martedì 29 giugno 2010

I Bronzi di Riace


Nella foto i “guerrieri di Riace”, due colossali statue di bronzo conservate nel Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria.

Questi bronzi vengono considerati “originali” dell’arte greca, affondati assieme alle navi che li trasportavano. Le statue furono scoperte per caso nel 1972 a circa 300 metri dalla costa del comune di Riace, dal sub romano Stefano Mariottini, in vacanza in Calabria presso dei parenti.

Nella foto sotto, Riace Marina.




domenica 27 giugno 2010

LEONIA

Entrata del Casino di Galloppà nei pressi di Scandale, costruito dal barone Nicola Drammis nella prima metà dell’Ottocento sulle rovine della Diocesi di San Leone.


LEONIA


Edificata, probabilmente, da profughi troiani sulle pianure tra Santa Severina e Crotone, forse, in quell’agro oggi detto San Leo, nei pressi di Scandale, ove sono state rinvenute suppellettili bizantine.

Coll’avvento del Cristianesimo venne detta San Leone, forse perché eretta a sede Vescovile.

Distrutta al tempo delle invasioni saracene, non risorse più. I superstiti si rifugiarono nelle vicine città.


Gustavo Valente, Dizionario dei luoghi della Calabria, Frama Sud, Chiaravalle, 1973.


A titolo di cronaca va detto che lo storico Gustavo Valente fa parte di quella schiera di studiosi sostenitori della tesi che l’antica città di Leonia sorgeva a San Leo nei pressi di Scandale e, dopo la sua distruzione (840), fu successivamente ricostruita a Galloppà col nome di San Leone.


venerdì 25 giugno 2010

Sfondo natura


“E gli uomini vanno ad ammirare gli alti monti e i flutti vasti del mare e i larghi letti dei fiumi e l’immensità dell’oceano e il corso delle stelle, e trascurano se stessi”.


Sant’Agostino, Confessioni


Agostino Aurelio, nato a Tagaste il 13 novembre 354, morì a Ippona 28 agosto 430. Teologo e filosofo latino, Santo.


giovedì 24 giugno 2010

Il film “Il Brigante” in un ricordo di Giovannino Drammis

Giovannino Drammis sul balcone del palazzo di famiglia, in piazza San Francesco, in una foto By Ros


Ricordi del film “Il Brigante” in un’intervista del giornalista Giovanni Scarfò a Giovannino Drammis, rilasciata nel 1989 e successivamente pubblicata.


“C’erano una volta le troupe cinematografiche (ci sono anche adesso beninteso, almeno fino a quando le sue emittenze planetarie lo consentiranno), ma non quelle che si vedono ad ogni angolo della strada, bensì quelle di una volta, quelle arcaiche, la cui presenza era motivo di grande festa, di curiosità, di meraviglia o di scocciatura per la gente del paese scelto come luogo di ambientazione del film.

Ma la cosa più importante era che alla fine si faceva cinema, e tanto bastava per fare felici grandi e piccini: insomma il cinema non minava la possibilità di essere se stessi, anche dopo essere stati impressionati (al contrario, oggi, la possibilità di essere sembra subordinata al fatto di apparire in televisione: mi video, ergo sum).

Ciò nonostante è anche vero che molte troupe cinematografiche si comportano come Attila.

Immaginiamocele un po’: un regista quasi sempre autoritario (si dice che chi fa il regista nasconda la sua pazzia, perché in realtà egli si crede Napoleone), attori inavvicinabili (anche le mezze calzette, anche quelle!), i tecnici quasi tutti Romani e come tali preoccupati, principalmente, di trovare un posto dove se magna bene (anche adesso, anche adesso!), e quando davano confidenza alla gente del posto lo facevano secondo la famosa scala dei valori italiani in base alla quale Roma è La Capitale, Milano Il Capitale, e il resto mancia.

E, in effetti, per cercare di parlare normalmente con i suddetti bisognava essere don Chisciotte, anche perché qualche volta i fatti superavano le parole e superavano anche i limiti imposti dalla buona educazione.

Vicino al balcone che dà sulla piazza principale e sulle porte del salone vi sono ancora i forellini causati dalle piccole cariche che fingevano le scariche di fucile. Li abbiamo voluti conservare (continua Giovannino) per ricordare quella esperienza che è stata indimenticabile. Quasi tutta la gente del paese ha lavorato nel film come comparsa, ed è stata pagata mille lire al giorno.

Anche io ho fatto la comparsa nella scena della rivoluzione (racconta la mamma di Giovannino), ma Castellani mi sembrava un tipo strano, non parlava quasi mai, e poi, io avevo l’impressione che non gli piacevano le donne.

