giovedì 30 settembre 2010

“Scialatilla ‘sa vuccuzza”, di Nicola Paparo

LE DUE FOTO SI TROVANO NEL SITO DI CESARE GRISI


Scialatilla ‘sa vuccuzza


Scialatilla sa vuccuzza, rumpaccilla la cucuzza

a Nicola c’a mundizza va scupannu d’ogni razza.

Si sapissi, arrasu sia quali brutta malatia

parturiscia gelusia!

Si tu giri mianzu mundu ad ogn’angulu di jjiazza

genti ‘ncazzunita e pazza si ndi trova mazzi mazzi.

Pedi chjatti e guaddrarusi cci su susu e cci su jusu;

surdi, musci e cicajiunu ad’ogn’angul’e purtuni;

ma di cchjù trov’a mmuntuni male lingue e casciottari

arrutati a ffoculari quandu curran’i vuttari,

e d’estati a ra frischera o a ra porta du pagghjaru.

- Sona, sona pecuraru ch’é bbenuta primavera

ppe’ dispiettu di jennaru ca ‘ndi ficia ra nivera. –

Tu ca scàrmini linazza, linu e lana ‘mienz’a jjiazza

scialatilla sa vuccuzza e divàcala sa vozza.




mercoledì 29 settembre 2010

Cosenza

Palazzo del Governo a Cosenza



Comuni della

Provincia di Cosenza


Acquaformosa - Acquappesa - Acri - Aiello Calabro - Aieta - Albidona - Alessandria del Carretto - Altilia - Altomonte - Amantea - Amendolara - Aprigliano - Belmonte Calabro - Belsito - Belvedere Marittimo - Bianchi - Bisignano - Bocchigliero - Bonifati - Buonvicino - Calopezzati - Caloveto - Campana - Canna - Cariati - Carolei – Carpanzano - Casole Bruzio - Cassano allo Jonio - Castiglione Cosentino - Castrolibero - Castroregio - Castrovillari - Celico - Cellara - Cerchiara di Calabria - Cerisano - Cervicati - Cerzeto - Cetraro - Civita - Cleto - Colosimi - Corigliano Calabro - Cosenza - Cropalati - Crosia - Diamante - Dipignano - Domanico - Fagnano Castello - Falconara Albanese - Figline Vegliaturo - Firmo - Fiumefreddo Bruzio - Francavilla Marittima - Frascineto - Fuscaldo - Grimaldi - Grisolia - Guardia Piemontese - Lago - Laino Borgo - Laino Castello - Lappano - Lattarico - Longobardi - Longobucco - Lungro - Luzzi - Maierà - Malito - Malvito - Mandatoriccio - Mangone - Marano Marchesato - Marano Principato - Marzi - Mendicino - Mongrassano - Montalto Uffugo - Montegiordano - Morano Calabro - Mormanno - Mottafollone - Nocara - Oriolo - Orsomarso - Paludi - Panettieri - Paola - Papasidero - Parenti - Paterno Calabro - Pedace - Pedivigliano - Piane Crati - Pietrafitta - Pietrapaola - Plataci - Praia a Mare - Rende - Rocca Imperiale - Roggiano Gravina - Rogliano - Rose - Roseto Capo Spulico - Rossano - Rota Greca - Rovito - San Basile - San Benedetto Ullano - San Cosmo Albanese - San Demetrio Corone - San Donato di Ninea - San Fili - San Giorgio Albanese - San Giovanni in Fiore - San Lorenzo Bellizzi - San Lorenzo del Vallo - San Lucido - San Marco Argentano - San Martino di Finita - San Nicola Arcella - San Pietro in Amantea - San Pietro in Guarano - San Sosti - San Vincenzo la Costa - Sangineto - Sant'Agata d'Esaro - Santa Caterina Albanese - Santa Domenica Talao - Santa Maria del Cedro - Santa Sofia d'Epiro - Santo Stefano di Rogliano - Saracena - Scala Coeli - Scalea - Scigliano - Serra d'Aiello - Serra Pedace - Spezzano Albanese - Spezzano della Sila - Spezzano Piccolo - Tarsia - Terranova di Sibari - Terravecchia - Torano Castello - Tortora - Trebisacce - Trenta - Vaccarizzo Albanese - Verbicaro - Villapiana - Zumpano.


martedì 28 settembre 2010

Scandalesi a San Giorgio (Germania)

Due foto scattate da By Ros nel 2009, durante la visita della delegazione scandalese alla città di St. Georgen im Schwarzwald. Comune tedesco situato nel Land del Baden-Württemberg. Distretto di Friburgo in Brisgovia, Circondario di Schwarzwald-Baar-Kreis. Al centro della foto sopra, si vedono il Borgomastro di St. Georgen, Michael Rieger e il Sindaco di Scandale Fabio Brescia.




