzioni si sono inventati la regia istituzionale come primo atto di buona volontà per affrontare i problemi del territorio crotonese. Si tratta di un film che abbiamo visto tante altre volte. Medici intorno a un letto di un territorio malato. Ognuno con la sua diagnosi azzarda una ricetta. Però nessuno si muove verso una farmacia per acquistare una medicina, quella giusta ed efficace, naturalmente. Il detto antico ci avverte che mentre il medico studia, il malato muore”.


A pagina 14 interviene anche il sindaco di Scandale Fabio Brescia che dice: “Noi diciamo no alla discarica di Giammiglione con la coscienza che il problema va affrontato seriamente attorno ad un tavolo istituzionale”. L’intervista continua dicendo che “La realizzazione della discarica in quella località limitrofa al tratto di territorio in questione, dato l’allarmismo creatosi tra la popolazione, chiede il coinvolgimento dell’amministrazione comunale, in tutti i tavoli e le conferenze di servizio che abbiano per oggetto discussioni inerenti la discarica in questione”.


E continua: “La realizzazione della discarica in quella località, sarebbe causa di una ricaduta ambientale negativa, che imporrebbe una valutazione ambientale complessiva, con la previsione di successive misure di compensazioni ambientali delle quali questo Comune, sicuramente non potrebbe essere escluso”.

giovedì 22 ottobre 2009

"Il Brigante" - Ultima foto.



Sceso in paese, spara su chiunque gli si pari davanti e lo uccide. L’appuntato Fimiani, che è sotto inchiesta per aver favorito la sua fuga, gli si fa incontro col mitra imbracato. A lui Michele non ha il coraggio di sparare. E Fimiani, con le lacrime agli occhi, lascia partire una raffica che sembra non avere fine.

mercoledì 21 ottobre 2009

Trama del film. Foto 11


Miliella lo segue sui monti. Aspetta un figlio da lui. Riescono a sposarsi in una piccola cappella di montagna. Ma il barone corrompe uno dei testimoni, che dopo la cerimonia spara contro i due che si allontanano. Uccide Miliella. E Michele sembra aver perduta la ragione.

martedì 20 ottobre 2009

Trama del film - Foto 10



Ogni notte Michele scende in paese per incontrarsi con Miliella. Una sera è sorpreso da una pattuglia di carabinieri, ed è costretto a far fuoco, ferisce uno di loro. Gli stessi contadini che fino ad ora lo avevano protetto lo abbandonano. Ora è solo, braccato dalla legge e dagli uomini del barone.

Trama del film - Foto 9


Michele si è nascosto sui monti, il tradizionale rifugio contro la legge spesso ingiusta. Fa la vita del brigante, ma in paese tutti continuano a volergli bene e a prestargli il loro aiuto. Nino è sempre più legato all’amico, ancora di più ora che Miliella è legata all’amico.

lunedì 19 ottobre 2009

Trama del film - Foto 8




Il barone vuole vendicarsi di Michele. Basandosi su un errore di procedura riesce a farlo incriminare di nuovo per l’omicidio di Aprici. Michele convince l’appuntato Fimiani, venuto ad arrestarlo, a lasciarlo fuggire, e l’appuntato che lo sa innocente, si distrae un attimo, quanto basta perché Michele fugga.

Trama del film - Foto 7




Niente li ferma, né le fucilate delle guardie del barone, né gli sbarramenti di filo spinato, nemmeno la morte di un compagno. Michele è alla testa dei contadini, è il loro capo. Quando il feudo è stato occupato i carabinieri sanciscono il diritto dei contadini sulle terre.

sabato 17 ottobre 2009

Trama del film - Foto 6

L’uomo sulla destra col bastone è Giovanni, padre di Franco Miliè.


I contadini vivono tra mille stenti, eppure ci sono le terre del feudo del barone che si stendono per ettari ed ettari, incolte. Basterebbe ararle per vincere la fame. Dopo molte esitazioni e paure, finalmente i contadini si decidono e con le loro famiglie occupano il feudo.

Trama del film - Foto 5


Miliella riesce a dissuaderlo e, all’alba, Michele parte: ha deciso di perdonare. È passato un anno. In paese arrivano gli americani e con loro torna Michele, che ha combattuto tra i paracadutisti a Cassino. Tutti in paese, ora si dicono convinti della sua innocenza.

lunedì 12 ottobre 2009

Trama del film - Foto 4


Nino è il solo, oltre a Giulia, a sapere che Michele non può avere ucciso Aprici, poiché alla stessa ora era con Giulia. Ma la sua testimonianza non basta a scagionare l’amico. Giulia ha negato recisamente la relazione con Michele che viene processato e condannato.

