domenica 13 giugno 2010

Nel 1269 il feudo di SCANDALE passa alla famiglia SANFELICE



Sulla destra lo Stemma della nobile famiglia Sanfelice. Di origine normanna, presero questo cognome perché avevano in concessione il castello di San Felice in provincia di Caserta.

In Calabria, oltre ai feudi di Scandale, San Leone e Turrutio, avevano la baronia di Amendolara in provincia di Cosenza, Labonìa vicino Rossano, il casale di Roccella, alcuni feudi vicino Castrovillari ed erano anche conti di Corigliano.

Nel 1269 il re Carlo d’Angiò, decise di assegnare come beneficium terriero, la metà delle terre di Forleto, San Leone e Scandale a Berlingerio e Giordano Sanfelice, per i grandi e graditi servizi resi da questi militi nella conquista del regno di Sicilia. I tre Feudi erano pervenuti al Fisco Reale per restituzione fatta dal feudatario precedente che si chiamava Giovanni di Notolio.

Sembra che Giordano, che era il capo famiglia, mandò a firmare l’Atto notarile il fratello Berlingerio, che aveva fatto studi di giurisprudenza. Dopo pochi anni i Sanfelice diventarono padroni di tutto il territorio di Scandale, San Leone e Turrutio. Per quanto riguarda Forleto, non è altro che un errore dei copisti francesi della Cancelleria Angioina che trascrivevano male il nome di Turrutio, che su molti documenti dell’epoca era anche conosciuto come Zorleto, Torlochio o Torleto.

Dalla documentazione superstite risulta che, dal 1291 in poi, i tre feudi furono così divisi: una parte a Beatrice (sposata con Giovanni Vigerio) e l’altra a Giordanello, i due figli di Giordano Sanfelice. Nel 1419 il feudatario è Giacomo Sanfelice. Nel Quattrocento, Scandale era un paese fantasma, completamente disabitato e il re l’aveva assegnato in un primo momento ai Ruffo e, nel 1496, Federico d’Aragona lo vendette ai Carafa. Nel 1512 il nobile cosentino Giulio Sanfelice, barone di Amendolara (Cosenza), tentò di riprendersi i feudi di Scandale, San Leone e Turrotio, perché risultava legalmente erede, ma dato che era filo francese e non filo spagnolo, Consalvo di Cordova già dal 1503 gli aveva confiscato i feudi per confermarli ad Andrea Carafa. Ne seguì una lunga causa che fu vinta in un primo tempo da Carafa, ma risulta dai documenti che nel 1540 era ancora in corso una lite giudiziaria fra il conte di Santa Severina e Luca e Carlo Sanfelice.

Il documento del 1269 che segue è la traduzione dell’originale in latino:


“Carlo, per grazia di Dio re di Sicilia, del ducato di Puglia e del principato di Capua, conte di Provenza. Con il presente privilegio rendiamo noto a tutti che noi, come ricompensa della buona disposizione di coloro che ci obbediscono, considerandoli in misura proporzionale, provvediamo.

Considerata dunque la notevole, gradita e bene accetta sudditanza di cui Berlingerio di Sanfelice, soldato, ha dato prova alla nostra serenità e di cui speriamo che egli continuerà a dar prova in futuro, doniamo al predetto Berlingerio ed ai suoi eredi di entrambi i sessi legittimamente discendenti da lui, già nati e non ancora nati, la metà delle terre o dei casali di Forleto, San Leone, Scandale e Colonie siti nel Giustizierato della Valle del Crati e della Terra Giordana, con gli uomini, i vassalli, i possedimenti, le vigne, i terreni colti ed incolti, le pianure, i monti, i prati, i boschi, i pascoli, i mulini, le acque, i corsi d’acqua, con tutti i diritti, le competenze e le pertinenze relativi ad esse, e gliele concediamo a titolo di donazione come nobile feudo secondo la nostra usanza e la consuetudine del nostro regno, per esclusiva nostra generosità e per speciale favore, investendo in questo momento lo stesso predetto Berlingerio, purché tramite il nostro anello essi tengano e possiedano perpetuamente e in persona la metà delle predette terre o casali ricevuti da noi e dai nostri eredi e successori nel Regno di Sicilia, e di conseguenza non riconoscano nessun altro superiore né signore tranne noi, i nostri eredi e i nostri successori e in cambio di questa metà delle terre e dei casali abbiamo ricevuto dallo stesso Berlingerio l’omaggio e il giuramento di fedeltà, mantenendosi di competenza nostra e dei nostri eredi e successori nel nostro regno i giuramenti di fedeltà dei feudatari, e mantenendosi anche di competenza nostra e dei nostri eredi e successori nel nostro regno le cause criminali, per cui si dovrà prevedere la pena di morte corporale o il taglio di parti del corpo o l’esilio; salva nondimeno la servitù a noi dovuta secondo l’uso del regno. Che alla nostra corte per questa metà sono dovute in considerazione della maggiore signoria, abbiamo e dobbiamo avere in altre terre o casali dello stesso regno affinché questa nostra concessione e donazione ottenga pieno valore giuridico. Ordiniamo che d’ora in poi la presente disposizione abbia valore di privilegio e che sia confermata dal sigillo della nostra Maestà. Dato negli accampamenti nell’assedio di Lucera, alla presenza di Pietro Camerario, Drogone di Belmonte Maniscalco del Regno di Sicilia; Roberto di Lavena, Professore di diritto civile e penale e Iezzolino di Marra, capo contabile della nostra eccelsa Corte. Dato nell’anno1269, nel mese di agosto, il giorno 7 dello stesso mese, indizione XII, sotto il regno del signor Carlo, gloriosissimo re di Sicilia, il quinto anno del suo regno, sia fatta felicemente la sua volontà”.


Accademia Pontaniana, Registri della Cancelleria Angioina, vol. XV, Napoli, Presso l’Accademia, 1966, p. 66.