giovedì 18 marzo 2010

IL “LUMINARIO”, in un articolo del nostro ex Parroco.

Luminario 2009 a Scandale, in una foto di Rosario Rizzuto.


IL “LUMINARIO”: di Don Renato Cosentini.


“È tradizione, che in questo piccolo centro del Crotonese (Scandale), la vigilia della festa di San Giuseppe (18 Marzo) accendere in ogni rione dei falò di molta legna, raccolta nelle campagne circostanti. Una tradizione che dura ancora nel tempo affondando le sue radici in antiche consuetudini, che se hanno perduto la sacralità rituale di una volta, restano ancora radicate nella memoria della nostra gente.

Uomini di ogni età, donne e bambini si mobilitano, quasi come una gara: rendere il “luminario” del rione più bello di quello degli altri.

Sono scene commoventi che ti toccano l'anima, il cuore: retaggio di una fede che il nuovo non riesce a scalfire. Non restarvi fedele è considerata mancanza di devozione e fiducia in Giuseppe, sposo di Maria e Padre putativo di Cristo. Una legge non scritta in alcun libro dei storia paesana, che vede ancora nei giorni precedenti la festività del falegname di Nazaret, in tutti i rioni, la gente intenta a preparare “U Cumbitu”, una minestra saporita e piccante di pasta e ceci che raccoglie davanti al desco più famiglie del vicinato come segno di comunione e riporta il pensiero a quella di Nazaret, nella tranquillità gioiosa di un piatto caldo che affratella ricchi e poveri alla mensa dell'amore e della solidarietà.

Dopo il vespro, mentre le campane con il suono dell'Ave annunciano il domani del dì di festa , bruciano i “luminari” attorno ai quali la gente sosta in preghiera con i canti rituali della quaresima, passione del Cristo, fuoco santo simbolo del Cristo risorto.

E per i vari rioni sciamano i ragazzi e le ragazze a raccogliere la “carbonella” che riscalderà le case dei poveri ove manca il tepore di un focolare sempre spento.

Con il nuovo che avanza, mentre va scomparendo o affievolendosi la pietà dei padri, ora, davanti ai luminari, la gente balla al suon della fisarmonica, ricordo dei vecchi zampognari, pastori di Betlemme, che vegliavano i loro greggi, e gli Angeli annunziavano la nascita del Bambino.

E la gente dimentica, anche se per pochi momenti, il tormento della disoccupazione, la tristezza di un emigrazione che va sempre più impoverendo e spopolando questo piccolo centro del Marchesato, fiduciosa, almeno, che il pane amaro dell'esilio non manchi, domani, festa di Giuseppe, sulla tavola parata a nuovo, ove un posto rimane sempre vuoto: quello del papà lontano al Nord, in Germania o nelle vecchi Americhe.

E sogna, tornata a casa, che domani il postino porti una buona notizia: forse per la Pasqua, l'agnello, cresciuto all'ombra del pergolato, farà la sua comparsa nella gioia ritrovata di una presenza che più vuoto il posto a tavola.

Ed intanto il “luminario” va spegnendosi, ma non si spegne la fiamma della speranza e dell'amore: l'avvento di giorni più belli perché le vacche magre sono state satollate dalle vacche d'Egitto e le sue cipolle renderanno più saporita la minestra condita di lacrime, olio dell'attesa, che rinfranca la solitudine e la mestizia di una vigilia caldeggiata dal ricordo del tempo che fu”.


Articolo pubblicato sul libro: “I Luminari”, Edizioni Marra, Salerno, 1997, p. 21.

Il Luminario, in una foto del sito di Cesare Grisi.