Trama del film - Foto 3


Nino è sconvolto dall’arresto di Michele, diventa riottoso e attaccabrighe, e trova comprensione e conforto solo nella sorella Miliella. Intanto il padre parte per la guerra e non tornerà più. Una notte alla casa di Nino bussa Michele: è fuggito dal carcere ed è tornato in paese per vendicarsi di Giulia.


Superata, però, la diffidenza iniziale, Nino diventa amico di Michele Rende, un giovane fiero, spavaldo, nemico di ogni ingiustizia e di ogni sopruso. Nessuno sa che Michele è l’amante di Giulia Ricadi, sorella del Podestà e promessa sposa di Natale Aprici, ricchissimo proprietario terriero.

domenica 11 ottobre 2009

Trama del film - Foto 2


Michele viene aggredito dai sicari di Aprici, ed ha con quest’ultimo un violento litigio. Giulia decide di rompere la relazione con lui, ma Michele riesce ad ottenere un ultimo incontro notturno. La stessa sera Aprici è assassinato e Michele, sorpreso all’alba per le strade, è arrestato.

Foto 1 - Trama del film "Il Brigante" attraverso le immagini.



Siamo alla fine dell’autunno del 1942. Nino Stigliano, un ragazzetto undicenne, per sfuggire ai bombardamenti che sconvolgono la zona costiera, si rifugia con la famiglia in un paesetto dell’entroterra calabrese. È Nino che racconta il film in prima persona.

venerdì 9 ottobre 2009

Foto del film "Il Brigante". Il blog inizia con alcune immagini e critiche al film girato a Scandale.


Sopra la locandina del film. Sotto, una scena che riguarda l’occupazione delle terre nel Marchesato. Foto del film Il Brigante. Archivio cinematografico privato, Roma.



Anno 1960, Durata 143 minuti.
Origine ITALIA
Genere DRAMMATICO, SOCIALE
Formato SCHERMO PANORAMICO
Tratto DALL'OMONIMO ROMANZO DI GIUSEPPE BERTO
Produzione ANGELO RIZZOLI PER CINERIZ
Distribuzione CINERIZ (1961)
Regia: Renato Castellani

Attori :
Serena Vergano Miliella
Renato Terra Natale Aprici
Angela Sirianni Nonna Di Nino
Francesco Seminario Nino Stigliano
Salvatore Moscianese Don Francesco Tomea
Francesco Mascaro Bovone
Mario Jerard Pataro
Elena Gestito Madre Di Nino
Anna Filippini Giulia Ricardi
Adelmo Di Fraia Michele Rende
Giovanni Basile Appuntato Fimiani
Soggetto: Giuseppe Berto
Sceneggiatura: Renato Castellani
Fotografia: Armando Nannuzzi
Musiche: Nino Rota
Montaggio: Jolanda Benvenuti