Castellani era davvero curioso (continua Giovannino) quando c’è stata la scena della rivoluzione, ha fatto distruggere la nostra biblioteca e tanti altri oggetti. Fortunatamente abbiamo salvato il pianoforte. Che brigante quel Castellani”.


Cfr. Settenote, anno 1, n°1, Associazione Culturale Jonica Editore, agosto 1989. Giovanni Scarfò, La Calabria nel cinema, Cosenza, Edizioni Periferia, 1990, p. 157.


martedì 22 giugno 2010

Corigliano Calabro


Panorama di Corigliano

domenica 20 giugno 2010

Le Madonne di Scandale


Scandale. La Madonna a Largo Genuzzo. Foto degli anni Quaranta, proveniente dall’Archivio Aprigliano.


Notazioni e Appunti di Rossi-Doria e delle sue collaboratrici (1955).


Le Madonne:

La madonna di Condolio fa venire la pioggia e quella della Difesa fa venire il bel tempo.

Quando piove per lunghi giorni i contadini chiedono di fare portare la Madonna della Difesa in paese. La vanno a prendere al Santuario e la portano in chiesa. Succede la stessa cosa per la Madonna di Condoleo, quando non piove.

Il venerdì Santo. Ha luogo una processione il giovedì sera. La Madonna porta il Cristo morto. La statua è portata da quattro uomini sempre gli stessi e questo compito è fatto da famiglie da generazioni.

In paese sono 4 famiglie che si perpetuano questo compito da padre in figlio. Il venerdì mattina ha luogo un’altra processione alle 7. La Madonna dell’Addolorata è portata dai medesimi quattro uomini. Il Cristo morto è portato da giovani o uomini qualsiasi. Poi, la terza statua è quella di Gesù che fa orazione sotto gli ulivi.

In ordine viene il Cristo morto; Gesù tra gli ulivi e l’Addolorata. Prima di tutto viene il calvario. Alla fine della processione due bambini portano una piccola statua figurando il Cristo Re insanguinato.

Rosa, madre di 5 figli, diceva che avrebbe ancora avuti altri figli. Tutti quelli che vengono bisogna farli uscire e la bambina di 7 anni, aggiunse che devono rimanere nelle trippe. Tutti risero. La madre continuò, bisogna perbene far vedere i figli ai fratelli e alle sorelle.

Adolfo si vuole fare prete. Ha 8 anni. Improvvisamente, a tavola esclama: Mi faccio prete, ma quell’imbasciata non me la taglio.

Ma don Renato mo c’è lo dice al padre. Naturale che c’è lo dice il bambino l’ha vista.

Roma, Archivio ROSSI-DORIA, Notazioni ed appunti tratti dalle interviste agli abitanti di Scandale (1955), Volume II, fascicolo 9.


venerdì 18 giugno 2010

L’artista del vetro Silvio Vigliaturo all’Expo 2010


SILVIO VIGLIATURO nato ad Acri (Cosenza) il 3 febbraio 1949, residente a Chieri (Torino) è un pittore e scultore, maestro della vetro-fusione, la cui tecnica è riconosciuta, da esperti e critici, come unica al mondo.

Allo stand della Regione Calabria all’Expo 2010 di Shanghai erano esposte due sue sculture. Un evento di rilevanza mondiale e di indubbio fascino in cui il Made in Italy ha avuto la possibilità di dialogare con un universo complesso come quello cinese.




giovedì 17 giugno 2010

Arte e inganno: lo Scarabattolo


Lo Scarabattolo (armadio delle cianfrusaglie) è un dipinto di Andrea Domenico Remps (1620-1699). Commissionato probabilmente nel 1689 dal marchese Francesco di Cosimo Riccardi che era maggiordomo maggiore del granduca Cosimo III de’ Medici. Il quadro si trova all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.


mercoledì 16 giugno 2010

Le fontane di Scandale: I CANALI

I Canali in una foto pubblicata dal sito di Grisi


Riporto su questo blog, per chi non avesse avuto modo di leggerlo precedentemente, un interessante articolo di Fra Memoria di Leonia, pubblicato sul sito della Pro Loco nel 2008.


I Canali

Una volta, il luogo preferito di noi ragazzi Scandalesi era la zona dei “Canali”. Forse perché aveva il sapore del proibito. Trasgredendo alle raccomandazioni dei genitori, andavamo ai “Canali”, cioè al lavatoio pubblico, per un tuffo nelle fredde acque che scorrevano dall’antico serbatoio e riempivano le “cipie”, due vasche di pietra, lastricate all’interno di cemento. La grande che aveva ai bordi lastre di pietra scannellate posate inclinate, veniva utilizzata per la prima lavatura mentre la cipia piccola serviva per la sciacquatura.