lunedì 27 settembre 2010

Vancouver, Canada

Foto di Vancouver, Canada, vista dall'alto e dal mare. Come molti sanno, in questa città vive da tanti anni la famiglia Cirillo di Scandale.




domenica 26 settembre 2010

Appunti del prof. Rossi-Doria e della sua assistente Lucia Trucco (1955)

Nella foto “preparazione dei fichi secchi” scattata nel 1955, si vede una famiglia di San Mauro che abitava a fianco della sartoria di Serafino Militi (mastru Zerafinu). Si trova nel libro di Manlio Rossi-Doria, Un paese di Calabria, l’Ancora del Mediterraneo, Napoli, 2007 (a cura di Michele De Benedictis).


Ho parlato questa mattina con D’Alfonso, maestro della quinta elementare, titolare da otto anni, laureando in magistero, ex fiduciario; si era anche presentato sulla lista di sinistra (benché lui non sia né comunista né socialista) alle elezioni amministrative e non riuscì.

Sembra avere 35 anni, piccolo, aperto, parla con facilità non senza darsi una certa importanza. È di Santa Severina. S’è sposato a Scandale con la figlia di un agricoltore: Scaramuzzino. [...]


Don Renato:

riceve un sussidio dal Comune; però D’Alfonso non è mai riuscito ad assistere a un consiglio comunale. È venuto a conoscenza di certe decisioni attraverso il “Messaggero” dove si dà notizie dell’approvazione della giunta provinciale.

Pensa che Don Renato è un uomo in gamba e attivo. Bussa a tutte le porte. Una parte dei fondi E.C.A. vanno alla Casa di Carità. Con il paravento della Casa di Carità riesce a far fronte anche alle cambiali non pagate. Ha l’appoggio del vescovo di Santa Severina.


Silvia De Biase:

fidanzata, figlia di un falegname.

Silvia è fidanzata con un autista di Petilia Policastro. Tiene la fotografia del fidanzato sul petto. Legge Grand Hotel dando come scusa: “Quando non c’è il mio fidanzato mi accontento dei giornali d’amore”.

Va solo a messa la domenica e non esce mai. Il fidanzato è molto geloso e non la vuole vedere neanche affacciata alla finestra.

Si baciano sulla bocca. Se sua madre la vedesse? Non direbbe niente perché anche la madre ha fatto all’amore e se le vuole bene certe cose le deve capire.

È stata fidanzata un anno di nascosto e si sposerà fra un anno.

Ha avuto un orologio in regalo dal suo fidanzato.


18 gennaio 1955.

Ho parlato questa mattina con Cristina, giovane ragazza di 18 anni fidanzata con un giovane autista di 21 anni. La loro storia (dice Cristina) potrebbe essere un fotoromanzo – e comincia il racconto del suo fidanzamento.

Erano piccoli ancora e un giorno a una riunione Mario che aveva 16 anni invitò Cristina che ne aveva 13 a ballare. Mario si innamorò e Cristina pure e così decisero di farlo sapere ai genitori i quali non vollero sentire parlare di fidanzamento. Dopo un anno Cristina decise di lasciare Mario, perché i genitori delle due parti erano contrari. Così fu. Ma Mario non si rassegnò, prese la moto e partì con l’intenzione di uccidersi. Riuscì in parte: si ruppe una gamba. Quando la voce arrivò in paese Cristina stava lavorando a maglia da una comare. Si alzò e correndo ritornò a casa. Il “cuore gli saltava” “dentro il cuore mio c’era una fiamma brutta”. Cristina si disperò e disse di volerlo sposare anche storpio.

Mario fu portato a Crotone e all’ospedale chiamava sempre la fidanzata sua e Cristina decise di andarci. Così ripresero relazione e le famiglie non misero più bastoni nelle ruote.

Il padre di Cristina è molto geloso e non vuole vedere il fidanzato in casa, perciò si vedono, lei alla finestra e lui sotto. La mamma di Cristina invece ha paura che combinino guai e perciò lo fa entrare quando il marito non c’è.

Anche Mario è geloso e non vuole che la fidanzata vada dal parrucchiere per farsi la permanente perché il parrucchiere gli deve toccare la faccia.

Si sposeranno a settembre. [...]


22 gennaio 1955

Paparo Luigi tiene un bar e una cantina.

Di cuore dice di essere socialista, ma non gli piacciono né i comunisti né i democristiani, perciò si è presentato nella lista dell’MSI, ma non crede nel fascismo. Vuole che gli uomini diventino civili e per questo pensa che una disciplina sia la cosa migliore.

È stato rubato nella cantina e il brigadiere gli ha chiesto di non chiedere niente a lui.