Giuseppe Marotta, Facce dispari, Milano, Bompiani, 1963.
Troppi conti bisogna fare con Il brigante di Castellani; beato lo spettatore comune, semplice, innocente, che può, sul filo teso delle emozioni, abbandonarsi al film come se appartenesse alla nera folla che vi si agita, alle rocce e agli alberi che il vento vi sferza o vi accarezza. Diamine. Il brigante è la storia di un amore, anzi due; è la storia di un uomo allevato, per così dire, da una morte che ha l'infallibile cronometro della tragedia sull'osso dell'iniquo polso; è la storia di un paese e di gente infelice; è la storia di una guerra e di un dopoguerra; è un groviglio di storie in una storia. Che succede, in generale, a un artista oberato di argomenti? Deve lasciarli e pigliarli ogni momento, con una virtù di giocoliere, difficile e imbarazzante anche se il narratore si chiami, tanto per fare un solo nome, Tolstoj. A me datemi l'universo in una goccia d'acqua, in una lama di pulviscolo solare; datemi la vita nel cavo della mano di un poeta, ossia la vita ridotta a un palpitante cuore di vita. Conoscevo, naturalmente, il romanzo di Berto che ha suggerito a Castellani il film Il brigante. Una prosa asciutta come la pomice, densa e amara, non più che un panno intorno alle reni dei fatti e dei sentimenti; un racconto sostantivatissimo, oggettivo al massimo, e però (scusami, Peppino, la sincerità mi affoga) un po' arido. Castellani, ovviamente, non vi ha mutato gran che; se non erro è diversa la condizione della famiglia Stigliano: di proprietariucci nel libro, di miseri affittuari nel film; per il resto immagino che Berto sia contento: c'è finanche quell'ombra o luce di Veneto che qua e là venava la Calabria del romanzo.
L'apertura è vagamente dickensiana (Grandi speranze): Nino Stigliano, un ragazzetto dodicenne della famiglia che ho detto, una mattina s'imbatte nel cacciatore di frodo Michele Rende. Legano subito; Michele è per Nino l'uomo da ammirare e da imitare, una sorta di modello per una crescita e per un'evasione. Come dargli torto? Nino è l'ultima ruota del carro familiare; dorme con la nonna, le cui guance sono gomitoli di rughe; la guarda (obbligato a recitare con lei spossanti orazioni) e indoviniamo che si domanda: «È più vecchia di questi muri? È più vecchia della luna che batte all'uscio?». Quanto a Michele, ha un segreto legame d'amore con Giulia Ricadi, sorella del podestà (è il 1942); Nino gli fa volentieri da paggio. Ma Giulia si è promessa ufficialmente a Natale Aprici, un guappo arricchitosi monopolizzando gli ingaggi dei braccianti, e vorrebbe congedare Michele. Questa è la prima «ombra o luce di Veneto», come l'ho definita io, sulla Calabria. Amori nel buio, confusione di ceti, mesaillances in un villaggio calabro? Ne dubito; là, di solito, i Ricadi sono bramini e i Rende paria; né c'è bosco o grotta in cui gli amori furtivi non rimbombino come un sussurro in una grancassa; cielo e terra là ingannano e tradiscono gli amanti. E con ciò? Non sarò io a difendere la verità dai veritieri; non resisto, abbiate pazienza, a un Castellani e a un Berto di questo pregio. Che nitidezza e forza d'espressione; che finezza ed esattezza di particolari, di toni; come obbediscono, figure e sfondi, al cenno geniale che li interpreta e, insieme, li crea.
Ma torniamo alla complessa vicenda. Qualcuno ha sparato a Natale Aprici, freddandolo. Chi? Nemici egli ne aveva tanti, però gli indizi più gravi sono contro Michele. Il giovane potrebbe scagionarsi (era in braccio a Giulia, se è per questo) ma non lo fa; né la ragazza, gelosa della propria reputazione, confessa. Dunque arresto, processo e condanna. Le rivelazioni e il pianto di Nino lasciano di sordo e gelido marmo la Giustizia. La nuda sostanza della sciagura è che l'indocile Michele infastidiva e irritava i padroni. Il fu Natale Aprici lo aveva fatto anche aggredire e accoltellare, ma senza domarlo. Nino deve rassegnarsi, ecco, alla perdita dell'amico. Trascorrono lenti i mesi e la guerra preme. Stigliano padre s'aggrega alla TODT e morirà in Germania. La madre e la sorella ormai signorinetta, Miliella, sfacchinano ai lavatoi pubblici. A dare un'occhiata benevola, una vaga protezione agli Stigliano, adesso non c'è che l'appuntato dei carabinieri Fimiani. Che personaggio. Dire che gli è venuto, a Castellani, di gran lunga più singolare più vivo di Michele e di Nino, è dir poco. Questo Fimiani brulica di mocciosi e di guai come ogni becero locale; è, nella sua logora uniforme, dei loro: un infimo bracciante della Legge, con sulla nuca l'invisibile giogo che opprime, in quelle campagne, tutto e tutti. Quante ne direi, su Fimiani, se gli avvenimenti stipati nel film non urgessero. Ecco il 25 luglio del '43, i simboli divelti, i saccheggi degli «ammassi», i ceffoni e i calci all'ex-podestà, il ritorno di Michele. È fuggito dalla prigione, chiede ospitalità per la notte e un fucile per vendicarsi. Ma all'alba Michele è svanito e l'arma sta dov'era. Chi ha fatto il miracolo, in quelle poche ore di silenzio e di oscurità? Miliella, che si è innamorata del giovane... ma sì: lei, con atti e con parole ignoti, lo ha prodigiosamente calmato. Berto, dimmi tu. È naturale che della nascita di un siffatto amore, destinato a produrre il terribile epilogo del film, lo spettatore non veda e non oda nulla? E che Nino (questa è la seconda «ombra o luce di Veneto sulla Calabria»), informato da Miliella, trabocchi egualmente di affetto per il randagio Michele?