La cipia grande era il nostro mare. Il mare vero ce lo proibiva la povertà. Per Crotone c’era soltanto una littorina ma anche volendo, non avevamo i soldi per acquistare il biglietto di andata e ritorno. Il mare era nella nostra fantasia che attingeva immagini suggestive dai racconti dei nonni. Quello della cipia era un mare senza onde e senza pesci con i fondali, spesso melmosi, dove la sciacquatura del bucato, depositava cenere e sporcizia.

Ai canali andavano tutti i giorni le lavandaie di mestiere. Erano donne bisognose al servizio delle famiglie possidenti. La mattina si caricavano una cesta sul capo con i panni sporchi e scendevano ai “Canali”. Arrivate sul piazzale, preparavano la “lissia”: accendevano il fuoco sotto i “quadaruni” e quando bolliva l’acqua miscelata con la cenere, vi calavano i panni sporchi più resistenti. (la parola dialettale “lissia”: analogia con “lisciva”, la miscela di carbonato sodico e potassio).

Un lavoro duro e sacrificato, specie d’inverno. Nella mia mente di bambino sono rimaste impresse, indelebili, immagini di donne anziane dal volto rugoso e scarno, invecchiate anzi tempo, affaticate nel fare la spola tra il quadaruno e la cipia. Una in particolare, si chiamava Mica, non dava segni di tristezza. Era contenta del suo lavoro perché pane per la sua numerosa figliolanza.

D’estate, nella pausa della “stinnitura”, le lavandaie si sdraiavano sull’erba di fronte al sole. Dicevano: “nasciucamo a vesta e puri l’ossa”. Già… le ossa! Anche allora c’erano i reumatismi ma mancavano le medicine.

Ai “Canali” non andavano soltanto le lavandaie di mestiere. Chi non poteva permettersi di pagare una lavandaia, andava al lavatoio pubblico, di solito in compagnia di qualche figlia. Le giovinette creavano un po’ d’allegria con canti e furtive movenze sensuali. Anche loro, guardando la cipia pensavano al mare! Le signorinelle ardimentose si bagnavano a bella posta le vesti per poi andare a sdraiarsi sul prato. Ridevano, cantavano e sapevano che ragazzi maliziosi si nascondevano dietro gli scini (lentisco), nella parte opposta del prato, a fare i guardoni con la smania di cogliere qualche ginocchio scoperto o posizioni scomposte delle “lucertole al sole”.

Giochi innocenti o maliziosi ma unica possibilità per un adolescente di riempirsi gli occhi di un pezzo di corpo femminile mentre l’eccitazione spingeva alla masturbazione di gruppo.

I “Canali” ora resistono all’usura del tempo e sono i testimoni di tante segrete cose. Oh se potessero raccontare i furtivi incontri amorosi a cui hanno assistito sul calare della sera! Avremmo uno spaccato di storia paesana molto interessante perché proprio ai “Canali” si davano appuntamento per sfidarsi, come i gli antichi cavalieri, i pretendenti di amori contrastati.

I Canali ora sono là a cantare le loro poesie, a sprigionare note di musica dolce e forse malinconica. Non ci sono più le lavandaie, né il vociare delle giovinette. Il progresso della tecnologia l’ha lasciati soli da quando in ogni casa è entrata la lavatrice e le donne non hanno più la fatica del bucato a mano . Non c’è più il piccolo prato per fare le lucertole al sole, né i ragazzi vanno per fare i guardoni o per tuffarsi nelle acque fredde delle cipie. Ora si va al mare vero e sulla sabbia non si scopre solo il ginocchio ma il corpo intero, a volte arrotolato sotto un ombrellone, a volte provocante sopra un telo.

I “Canali” rappresentano un pezzo della nostra storia. Sono un monumento degno d’ogni rispetto e meritevole d’ogni ricordo. Quando nel 1961, si dovette aggiornare la toponomastica di Scandale, il compito venne affidato ai rilevatori del censimento della popolazione, scelti dal Comune nelle persone dei giovani studenti Giuseppe Nicoletta, Luigi Demme, Giuseppe Rizzuto e Luigi Carvelli. Sulla strada che porta ai “Canali” erano da qualche anno sorte delle abitazioni. Bisognava allora dare un nome a questa strada e fu proprio Luigi Demme che propose di intitolarla “Via Fontane vecchie”. Giusto riconoscimento, dunque, ai “Canali” pienamente condiviso, come si fa con un benefattore dell’umanità, con un protagonista al servizio gratuito della gente.