Scandale, 5 maggio 1955.

Maria ha 10 anni. Frequenta la quarta elementare. È una bambina sveglia, sicuramente di famiglia numerosa, gira con i fratelli più piccoli e si sa arrabbiare come una donna grande.

Si è fatto il fidanzato ed è stata scoperta scrivendo una lettera.

“Caro Giovanni, io ti voglio, ma tu non devi dire niente a nessuno sennò non ti voglio più”. Allo Signorino Giovanni Trivieri, un forte abbraccio, la tua fidanzata. Maria Raimondo.

Lui ha fatto sapere che acconsentiva.


Notazioni e Appunti di Rossi-Doria e delle sue collaboratrici, A.N.I.M.I., Roma, Archivio Rossi-Doria, fascicolo 9, vol. II (dattiloscritto).


venerdì 24 settembre 2010

C’era una volta il blog By Ros

Se ci sei batti un colpo


C’era una volta in un paese lontano il blog By Ros che, nonostante qualche parolaccia di troppo, teneva animato Scandale e il Marchesato di Crotone. Da un po’ di tempo, di lui si sono perse le tracce. Se le ricerche dovessero dare esito negativo ci rivolgeremo a “Chi l’ha visto”.


giovedì 23 settembre 2010

Scandale in un rapporto del vescovo di Santa Severina del 1589



Relazione su Scandale dell’arcivescovo di Santa Severina Alfonso Pisani, inviata alla Santa Sede nel 1589:



“Scandale è casale del distretto e contado di Santa Severina, abitato da cinquecento greci e centocinquanta latini. Ha due chiese greche ed una latina. Così anche vi sono due preti, uno greco con due diaconi, ed uno latino. Questi greci vivono cattolicamente per la vigilanza che vi ha sempre usata il Cardinale di Santa Severina [Giulio Antonio Santoro] a farli bene istruire e riformare”.



Pasquale Sposato, Applicazione del Concilio di Trento nell’Arcidiocesi di Santa Severina, Tivoli, Chicca, 1959.


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Naturalmente, nel Cinquecento anche Scandale aveva assorbito, come tanti altri paesi della zona, immigrati di origine greco-albanese di religione cattolica, ma d’ubbidienza e rito orientale, arrivati in Calabria dopo la vana resistenza di Giorgio Castriota Scanderbeg, eroe albanese convertito al cristianesimo, che a suo tempo aveva aiutato Ferrante d’Aragona nella guerra contro i baroni e fu remunerato con la buona ospitalità ai suoi conterranei. Una di queste famiglie, stabilitasi nel nostro piccolo paese, e precisamente quella dei Basilico, erano amanuensi. Copiavano soprattutto testi greci e li rivendevano. Una di queste copie, in possesso nel 1570 del Vice Gerente Vicario Generale di Santa Severina, canonico Grignetti, si trova alla biblioteca Vaticana sotto la voce “Codice Greco Barberini 306”. Sulla prima pagina, una nota dice che il libro è stato trascritto dal diacono greco Tommaso Basilicò di Scandale.




mercoledì 22 settembre 2010

“Soldati” di Giuseppe Ungaretti


SOLDATI


Si sta come

d'autunno

sugli alberi

le foglie



I soldati sono come le foglie che, nel periodo autunnale, cadono dagli alberi. La poesia è dedicata ai soldati che andavano in guerra col destino già scritto. Probabilmente, Ungaretti non si riferisce solo a loro, bensì a tutti. Siamo tutti come delle foglie, non conosciamo il nostro futuro.




martedì 21 settembre 2010

Paolo Marra a Scandale

Due foto del blog Pingitore, scattate durante le riprese di Video Calabria nella splendida cornice di Piazza San Francesco a Scandale.





Paolo Marra di Video Calabria con la responsabile della Pro Loco di Scandale Teresa De Paola (foto By Ros).




lunedì 20 settembre 2010

Crotone


Piazza Duomo a Crotone in una foto d’epoca


domenica 19 settembre 2010

Suor Enrichetta Banfi a Corazzo

Il busto di Suor Enrichetta Banfi nella piazza di Corazzo, in una foto di Cesare Grisi.


“Da Milano, la famiglia religiosa delle Orsoline invio a Corazzo Suor Enrichetta Banfi. Una donna straordinaria sul vero senso della parola. Una donna dal sorriso illuminante che scaturiva da una santità interiore e da un’umiltà profonda, capace di confondere e disarmare chiunque: il burocrate e il prepotente, il malandrino e il “cafone”, il politico e il politicante.

Arrivò a Corazzo, terra di missione, lei “lumbarda” tra i contadini del Sud. Rimase colpita dal silenzio di un paesaggio spoglio interrotto di tanto in tanto dalle gips dell’Opera Sila che nel villaggio avevano installato un centro operativo.

