lunedì 4 gennaio 2010

Lettera dell’Onorevole Carlo Poerio al Barone Salvatore Drammis (1861).


Riporto di seguito quello che è rimasto di una lettera dell’Onorevole Carlo Poerio (a sinistra nella foto) al barone Salvatore Drammis.

Il barone Salvatore Drammis, di Scandale, legato al Poerio da antichi vincoli di amicizia e di parentela, gestiva, di suo, vaste industrie agricole ed armentizie e conduceva, anche alcuni dei fondi del Poerio nel territorio catanzarese. Ma in quegli anni di perturbamenti politici e sociali, che, col dilagare del brigantaggio, avevano reso assai malsicure le campagne, il Drammis, al pari di altri grossi affittuari e proprietari della regione, era venuto nella determinazione di ritirarsi dalle industrie e di rinunziare alla conduzione dei terreni del Poerio. La lunga lettera, che è solo la minuta o una copia autografa di quella inviata a destinazione, si intratteneva anche su questioni politiche; ma di essa ci è giunto solo un terzo essendo andati perduti i due primi foglietti con la data.


Barone Carlo Poerio al barone Salvatore Drammis (1861).


[…] crisi ministeriale, specialmente se tenete presente che Ricasoli voleva sinceramente andare a Roma, che per noi meridionali è questione di vita o di morte, e che questo vivo desiderio in un Ministero che voi stesso qualificate “piemontese”, è per lo meno problematico.

Questa mattina è venuto a vedermi il mio antico Amico Antonino Plutino, che viene costà per Prefetto. Abbiamo lungamente discorso delle condizioni deplorabili della Provincia, e delle persone sulla cui cooperazione potesse contare per far cessare questo stato doloroso. Come potete bene immaginare la vostra degna Persona non è stata estranea al nostro colloquio, ed è stata rammentata con la debita lode.

Sento con vivo dispiacere che siete inclinato a dismettervi delle industrie. Voglio sperare che la repressione totale del brigantaggio possa far risorgere la pubblica fiducia, e restaurare le condizioni economiche della Provincia. In tal caso tengo per fermo che cesserà la vostra momentanea ripugnanza a continuare le vostre industrie, e che quindi non saranno interrotti quei benevoli rapporti stabiliti da tanti anni tra le nostre famiglie con pienissima soddisfazione per parte della mia, e che spero sia reciproca; e che io potrò finché avrò vita annoverarvi tra coloro che mi assicurano il reddito della mia modesta fortuna, e che non mi sono venuti mai meno ne’ giorni delle mie sventure.

Che se poi per quell’infortunio che mi accompagna nel corso della mia travagliata esistenza, voi persisterete nel vostro progetto di ritirarvi da siffatte speculazioni, invoco almeno dalla vostra antica amicizia di rinnovare il nostro contratto almeno per un anno; ovvero nella peggiore ipotesi, di aiutarmi con tutti i vostri mezzi affinché i miei fondi non restino inaffittati, come purtroppo mi è accaduto quest’anno col Casiglione. Il che per me è stato di gravissimo danno, poiché assottigliate le mie scarse rendite, mi è stato impedito di andare alle acque termali in Isvizzera, come era consiglio de’ Medici. Io, mio riverito Amico, voto il bilancio dello Stato, ma non prendo un centesimo, ma vivo delle mie scarse rendite depurate dai molti pesi che mi aggravano, contentissimo della mia povertà e della mia indipendenza.

Ma il campar d’aria non è dato a nessun vivente, e la prospettiva di rimanere nella mia età già matura e con le mie infermità, senza il puro necessario alla vita, è un quadro tutt’altro che ridente. Confido dunque nella vostra amorevolezza, e nella vostra operosa amicizia, e nulla aggiungo.

Scuserete, spero, le lungaggini di questo scritto, che non oso chiamar lettera. Ma l’importanza degli argomenti pubblici e privati che ne formano il subbietto, mi ha fatto scorrere la penna oltre il dovere. E poi vi scrivo di notte, nella mia solitaria stanzetta, dove le ore scorrono senza che io me ne avveda, giacché sono abituato ad occuparmi, e per mia mala ventura soffro d’insonnia, sicché di questo mio infortunio ne sono vittime gli amici lontani.

Sono lieto intanto di potervi assicurare che per tutto il resto la mia salute migliora, e che posso dirmi quasi del tutto ristabilito.

Conservatemi la vostra buona amicizia, e credetemi con pienezza di stima e di affetto. Vostro affettuosissimo Amico vero, Carlo Poerio.


Carteggi di Vittorio Imbriani, Voci di esuli politici meridionali, Lettere e documenti dal 1849 al 1861 con appendici varie, a cura di Nunzio Coppola, Istituto per La Storia del Risorgimento Italiano, ROMA, 1965.