Erano stati i nostri antenati a creare questa struttura per ricavare l’acqua necessaria a dissetare la popolazione. In fondo alla valle del paese individuarono una grande falda acquifera, e li scavarono due pozzi canalizzando il flusso dell’acqua nel serbatoio da dove le due fontane – i canali - da circa un secolo e mezzo scorrono giorno e notte sempre con lo stesso getto, sempre con la stessa armonia, sempre con lo stesso canto, sempre con la poesia che non invecchia mai ed emoziona ancora le menti di quanti non hanno spezzato i fili sensibili del cuore.


lunedì 14 giugno 2010

Cosenza di notte


Panorama di Cosenza

domenica 13 giugno 2010

Nel 1269 il feudo di SCANDALE passa alla famiglia SANFELICE



Sulla destra lo Stemma della nobile famiglia Sanfelice. Di origine normanna, presero questo cognome perché avevano in concessione il castello di San Felice in provincia di Caserta.

In Calabria, oltre ai feudi di Scandale, San Leone e Turrutio, avevano la baronia di Amendolara in provincia di Cosenza, Labonìa vicino Rossano, il casale di Roccella, alcuni feudi vicino Castrovillari ed erano anche conti di Corigliano.

Nel 1269 il re Carlo d’Angiò, decise di assegnare come beneficium terriero, la metà delle terre di Forleto, San Leone e Scandale a Berlingerio e Giordano Sanfelice, per i grandi e graditi servizi resi da questi militi nella conquista del regno di Sicilia. I tre Feudi erano pervenuti al Fisco Reale per restituzione fatta dal feudatario precedente che si chiamava Giovanni di Notolio.

Sembra che Giordano, che era il capo famiglia, mandò a firmare l’Atto notarile il fratello Berlingerio, che aveva fatto studi di giurisprudenza. Dopo pochi anni i Sanfelice diventarono padroni di tutto il territorio di Scandale, San Leone e Turrutio. Per quanto riguarda Forleto, non è altro che un errore dei copisti francesi della Cancelleria Angioina che trascrivevano male il nome di Turrutio, che su molti documenti dell’epoca era anche conosciuto come Zorleto, Torlochio o Torleto.

Dalla documentazione superstite risulta che, dal 1291 in poi, i tre feudi furono così divisi: una parte a Beatrice (sposata con Giovanni Vigerio) e l’altra a Giordanello, i due figli di Giordano Sanfelice. Nel 1419 il feudatario è Giacomo Sanfelice. Nel Quattrocento, Scandale era un paese fantasma, completamente disabitato e il re l’aveva assegnato in un primo momento ai Ruffo e, nel 1496, Federico d’Aragona lo vendette ai Carafa. Nel 1512 il nobile cosentino Giulio Sanfelice, barone di Amendolara (Cosenza), tentò di riprendersi i feudi di Scandale, San Leone e Turrotio, perché risultava legalmente erede, ma dato che era filo francese e non filo spagnolo, Consalvo di Cordova già dal 1503 gli aveva confiscato i feudi per confermarli ad Andrea Carafa. Ne seguì una lunga causa che fu vinta in un primo tempo da Carafa, ma risulta dai documenti che nel 1540 era ancora in corso una lite giudiziaria fra il conte di Santa Severina e Luca e Carlo Sanfelice.

Il documento del 1269 che segue è la traduzione dell’originale in latino:


“Carlo, per grazia di Dio re di Sicilia, del ducato di Puglia e del principato di Capua, conte di Provenza. Con il presente privilegio rendiamo noto a tutti che noi, come ricompensa della buona disposizione di coloro che ci obbediscono, considerandoli in misura proporzionale, provvediamo.