Avanti. Irrompono finalmente gli alleati; rimpatriano dalla Germania i razziati e i prigionieri: fra i quali un certo Pataro, che subito dopo Fimiani (e benché rappresenti la terza «ombra o luce di Veneto sulla Calabria) è una figura eccellente, di quelle che graffiano lo schermo. Bellissimo uomo, una faccia di sultano, aveva lasciato grappoli di figli a due ragazze, due, le quali hanno tante singole speranze matrimoniali quante ne ho io che mi facciano senatore a vita: ma esse non gli sono, per questo, meno affezionate devote. Eh, Berto? E dove le aveva prese, l'ottimo Pataro, quelle femmine a tal segno libere e incustodite? In un orfanotrofio svedese? Ma Pataro mi divertì e m'interessò, dunque sia Pataro, amen. Egli ha un fervido e puerile concetto delle quattro libertà promesse dagli americani; s'appropria un lembo di terra e la coltiva. È la scintilla che farà divampare l'incendio. Michele, tornato in divisa americana (questo opinabile arruolamento gli ha fruttato non so che amnistia), organizza l'occupazione in massa dei negletti fondi. I campieri del barone Tomea accolgono a fucilate gli invasori; è ucciso l'ineguagliabile Pataro, eccolo riverso e immobile sull'erba, gli incantevoli balletti gli fremono ancora sul tumido labbro come farfalle nere. Addio. L'impresa fallisce; Michele è di nuovo arrestato ma di nuovo scappa; Fimiani potrebbe agguantarlo e non lo fa. Straziato dall'odio sociale, il Rende brucia messi e fienili; è al bando, è perduto, non gli resta che Miliella... una domenica la ragazza si veste di bianco e dice a Nino: «Raggiungo Michele». È la quarta «ombra o luce di Veneto sulla Calabria», forse la più grossa. Un effettivo Nino, amico o non amico, avrebbe afferrato Miliella e, con un fuscello o con un ciottolo, con l'alito sto per dire, l'avrebbe fatta secca. Pazienza. Miliella cadrà, uccisa per sbaglio da un traditore; e il brigante insanirà del tutto. Che squassante finale. Uno dopo l'altro i nemici di Michele sono abbattuti; e soltanto allora egli, sentendo olezzo e gusto di Miliella nell'ultimo sorso di aria che beve, si offre al mitra di Fimiani.
Spossante e uncinante film. Gli giovano le confermatissime qualità della regia, che ha ottenuto dagli uomini e dalle cose, in ogni inquadratura, il meglio del meglio; per contro gli nuoce, limitando spesso l’indagine e l'approfondimento, l'eccesso di materia. È deludente che le due passioni di Michele, negli argini delle quali si gonfia progressivamente la sua rovina (Miliella e Giulia, dico), restino enunziate, riferite, due acquisitissimi prototipi femminili senza il minimo connotato originale. Scene da applaudirsi: il dialogo di Nino con gli echi e gli occhi del pozzo; il muro degli ingaggi in piazza, sotto il fatidico «Noi tireremo dritto» mussoliniano, quei cenci e quella fame al sole, che mi ricordarono certe dolorose pagine di Alvaro; il catechismo agevolato dal caffelatte gratuito, quei «Ci ha creati Iddio» pronunziati eccezionalmente a bocca piena, quella fede simultaneamente infusa e premiata; i veli di nebbia nella selva, a un palmo dal suolo, fumi di perplesso e torpido incenso; la gioia di Pataro quando urla «Sei terra mia!» e si frantuma sul capo una zolla enorme; la frana di contadini sul feudo; gli uggiolii delle lamentatrici intorno all'esanime Pataro; il canto dei «fermati» nello stanzone, quell'ambascia che sfocia in melopea; l'intera sequenza conclusiva. Eppure... eppure... Lo dissi, rammenterete, un'altra volta. C'è nel Brigante un che di tardivo. Nel '51 questo film ci avrebbe scosso molto di più, avrebbe suscitato in ogni categoria di persone l'ira e la pietà che cerca nelle platee. Non che le antiche piaghe del Mezzogiorno siano guarite. Ma incombono altre angosce, altre paure e ansie. L'agricoltura languisce, diciamolo, anche nella preziosa valle padana. La gente ammazza per cause cento volte più futili dell'onore e della vendetta, ammazza per la semplice voglia di ammazzare. Atroci minacce s'incrociano da continente a continente. Danziamo sull'orlo di un immenso braciere. La natura stessa, colmandoci di invertiti maschi e femmine, di venditori delle proprie mogli e figlie, di ipocriti e di ladri, è come impazzita. Il cinema, oggi, o deve essere invenzione, sogno, pura favola, o, se tende al reale, non ha più nulla da chiedere ai Rende e ai Giuliano. Rifletta su ciò, Castellani, è importante.