Un deserto senza anima viva. Le case abitate erano sparse e lontane. Il villaggio si popolava di sera, un’ora, due ore, vicino al bar.

Avviò l’asilo e incontrò tutti i bambini dei poderi vicini. Li strinse al petto uno per uno con l’amore della sua totale donazione per i poveri, gli oppressi, i deboli. La sua fede scoprì il Cristo morto e risorto nei corpi macilenti di quelle creature. [...] Suor Enrichetta non fece cose strabilianti, non compì atti eroici, non fece miracoli, divenne la madre premurosa dell’intero villaggio. Chi ha avuto la fortuna di incontrarla si è sentito folgorato nel proprio intimo. Sapeva parlare al cuore, sapeva scrutare i sentimenti, leggere il travaglio dell’anima, assicurare il sereno a quanti si avvicinavano a lei turbati dall’affanno del disordine interiore. [...]

Si portava da casa in casa incontrando le famiglie contadine, lei figlia di un contadino di Pregnana milanese, morto giovane in guerra. Ascoltava e imparava a capire il linguaggio di un dialetto astruso, il lamento rassegnato di donne riservate e contegnose. Comprese il bisogno materiale e culturale della nostra gente. Se ne fece carico perché ogni famiglia apparteneva alla sua vita. Scrisse alle sue consorelle della casa madre di Milano per costruire un ponte di solidarietà. Milano è la capitale della ricchezza, Corazzo è un angolo di terzo mondo. Il contadino, è vero, ha la casa e la terra. Semina e poi attende il raccolto. Ma tutto dipende se “u tempu prumitta”, cioè se non ci saranno siccità o “gelu”, “tramuntani sicche” o piogge torrenziali.. E durante l’attesa cosa mangia, come si veste, come affronta i quotidiani problemi della vita?

Suor Enrichetta si fece interprete di questa situazione. Scattata la molla della solidarietà, arrivarono gli aiuti. Medicinali e indumenti vennero distribuiti con estrema riservatezza, con grande calore umano. [...]

Maestra, infermiera, madre instancabile per ventisei anni. Una mattina se ne andò all’improvviso. Era il 20 marzo del 1976. Stava impartendo una lezione a due ragazzi del villaggio. A un tratto si sentì male.

“Suor Enrichetta, vi sentite male, andate a riposare”, disse Renato Grande, uno dei ragazzi.

E lei: “no, resto con voi sempre, perché vi voglio bene” e morì così sul campo di lavoro. Si fermò il battito di un cuore che aveva amato tanto la sua gente, i suoi contadini del sud.

I contadini accorsi, da tutte le contrade, fecero corona intorno alla sua bara. La piansero in silenzio. Il pianto solcò le rughe di volti rudi, di pietra. Un dolore tenero, profondo e nascosto. Il pianto del contadino del sud”.


Iginio Carvelli, Rughe di pietra, Piccole storie di un paese calabrese (Scandale), Rubbettino Editore, 1995, p. 73.


venerdì 17 settembre 2010

Il borgo di Chianalea a Scilla


Sul mitico mare di Scilla si arrocca Chianalea: un antico rione di pescatori. Sotto, la spiaggia di Marina Grande.




giovedì 16 settembre 2010

Alunni di ieri, Alunni di oggi

Alunni della scuola elementare di Scandale in una foto d’epoca, conservata da Luigi Aprigliano. Sotto, alunni e professori dell’anno scolastico 2009 – 2010 in una foto del blog Pingitore.




mercoledì 15 settembre 2010

Il calabrese Leonzio Pilato



A destra, Francesco Petrarca.


Poco si sa della vita di questo monaco calabrese prima dell’incontro con Petrarca e Boccaccio. Leonzio Pilato nacque all’inizio del XIV secolo, morì nel 1365 nel Mare Adriatico durante un naufragio.

Fu su consiglio dell’amico Francesco Petrarca che il Boccaccio fece assumere, questo monaco calabrese come insegnante di lingua greca nello Studio fiorentino, dove tenne la cattedra per due anni (1360 – 1362).

Questa iniziativa fu determinante per lo sviluppo della lingua greca nella cultura italiana. Giovanni Boccaccio nella Genealogia deorum gentilium (Genealogia degli dei pagani), scrisse la celebre frase che consegnò Leonzio Pilato all’immortalità: “fui forse io per primo tra i Latini, udir privatamente, la traduzione dell’Iliade da Leonzio”.