Considerata dunque la notevole, gradita e bene accetta sudditanza di cui Berlingerio di Sanfelice, soldato, ha dato prova alla nostra serenità e di cui speriamo che egli continuerà a dar prova in futuro, doniamo al predetto Berlingerio ed ai suoi eredi di entrambi i sessi legittimamente discendenti da lui, già nati e non ancora nati, la metà delle terre o dei casali di Forleto, San Leone, Scandale e Colonie siti nel Giustizierato della Valle del Crati e della Terra Giordana, con gli uomini, i vassalli, i possedimenti, le vigne, i terreni colti ed incolti, le pianure, i monti, i prati, i boschi, i pascoli, i mulini, le acque, i corsi d’acqua, con tutti i diritti, le competenze e le pertinenze relativi ad esse, e gliele concediamo a titolo di donazione come nobile feudo secondo la nostra usanza e la consuetudine del nostro regno, per esclusiva nostra generosità e per speciale favore, investendo in questo momento lo stesso predetto Berlingerio, purché tramite il nostro anello essi tengano e possiedano perpetuamente e in persona la metà delle predette terre o casali ricevuti da noi e dai nostri eredi e successori nel Regno di Sicilia, e di conseguenza non riconoscano nessun altro superiore né signore tranne noi, i nostri eredi e i nostri successori e in cambio di questa metà delle terre e dei casali abbiamo ricevuto dallo stesso Berlingerio l’omaggio e il giuramento di fedeltà, mantenendosi di competenza nostra e dei nostri eredi e successori nel nostro regno i giuramenti di fedeltà dei feudatari, e mantenendosi anche di competenza nostra e dei nostri eredi e successori nel nostro regno le cause criminali, per cui si dovrà prevedere la pena di morte corporale o il taglio di parti del corpo o l’esilio; salva nondimeno la servitù a noi dovuta secondo l’uso del regno. Che alla nostra corte per questa metà sono dovute in considerazione della maggiore signoria, abbiamo e dobbiamo avere in altre terre o casali dello stesso regno affinché questa nostra concessione e donazione ottenga pieno valore giuridico. Ordiniamo che d’ora in poi la presente disposizione abbia valore di privilegio e che sia confermata dal sigillo della nostra Maestà. Dato negli accampamenti nell’assedio di Lucera, alla presenza di Pietro Camerario, Drogone di Belmonte Maniscalco del Regno di Sicilia; Roberto di Lavena, Professore di diritto civile e penale e Iezzolino di Marra, capo contabile della nostra eccelsa Corte. Dato nell’anno1269, nel mese di agosto, il giorno 7 dello stesso mese, indizione XII, sotto il regno del signor Carlo, gloriosissimo re di Sicilia, il quinto anno del suo regno, sia fatta felicemente la sua volontà”.


Accademia Pontaniana, Registri della Cancelleria Angioina, vol. XV, Napoli, Presso l’Accademia, 1966, p. 66.


venerdì 11 giugno 2010

Massime e aforismi

La scuola filosofica di Atene di Raffaello


Pindaro. Nacque a Cinocefale presso Tebe nel 518 a.C. Morì ad Argo nel 438 a.C.


“Se il nostro destino è comunque morire, che senso ha aspirare solo a smaltire nell’ombra una vecchiaia anonima, senza un po’ di splendore?”

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Eraclito, il filosofo del divenire “tutto scorre” (panta rhei).

Originario di Efeso visse tra il 550 e il 500 a.C. Le notizie sulla sua vita sono scarse.


“Il carattere dell’uomo è il suo destino”.


“Gli asini, se avessero la facoltà di scegliere, all’oro preferirebbero la paglia”.

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Crizia: Atene intorno al 460 a.C., morì nel 403.


“Nulla è più pericoloso di un pazzo che sembra savio”

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Euripide. Nacque a Salamina tra il 485 e il 480 a.C. Morì a Pella in Macedonia nel 406 a.C.


“Ogni Stato è diviso in tre partiti. Il primo è costituito dai ricchi, gente inutile e sempre avida di ricchezze. Il secondo è quello dei poveri, gente violenta e invidiosa che, ingannata dalle calunnie di capi perversi, non fa che prendersela con i ricchi. Il terzo è formato dalla classe media ed è quello che osserva le leggi, che mantiene l’ordine e che fa prosperare lo Stato”.

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Protagora: nato ad Abdera intorno al 480, morì intorno al 410 a.C. in un naufragio mentre cercava di raggiungere la Sicilia.


“Riguardo agli Dei non è possibile accertare né che ci sono né che non ci sono, in quanto impediscono di saperlo l’oscurità dell’argomento e la brevità della vita umana”.

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Teognide. Visse tra il VI e il V secolo a.C. Di famiglia aristocratica visse a Megara Iblea, in Sicilia, dove secondo alcuni sarebbe anche nato.


“Chi non ama i ragazzi, i cavalli dalle zampe veloci e i cani, non sa cosa sia la felicità”.

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Eschilo. Nacque ad Eleusi nel 525/24 a.C. Morì a Gela nel 456 a.C.


“Chi sporca l’acqua limpida con il fango non troverà mai da bere”.

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Aristotele: nato a Stagira nel 384 a.C., figlio del medico del re di Macedonia, educò Alessandro Magno e successivamente ad Atene fondò una scuola detta il Liceo. Considerato il più grande filosofo dell’antichità, morì a Calcide nel 322 a.C.


“La cultura è un ottimo viatico per la vecchiaia”.


“Il mito è un insieme di cose che destano Meraviglia”.


