Il Professor Manlio Rossi-Doria (a sinistra nella foto), condusse a Scandale, tra il 1954 ed il 1956, una indagine sulla Riforma agraria per conto dell’UNESCO. La relazione finale di questo lavoro, purtroppo, non è stata pubblicata allora, ma nel 2007 a cura del Professor Michele De Benedictis.
L’indagine presenta un precisa analisi tecnica ed economica e un quadro illuminante della vita di una piccola comunità, in questo caso scandalese, in una fase di rottura di antichi equilibri economici e sociali.
In poche parole negli anni Cinquanta l’UNESCO finanziò un progetto organico articolato su tre studi condotti da diverse equipe in differenti realtà territoriali. Queste furono individuate nel Lazio, in Puglia e in Calabria. La prima indagine fu condotta a Ceri, frazione di Cerveteri in provincia di Roma e fu affidata al cattolico Achille Ardigò, docente di Sociologia all’Università di Bologna. La seconda a Gravina di Puglia in provincia di Bari, condotta dal socialista prof. Gino Giugni, docente di Diritto del lavoro alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma. La terza a Scandale, condotta dal prof. Rossi-Doria dell’Università di Napoli – Portici.
Il Professor Manlio Rossi-Doria, studioso di economia e politica agraria, in gioventù cominciò a fare esperienza diretta in Basilicata, in Val d’Agri, presso l’azienda Eugenio Azimonti (1924-1928). Successivamente, ha sofferto il carcere (5 anni) per la sua attività antifascista e fu condannato a 3 anni di confino (San Fele, Melfi, Avigliano). Uscito dal Partito Comunista nel 1939 fu fra i fondatori del Partito d’Azione e prese parte alla Resistenza. Fu tra gli animatori della Riforma Agraria in Calabria e condusse in Puglia e Basilicata una battaglia per il rinnovamento politico, sociale ed economico. Nel 1959, con l’aiuto dell’Università della California, di un finanziamento della “Fondazione Ford” e della Cassa per il Mezzogiorno, creò il Centro di specializzazione e ricerche economico-agrarie, presso
Fu consigliere della Cassa per il Mezzogiorno e senatore del P.S.I. per due legislature. È stato per molti anni Presidente dell’Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia (A.N.I.M.I.).
Sicuramente, con il suo impegno, ha posto le basi per una conoscenza approfondita dell’economia e della politica agraria del meridione. Ha confermato la necessità di un’accorta penetrazione nel sociale delle attività produttive, pubbliche e private legate al progresso tecnico ed innovativo tramite la trasformazione agraria.
Non lesinava critiche a certi apparati dello Stato che spesso definiva “Uffici superflui”. Infatti, in una lettera a Vittorio Fiore (settembre 1945) per quanto riguardava all’epoca il vecchio e non risolto problema del ruolo dello Stato e dei privati e il rapporto tra centro e periferia, scriveva: “Il primo colpo da dare è quello di liberare tutta la vita periferica dell’agricoltura dall’ossessionante tutela del Ministero il quale, snellito e privato di inutili poteri, dovrebbe sì dettare gli indirizzi da seguire, le leggi da applicare e coordinare l’attività degli uffici e degli organi periferici, ma può far questo solo a patto di dare a questi uffici e organi l’autonomia senza la quale non c’è la responsabilità e aderenza alla realtà”.
Nel 1951-52
Rossi-Doria considerava l’agricoltura come momento di partenza per affrontare la realtà delle campagne. Aveva una visione globale dei problemi dell’economia e teneva presente il rapporto che aveva l’agricoltura con l’industria e la distribuzione nei meccanismi interni della società meridionale.
In un saggio di molti anni fa dal titolo “Intervista sul Mezzogiorno”, Peppino Galasso e Gerardo Chiaromonte accusarono il gruppo di Portici di aver minimizzato la civiltà contadina, di essere dei proto-cristiani e degli anti industrialisti. In verità, in tutti i discorsi di Rossi-Doria sulle politiche di sviluppo, la maggiore attenzione era data alle prospettive dello sviluppo industriale del Mezzogiorno che doveva essere l’elemento portante per il rilancio di tutto il meridione. Insisteva nel dire che bisognava formare, dai contadini agli imprenditori, nuovi soggetti che dovevano lavorare nel Mezzogiorno. E vedeva positivamente l’importanza formativa che potevano avere i Consorzi di Bonifica.