Dall’analisi di certe parole inserite nei suoi commenti ad Omero, scrive lo storico Pertusi, possiamo affermare con assoluta sicurezza che era un calabrese [di etnia greca], forse di Piana di Calabria, presso Reggio.


martedì 14 settembre 2010

Poesia della scandalese Lina Greco

Il sangue mio s’è sparso in settentrione

ove scappò mio padre e la mia carne,

ma il mio riposo annegò tra le rughe

della mia gente bruzia e il mio respiro

tra le pinete, i faggi e le riviere.

Ritorneranno i figli tra gli ulivi,

dagli agavi scortati e le cicale,

divamperanno stoppie e le sterpaie

e a sera i grilli udranno al focolare.

Faccio la guardia e aspetto tutte l’ore

ma torno ogni momento solo io.

Gli occhi sono arsi più di questa terra

ma inonderanno fratte e le pietraie

se tornerete a togliere quei chiodi

aprendo porte grandi ai bianchi muri.


lunedì 13 settembre 2010

“La Cattolica” di Stilo

La Cattolica” è una piccola chiesa bizantina che si trova a Stilo, in provincia di Reggio Calabria.




domenica 12 settembre 2010

Sacerdoti di Scandale nel 1743


Il sacerdote di Scandale don Simone Scaramuzzino (foto Pingitore).


Sacerdoti di Scandale secondo il Catasto Onciario del 1743 conservato nell’Archivio di Stato di Napoli.


Don Domenico Sculco, canonico della chiesa di Santa Severina senza prebenda canonicale di 57 anni. Abita in casa di sua proprietà. Ha al suo servizio un custode di buoi di 28 anni, un custode di vacche di 18 anni, il nipote di 19 anni e una monaca bizzoca sua nipote di 23 anni. Possiede oltre a 20 vacche e buoi un cavallo e un somaro oltre ad alcune terre. Una continenza di terra dette gabella in luogo detto le Terre del Pozzo seu Gaudioso con vigne di molti cittadini dai quali percepisce nel complesso, a titolo di censo enfiteutico 8,20 ducati. Possiede una vigna di 4 tomoli che rende 2,80 ducati. Un terreno olivato che rende 0,80 ducati. Un terreno incolto che rende 0,80.


Don Domenico Drammis, sacerdote di 34 anni abita in una casa propria di 2 stanze con i 2 fratelli Antonio e Niccolò. Possiede ancora due magazzini che non danno rendita perché usati dalla famiglia, una casa ad uso di forno ed una fittata a 2 carlini con un orto attiguo. Una vigna che gli rende 8 ducati circa.


Don Domenico Oliverio, sacerdote di 37 anni abita in casa propria di 4 stanze, ha un’altra casa con orto non fittata e un somaro. Possiede una gabelluccia detta Scocchia che rende 8 ducati. Un pezzo di terra in località Santa Caterina di 1 tomolo e 1 quarto. Vive con un garzone il fratello e la sorella.


Don Domenico Orsini, sacerdote di 57 anni vive in un palazzo proprio di 12 stanze insieme a sei nipoti nobili. Con lui vivono due bovari, un mulattiere, quattro vaccari e due serve. Con lui vive anche il fratello che non paga affitto. Possiede tre case con un orto ad uso proprio e due fittate per 4 ducati annui, una vigna in località Muganà di 4 tomoli con alberi di fico. Possiede ancora un’altra casa attaccata al palazzo fittata per 1,60 ducati annui, una vigna di 1 tomolo interamente vitata e, infine, 185 fra buoi, vacche ed altri animali, 2 cavalli e 1 mulo. Tiene fitto un terreno seminatorio detto Murice per cui paga 70 tomoli di grano ogni anno. Possiede una vigna in località le Terre dello Iacane, quattro bassi nel palazzo che rendono 4,50 ducati, un beneficio eretto nella chiesa che rende 15,35 ducati per interessi su capitali prestati; 6,30 per due case fittate.


Don Alonso Basilico, sacerdote, vive a Napoli e possiede una chiusa ad Occhi Accucchiati di 4 tomoli con un vignale detto S. Antonio.


Don Francesco Adamo, sacerdote di 29 anni abita in casa propria; possiede una casa palaziata di due stanze in cui abita con il padre e la famiglia, altre due case ad uso proprio, una casa locata per 1,50 ducati, una vigna di 4 tomoli che non rende nulla, una pagliata, un somaro e infine un orto stimato 0,80 ducati.


Don Francesco Furcia, sacerdote di 28 anni, possiede una casa di abitazione, e varie altre. In una contigua abita il cugino, in un’altra ancora vivono i genitori, un’altra è utilizzata come stalla e rende 0,70 ducati di fitto. Possiede ancora una vigna in luogo detto Canalicchi di 2 tomoli con terreno arbustato che rende 6 ducati, un’altra di 3 tomoli in località Muganà che rende 6 ducati.