“Chi ha deciso di fare del male non fatica a trovare un pretesto per farlo”.


“I giovani sono fiduciosi perché non hanno ancora avuto il tempo di essere ingannati”.


“Le persone oneste e intelligenti difficilmente fanno una rivoluzione, perché sono sempre in minoranza”.


“La vera garanzia di un buon governo consiste nel provvedere che le leggi siano rispettate e nel non permettere mai la benché minima infrazione. Le infrazioni lievi, infatti, sono insensibili, ma sono come le piccole spese che sommandosi le une alle altre portano alla rovina”.


giovedì 10 giugno 2010

Poesia di Luigi Demme

LEGGERA VOLTEGGI NELL’ARIA


Leggera volteggi nell’aria,

sospinta da brezza gentile;

profumi di nuovo, di fresco

tu tenero fiore d’aprile.


Ti apri, corolla allettante,

su scialbo e monotono prato,

esponi, indifesa tua vita

all’orrido ch’è in agguato.


Ed ecco, improvvisa, t’assale,

tempesta di grandine e gelo,

richiudi delusa, i tuoi petali ,

colpita, reclini il tuo stelo.


Benefica linfa vitale,

il sole ritorna a scaldarti;

tu timida, occhieggi alla vita:

sei fiore non puoi non svegliarti.


mercoledì 9 giugno 2010

Foto Mondiali Sudafrica 2010

Il Soccer City Stadium di Johannesburg




martedì 8 giugno 2010

Da Scandale a Vancouver: gli emigrati raccontano



Noi ci dimentichiamo spesso delle persone emigrate da Scandale decine di anni fa, ma loro non si dimenticano mai del loro piccolo paese dove sono nati. Proprio pochi giorni fa vedevo per caso sul sito di Cesare Grisi, nella sezione “avvenimenti 2010”, un articolo con delle foto del nostro compaesano Francesco Cirillo (Ciccio, per gli amici) che ci ricorda, con parole semplici, i festeggiamenti dei 50 anni trascorsi dalla famiglia nel lontano Canada, assieme a Domenico, Italo, Giuseppe, Alberto e la sorella Emma, figli di Flavio Cirillo e di Amelia Noce. Riporto di seguito solo alcuni passi del racconto di questo lungo viaggio che, nel suo piccolo, fa comunque parte della storia di Scandale e dei suoi emigranti:


“Con grande rammarico e apprensione per un futuro incerto, insieme alla nostra cara mamma, lasciammo la nostra amata Scandale e i nostri parenti il 22 aprile 1960, alla volta di Napoli dove ci imbarcammo sulla M/N Augustus.

Dopo un lungo viaggio in mare durato undici giorni, sbarcammo ad Halifax, Nova Scotia, il cinque maggio”. [...]


“Il 5 maggio, all’alba, la nave approda al Pier 21 (Molo 21). Si scende dalla nave. In un grande edificio, oggi Museo dell’Emigrazione, che, con grande emozione, ebbi l’occasione di vistare nel 2009, si passa da un salone ad un altro per la procedura: controllo passaporti, certificato medico, interrogazioni in inglese con l’assistenza di un interprete – c’è gente di varie nazionalità. Per la prima volta ci viene assegnato un numero, il codice fiscale. Si passa alla dogana. Vengono ispezionati i bauli e le valige, alcune di cartone, che contengono i pochi averi che questi poveri emigranti portano con se. Poi, per opera dell’Ufficio Cattolico Canadese per l’Emigrazione, ci vengono dati dei soldi, dei dollari, che sarebbero serviti per il cibo durante il viaggio in treno.

Nel tardo pomeriggio si forma un’altra fila. Ci fanno salire in treno. Ci assegnano i posti in seconda classe. Non ci sono cuccette. I sedili di pelle si possono allungare – per una notte e un giorno questi serviranno da sedile e da lettino fino a Montreal. Qui si cambia sul treno della CNR (Canadian National Railway). Un interprete italiano ci dice che il viaggio per attraversare il Canada dall’Atlantico al Pacifico dura cinque lunghi giorni. Di nuovo non ci sono cuccette ma sedili di velluto che si allungano e un vagone ristorante. La sola cosa da fare è guardare per i finestrini e ammirare l’immensità di questo Paese: le montagne ancora coperte di neve e i laghi, la flora e la fauna, le praterie immense dove già si fa il raccolto del grano – per noi cosa strana perché è ancora primavera - poi le Montagne Rocciose della Columbia Britannica.

