La collina di San Leo nei pressi di Scandale, vista dalla strada venendo da Crotone (foto Grisi).
Quando mi si presenta l’occasione, cerco sempre di ricordare ai cittadini di Scandale l’importanza che sicuramente la contrada San Leo aveva nell’antichità, come testimoniano i vari ritrovamenti avvenuti negli ultimi cento anni.
Di seguito riporto un articolo scritto dal nostro Gino Scalise e pubblicato dal giornale “Il Tempo” di Roma il 16 dicembre 1956, di un ritrovamento di monete del periodo greco-romano.
Delle monete antichissime sono state rinvenute in contrada San Leo, presso Scandale, dove si vuole esisteva l’antica città di Leonia, sede di vescovado, distrutta dai saraceni. Protagonista della sensazionale scoperta è il contadino del luogo, sig. Corigliano Pasquale di Carmine, il quale, lavorando sul terreno avuto dall’ente riforma, urtava con la zappa contro alcune grandi pietre mal levigate, che, pel modo come erano tra di loro unite e sovrapposte, non tardava a riconoscere per una antica sepoltura. Rifattosi dalla prima sorpresa per alcune ossa umane in essa trovate, il Corigliano si dava ad allargare la terra intorno alla tomba, e quale non è dovuta essere la sua meraviglia allorché ha visto luccicare sotto i suoi occhi le bellissime monete d’oro e d’argento! Avrà di certo pensato ad un tesoro, ad uno di quei tesori che leggenda e fantasia tramandano qua ancora da padri a figli, e che vorrebbero vedere ad ogni piè sospinto nella zona.
Ma vi è anche la storia, soprattutto la storia. Ed è per questo che il vice brigadiere, sig. Giuseppe Masucci messo a conoscenza della cosa, si è sollecitamente portato sul luogo della scoperta, e dopo gli opportuni accertamenti, ha provveduto a farsi consegnare le monete in possesso del Corigliano, il quale, intanto, naturalmente ignaro del loro grande valore numismatico, ne aveva collocate alcune presso un antiquario di Crotone. Grazie alla encomiabile operosità del vice brigadiere Masucci, anche queste sono state subito rintracciate e ritirate, e sono ora a disposizione della Sovrintendenza alle Antichità della Calabria, che si era in par tempo premurato di avvisare. Le monete rinvenute, e che abbiamo potuto vedere, sono in tutto dodici, di cui dieci d’argento e due d’oro. Delle prime, nove hanno su un lato il cavallo alato Pegaso e sull’altro un mitico eroe greco, forse Ercole, o forse Bellerofonte, che tentò sul cavallo la scalata all’Olimpo; l’altra raffigura Diana da un lato e un cervo dall’altro, e sono tutte del VI-V secolo a.C. e provenienti, pensiamo, da una delle più fiorenti colonie della Magna Grecia, quali Kroton, Siracusa o Metaponto. Delle altre due d’oro, una ha su un lato il tripode dell’oracolo di Delphi e sull’altro la testa di Hera Lacinia, figure queste allusive alla leggendaria storia di Crotone, e dunque di indubbia provenienza crotoniate (Crotone, infatti, fiorentissima colonia e capitale della Magna Grecia, era nota per la sua bella monetazione); mentre l’altra è piuttosto una medaglia o un suo frammento, presumibilmente dell’era precristiana, a motivo di una iscrizione che allude all’impero romano. Non abbiamo sul posto, purtroppo, elementi per una più esatta collocazione storica delle monete, né per metterle in relazione al luogo del loro rinvenimento, dove sarebbero stati anche trovati frantumi di antiche terrecotte. Si tratta di nuclei crotoniati rifugiatisi su queste colline sotto l’infuriare delle guerre combattute da Crotone contro Locri e poi contro Sibari? Oppure di una comunità di pastori del tempo? Sono solo ipotesi.