Don Giovanni Paolo Cavallo, sacerdote di 39 anni, abita in casa propria, possiede un somaro per gli usi domestici, una vigna non utilizzata in località Occhi Accucchiati che non rende nulla, un vignale anche inutilizzato di 1 tomolo a Gaudioso, una casa non del tutto ultimata e un ortale attaccato alla casa suddetta di 2 tomoli da cui non percepisce alcuna rendita. È inoltre titolare di un beneficio detto Santa Maria di Condoleo costituito da terre arbustate di complessivi 10 tomoli che rendono circa 8 ducati.


Don Giuseppe Biondi, sacerdote di 25 anni possiede una casa palaziata dove vive con i genitori, un magazzino utilizzato dalla famiglia, una stanza non del tutto costruita, una vigna in località Sopra il Pozzo di 2 tomoli che rende circa 5 ducati e una casa di due stanze inaffittata nella terra di Verzino.


Don Francesco Sculco, sacerdote di 28 anni abita in casa con i genitori. Possiede una vacca e una giovenca, una camera ad uso della famiglia, una vigna in località Serre di Iacane che non rende nulla e un’altra a Occhi Accucchiati che pure non rende nulla, una pagliara fittata per 0,70 ducati, un beneficio ossia cappella laicale, intitolata a San Domenico di Loiano eretta dallo zio che rende 25,24 ducati.


Don Francesco Tumoli, chierico di 40 anni, vive con moglie, quattro figli e 2 garzoni. Abita in una casa propria e possiede una vigna di 1 tomolo alle Fontanelle, 11 fra buoi e vacche ed un somaro.


Don Giovanni Battista Sculco, cappellano di 26 anni vive con la moglie Rosa Canino di 31 anni, Paola Vichi madre vedova di 41 anni, Elisabetta sorella vergine di 16 anni, Laura sorella vergine di 14 anni e Giuseppe scolare di 14 anni. Abita in una casa di sua proprietà di 4 stanze e possiede inoltre una chiusa in località Acqua di Iovi di 4 tomoli, una bottega nella piazza fittata per 1,20 ducati, 12 buoi di cui 10 impiegati nella masseria di campo.


Don Leonardo Manfredi, sacerdote di 37 anni possiede una casa palaziata di 4 stanze dove abita con i suoi nipoti, una pagliara fittata per 2,10 ducati, una vigna alle Terre di Santa Caterina di 2,5 tomoli stimata senza rendita.


Don Nicolò Cizza, sacerdote di 37 anni possiede un beneficio sotto il titolo di Santa Maria del Carmine la cui cappella sta nella chiesa madre e un capitale di 500 ducati sui beni dei Longobucchi in Mesoraca da cui percepisce la rendita annua di 25 ducati. Possiede anche un terreno cioè una gabella detta Mandato del Carmine di 50 tomoli da cui percepisce 6 ducati di rendita. In cambio deve celebrare 250 messe per l’anima di Marco Antonio Cizza suo zio fondatore del beneficio. Possiede invece, di sua proprietà la casa palaziata in cui vive con Giuseppe Cizza, suo fratello, e un’altra casa non fittata, un orto arbustato, una vigna alle Serre del Iacono di 2 tomoli senza rendita, un’altra vigna che rende 70 grana, un vignale a Canalicchio che rende 60 grana e, infine, un somaro che viene utilizzato dalla famiglia.


Don Nicolò Massa, arciprete di 64 anni abita in casa propria di 6 stanze con Lorenzo Massa suo nipote. Possiede 8 buoi che rendono 36 ducati, 7 vacche che rendono 8,40 ducati, una giumenta ed un somaro utilizzati in proprio. Possiede inoltre una continenza di terre piantate a vigna da cui percepisce a titolo di censo enfiteutico 2,80 ducati, un capitale di 20 ducati sui beni di Domenico Spanò da cui percepisce il censo bullare di 1,50 ducati, una vigna diruta alle terre di Santa Caterina che non rende nulla.


Don Tommaso Manfredi, canonico nella cattedrale della chiesa di Santa Severina possiede una casa palaziata dove abita Gio. Angelo Manfredi, suo fratello. Possiede una vigna non coltivata allo Parmiento che non dà rendita.


Don Tommaso Masera, sacerdote di 26 anni. Possiede una casa palaziata di 6 stanze dove abita con Nicolò Scigliano e la sua famiglia, una vigna sotto le Timpe che rende 0,50 ducati, una vigna delli Canalicchi venduta a Bernardo Orsini in cambio del censo, un vignale che rende 0,70 ducati.


Don Vespasiano Milieri, canonico di 59 anni, coniugato con Elena d’Amico di 53 anni. Abita in casa propria di 3 stanze e possiede una vigna a Terre del Pozzo che rende 3,11 ducati e un somaro utilizzato nei lavori di casa. Ne impiega 12 in una masseria di campo che rende 60 grani.