All’alba del dieci, il treno attraversa lentamente il ponte arancione che io riconosco da una cartolina – è il Pattullo. Finalmente siamo arrivati a casa. Il treno si ferma nella stazione di New Westminster, a 20 Km da Vancouver. Ad attenderci c’è nostro padre, che non vedevamo da esattamente tre anni: sembra molto più giovane di quando era partito nel ’57, e nostro zio Alberto, emigrato nel 1952. La stanchezza non si fa più sentire. Baci, abbracci, emozione. Siamo molto contenti. La nostra famiglia è di nuovo insieme e nessuna cosa ci separerà mai più.

Incomincia così la nostra vita in Canada. In terra di emigrazione non tutto è oro quello che luccica. La nostra vita, come quella di tutti gli emigrati, non è stata tutta rose, ci sono state anche le spine: una lingua sconosciuta, una struttura scolastica diversa dalla nostra con anche un po’ di bullismo, gente di nazionalità, lingue e culture diverse che, come noi, è venuta in cerca di un futuro migliore; gente diversa, ma accogliente, che fa del Canada quel “melting pot” che lo rende noto in tutto il mondo, dove tutti, immigrati o rifugiati, abbiamo gli stessi diritti: praticare la nostra lingua, la nostra cultura e la nostra religione garantitici dalla Costituzione e dalla Carta dei Diritti Civili.

Nel ’60 la nostra famiglia aumenta di numero con la nascita di Fernando e nel ’63 con la nascita di Rosalba.

Abbiamo perseverato nelle avversità e con l’aiuto di Dio e con la nostra buona volontà siamo riusciti bene nella vita. Io sono professore di lingue romanze e ormai in pensione, Domenico e Alberto sono parrucchieri e proprietari dei propri saloni, Emma è commessa in un negozio di abbigliamento, Italo è carrozziere e Giuseppe editore di riviste e guide telefoniche. Fernando è vetraio con ditta propria, e Rosalba, segretaria di azienda.

Anche se sono trascorsi cinquanta anni da quando lasciammo la nostra patria, ci sentiamo fieri di essere italiani e soprattutto Scandalesi. Come tali, conserviamo il nostro dialetto, la nostra cultura e le nostre tradizioni, specialmente quelle culinarie, che cerchiamo di tramandare ai nostri figli che, come noi, sono fieri di chiamarsi italo-canadesi”.




lunedì 7 giugno 2010

Foto Scilla


PANORAMA DI SCILLA


domenica 6 giugno 2010

Scandale, secondo l’Inchiesta Parlamentare del 1908

Scandale. Piazza San Francesco, anticamente chiamata Piazza Duomo, in un quadro del pittore Nicola Santoro.


Scandale, secondo l’Inchiesta Parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle province meridionali.


Nel 1908 venne avviata un’Inchiesta Parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle province meridionali e nella Sicilia, presieduta da Francesco Nitti. Il volume V è dedicato alla Basilicata e alla Calabria.

A pagina 210 vengono elencati quanti cittadini di Scandale pagavano le imposte. Possedevano terreni 316 persone di cui 291 pagavano fino a 50 lire, 4 da 50 a 100 lire e 21 oltre le 100. L’imposta sui fabbricati la pagavano 305 persone di cui 303 fino a 50 lire e 3 da 50 a 100.

A pagina 222 riporta che il paese ha, secondo il Catasto, un’estensione di 3.880 ettari divisi in 1030 di 1ª classe, 1525 di 2ª e 1325 di 3ª. In questi numeri sono compresi 374 di latifondo per coltura, divisi in 204 seminativo e 170 di pascolo.

Il colle Bosco Ferrato ha un’estensione di 100,00 ettari con sorgenti di acqua, quotizzato nel 1888 con un canone corrispettivo ottenuto dal Comune di 4373,17 lire (p.501). A pagina 598 risulta che nel 1901 emigrarono all’estero 42 persone e

nel 1910, sotto la voce emigrazione complessiva risultavano 5 in più, cioè 47. Sempre nella stessa pagina vengono riportati i risparmi postali degli scandalesi che nel 1901 ammontavano a 18.826 lire e nel 1906 a 26.907.

Per l’istruzione elementare, nel 1908 risultano stanziati 2.423,02 lire che comunque, dice una nota, non erano sufficienti.


Inchiesta Parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle province meridionali e nella Sicilia, Vol. V, tomo IV, Basilicata e Calabria, Roma, Tipografia Nazionale di Giovanni Bertero, 1910.


sabato 5 giugno 2010

Paesi di Calabria: Cleto

Panorama di Cleto in provincia di Cosenza


venerdì 4 giugno 2010

SCUOLA DI TAGLIO a Scandale nel 1955


Questa foto del 1955 si trova nel libro di Manlio Rossi-Doria, Un paese di Calabria, l'Ancora del Mediterraneo, Napoli, 2007. Secondo le informazioni che mi ha dato un amico scandalese, la donna in piedi è Santina Barberio, figlia di Gerardo e Luigina Barberio e sorella di Leopoldo. Delle ragazze che ricamano non si conosce momentaneamente il nome della prima: la seconda e la terza sono Caterina e Mica, Figlie di Ciccio Simbari.