Cfr., Archivio di Stato di Napoli, Catasto Onciario di Scandale, 3 volumi, anno 1741-1743.


venerdì 10 settembre 2010

Un viaggiatore tedesco in Calabria

La Calabria Ultra in una Carta geografica del Seicento


Nel 1825 scende in Calabria il tedesco Justus Tommasini (pseudonimo di Justus Westphal), matematico e viaggiatore. IL suo resoconto fu pubblicato in Germania nel 1828 col titolo Spatziergang durch Kalabrien und Apulien (Passeggiata attraverso la Calabria e la Puglia).

Oltre a vedere i soliti contadini sporchi che parlano un dialetto orribile, riesce alla fine a dare un giudizio complessivamente equilibrato della nostra regione e dei suoi abitanti, come si può vedere dal passo che segue:


Purtroppo, dai tempi della conquista romana sino ai tempi moderni, la Calabria ha avuto la sfortuna di avere quasi sempre dei governi cattivi, e tutte le benedizioni della natura sono servite a poco. I proconsoli romani la dissanguarono; i Goti e i Greci condussero lunghe lotte per il suo possesso; i Saraceni ne devastarono le coste mettendo a ferro e fuoco le città e costringendo gli abitanti a ritirarsi all’interno sulle montagne per sfuggire al pericolo di una orribile schiavitù; i cavalieri normanni se la divisero introducendo il sistema feudale; una massa di piccoli tiranni si arricchì sul sudore dei suoi infelici sudditi che invano si appellavano ai satrapi spagnoli che governavano a Napoli: in una parola, tutto contribuì a far sì che la Calabria precipitasse nella peggiore barbarie. È così che, quando si guarda a questi paesi arroccati coi loro castelli su cime quasi inaccessibili in regioni per lo più fertili, ma che i sudditi oppressi coltivano alla meno peggio perché non possono godere del frutto del loro lavoro; quando si vede che non v’è sicurezza alcuna della proprietà, dei traffici e dei commerci; quando non si fa nulla per l’istruzione e l’educazione della gioventù; quando, infine, non si scorge traccia alcuna di tutti quei progressi che il resto d’Europa ha compiuto da diversi secoli, ci si sente ricacciati nei tempi oscuri di quel Medio Evo tanto decantato dal clero e dall’aristocrazia e tanto maledetto dai popoli sottomessi. Un popolo robusto, anche se non di elevati sentimenti, giace in catene, e il singolo, cosciente della vergogna che su di lui grava, morde il freno e cerca di rompere le proprie catene, viene mandato in galera. La libertà alberga solo fra i briganti sulle montagne inaccessibili; e, se anche essa ora viene male adoperata a danno della società, pure fra questi briganti di strada v’è taluno al quale, in un altro contesto, non sarebbero venuti a mancare titoli ed onorificenze.


Justus Tommasini, Spatziergang durch Kalabrien und Apulien, Costanza, 1828, p. 276.


mercoledì 8 settembre 2010

Scandalese rapita dal governatore di Mesoraca, nel 1624

Centro storico di Mesoraca

“Perché si abbia un altro esempio di quello che facevano quei capitani e governatori nominati dai baroni nelle loro terre, cito la lettera diretta al Vicerè di Napoli da Antonio Lestaro di Scandale per chiedere giustizia contro il capitano Antonio Ridolfi, governatore di Mesoraca, che gli aveva rapito di casa una figlia e la teneva in un castello. Il Viceré, trasmettendo la lettera al [Governatore della Calabbria Ultra] Cenami, ordinava, il 16 febbraio 1624, che si provvedesse alla riconsegna della ragazza e al risarcimento dell’onore della famiglia Lestaro di Scandale”.


Cfr., Archivio di Stato di Napoli, 368 Segreteria de’ Vicerè, f. 118. - L. Volpicella, Epistolario Ufficiale del Governatore della Calabria Ultra Lorenzo Cenami (1623-1624), Napoli, Tipografia Enrico Muca, 1913, p. 376.



martedì 7 settembre 2010

domenica 5 settembre 2010

Monete antiche a San Leo nei pressi di Scandale


La collina di San Leo nei pressi di Scandale, vista dalla strada venendo da Crotone (foto Grisi).



Quando mi si presenta l’occasione, cerco sempre di ricordare ai cittadini di Scandale l’importanza che sicuramente la contrada San Leo aveva nell’antichità, come testimoniano i vari ritrovamenti avvenuti negli ultimi cento anni.

Di seguito riporto un articolo scritto dal nostro Gino Scalise e pubblicato dal giornale “Il Tempo” di Roma il 16 dicembre 1956, di un ritrovamento di monete del periodo greco-romano.


Delle monete antichissime sono state rinvenute in contrada San Leo, presso Scandale, dove si vuole esisteva l’antica città di Leonia, sede di vescovado, distrutta dai saraceni. Protagonista della sensazionale scoperta è il contadino del luogo, sig. Corigliano Pasquale di Carmine, il quale, lavorando sul terreno avuto dall’ente riforma, urtava con la zappa contro alcune grandi pietre mal levigate, che, pel modo come erano tra di loro unite e sovrapposte, non tardava a riconoscere per una antica sepoltura. Rifattosi dalla prima sorpresa per alcune ossa umane in essa trovate, il Corigliano si dava ad allargare la terra intorno alla tomba, e quale non è dovuta essere la sua meraviglia allorché ha visto luccicare sotto i suoi occhi le bellissime monete d’oro e d’argento! Avrà di certo pensato ad un tesoro, ad uno di quei tesori che leggenda e fantasia tramandano qua ancora da padri a figli, e che vorrebbero vedere ad ogni piè sospinto nella zona.

Ma vi è anche la storia, soprattutto la storia. Ed è per questo che il vice brigadiere, sig. Giuseppe Masucci messo a conoscenza della cosa, si è sollecitamente portato sul luogo della scoperta, e dopo gli opportuni accertamenti, ha provveduto a farsi consegnare le monete in possesso del Corigliano, il quale, intanto, naturalmente ignaro del loro grande valore numismatico, ne aveva collocate alcune presso un antiquario di Crotone. Grazie alla encomiabile operosità del vice brigadiere Masucci, anche queste sono state subito rintracciate e ritirate, e sono ora a disposizione della Sovrintendenza alle Antichità della Calabria, che si era in par tempo premurato di avvisare. Le monete rinvenute, e che abbiamo potuto vedere, sono in tutto dodici, di cui dieci d’argento e due d’oro. Delle prime, nove hanno su un lato il cavallo alato Pegaso e sull’altro un mitico eroe greco, forse Ercole, o forse Bellerofonte, che tentò sul cavallo la scalata all’Olimpo; l’altra raffigura Diana da un lato e un cervo dall’altro, e sono tutte del VI-V secolo a.C. e provenienti, pensiamo, da una delle più fiorenti colonie della Magna Grecia, quali Kroton, Siracusa o Metaponto. Delle altre due d’oro, una ha su un lato il tripode dell’oracolo di Delphi e sull’altro la testa di Hera Lacinia, figure queste allusive alla leggendaria storia di Crotone, e dunque di indubbia provenienza crotoniate (Crotone, infatti, fiorentissima colonia e capitale della Magna Grecia, era nota per la sua bella monetazione); mentre l’altra è piuttosto una medaglia o un suo frammento, presumibilmente dell’era precristiana, a motivo di una iscrizione che allude all’impero romano. Non abbiamo sul posto, purtroppo, elementi per una più esatta collocazione storica delle monete, né per metterle in relazione al luogo del loro rinvenimento, dove sarebbero stati anche trovati frantumi di antiche terrecotte. Si tratta di nuclei crotoniati rifugiatisi su queste colline sotto l’infuriare delle guerre combattute da Crotone contro Locri e poi contro Sibari? Oppure di una comunità di pastori del tempo? Sono solo ipotesi.


venerdì 3 settembre 2010

Frasi del filosofo Hegel



Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda, 27 agosto 1770 – Berlino, 14 novembre 1831). Filosofo tedesco, considerato uno dei rappresentanti più significativi dell'idealismo sviluppatosi in Germania.



“Tutto ciò che è umano, comunque appaia, è umano soltanto perché vi opera e vi ha operato il pensiero”.


“Per il cameriere l'eroe non esiste: esiste per il mondo, per la realtà, per la storia”.


“Gli uomini, oltre i doveri che la ragione impone, hanno inventato una quantità di compiti pesanti, per tormentare la povera umanità! Questi compiti diventano fonte di orgoglio in cui non si può trovare acquietamento alcuno se non a spese della virtù”.


“Niente è mai venuto alla luce senza l’interessamento di coloro che vi hanno contribuito con la loro attività. Così dobbiamo in generale dire, che nulla di grande è mai stato compiuto al mondo senza passione”.


“Tutti gli uomini mirano alla propria felicità, con le poche rare eccezioni di coloro che, per rendere felici gli altri, hanno avuto un animo talmente sublime da sacrificare se stessi. Ma anche costoro, credo, non hanno sacrificato la vera felicità, bensì soltanto beni temporali, felicità temporale, fra cui pure la vita. Essi, dunque, non rappresentano qui ancora un’eccezione”.