Scandale, 24 aprile 1955.

Scuola di Economia domestica e taglio.


Corso fatto dall’Ente Sila inaugurato a gennaio 1955 per le ragazze dei quotisti. L’Ente fornisce tutto il materiale.

Il regolamento del corso:

Il corso ha luogo ogni giorno salvo la domenica dalle 8,30 alle 13,30.

Sono previste a turno 8 ore di teoria e 2 ore di lavori pratici.

Al corso possono solo essere iscritte 26 ragazze. Il corso si tiene in un’aula con una piccola finestra laterale e una porta con vetri rotti. In fondo alla sala una tavola con panche, dove si siedono le ragazze.

Dovevano essere 23 figlie di quotisti e tre figli di coltivatori diretti, 18 con la quinta e 8 con la terza elementare. Il corso è iniziato il 10 gennaio e finisce il dieci giugno. A metà giugno ci saranno gli esami, verrà una commissione esterna e saranno dati premi così ripartiti da primi premi, y 2 premi, 3, terzi premi (20 ragazze perciò saranno premiate. A loro sarà regalata una certa somma).


Le maestre:

Sono due ragazze, provviste del diploma delle magistrali tecniche.

Hanno fatto richiesta all’Ente perché senza lavoro. Vengono da Pedace: paese da quanto sentito da loro in grande progresso confronto a Scandale e soffrono la lontananza dalla famiglia. Prendono 28.000 lire mensili e fanno questo corso per avere un punteggio superiore e potersi presentare a un concorso per scuole tecniche.

L’insegnante delle materie tecniche ha 21 anni e segue le ragazze con molta cura. Potrebbe e dovrebbe occuparsi di quelle 27 ragazze con molta più competenza. Si limita ad insegnare loro i punti essenziali di ogni materia.

Naturalmente il modo di trattare queste materie non è per niente adeguato all’ambiente. Per esempio: igiene della camera dell’ammalato: “La camera deve essere ampia ed esposta a mezzogiorno”. L’altra è più anziana e ha già fatto così per un altro ente. Sembra più matura. È stato buffo sentire dalla giovane insegnante questa frase: “Ci chiamano qua sarte di taglio: avevano studiato 8 anni per sentirsi chiamare sarte”.

Delle 26 ragazze iscritte solo 21 frequentano il corso. Le assenze sono in genere dovute a cause familiari. Le ragazze devono aiutare in casa.

Delle 26 ragazze 8 hanno solo la licenza elementare inferiore; 17 la licenza elementare superiore e una la terza media.


1939......Cizza Rosa di Alberto........................V

1939......Cirillo Maria di Attilio........................V

1940......Cirillo Maria di Tommaso..................V (manca)

1940......Cirillo Lucia di Salvatore...................III

1941......Cirillo Rosaria di Attilio.....................V (manca)

1937......Coriale Domenica di Carmine...........III media

1940......Coriale Silvia di Giuseppe.................III

1940......Corigliano Natalina...........................III

1940......Costanzo Maria di Angelo..................III (manca)

1938......D’Amato Giovannina di Giuseppe......V

1940......Demme Luisa di Carmine..................III

1939......Esposito Cesira di Vincenzo..............III

1939......Grande Antonietta di Domenico........V

1939......Greco Giovanna di Francesco............V

1942......Paparo Teresa di Pantaleone..............V

1942......Santoro Maria di Pietro......................V (manca)

1940......Santoro Fiorina di Pietro....................V

1940......Scalise Flora fu Salvatore..................V

1941......Scalise Maria di Raffaele....................V

1942......Tiano Carmelina fu Antonio..............V

1940......Tiano Beniamina fu Antonio.............V

1938......Tallarico Rosa di Giuseppe................V

1939......Trivieri Antonietta di Nicola...............III (manca)

1941......Trivieri Domenica di Carmine...........V

1938......Trivieri Elisabetta di Rosario.............III

1936......Citriniti Caterina di Gaetano.............V


Questa è soltanto una sintesi di un articolo molto più lungo. Cfr. Notazioni e Appunti di Rossi-Doria e delle sue collaboratrici, A.N.I.M.I., Roma, Archivio Rossi-Doria, fascicolo 9, vol. II (dattiloscritto).