venerdì 9 aprile 2010

Tommaso Campanella



“Io nacqui a debellar tre mali estremi;

tirannide, sofismi, ipocrisia [...]

Carestie, guerre, pesti, invidia, inganno,

ingiustizia, lussuria, accidia, segno,

tutti a que' tre gran mali sottostanno

che nel cieco amor proprio, figlio degno

d'ignoranza, radice e fomento hanno”.


Tommaso Campanella, Delle radici de' gran mali del mondo.



Giovanni Domenico Campanella, nasce a Stilo in Calabria (secondo altri a Stignano), il 5 settembre 1568. Figlio di un calzolaio povero e senza istruzione, Campanella è un ragazzo prodigio. A tredici anni entra nell'ordine dei Domenicani e arriva a prendere gli Ordini Domenicani non ancora quindicenne, con il nome di frate Tommaso in onore di San Tommaso d'Aquino. Porta a termine con successo gli studi ma al tempo stesso legge, sia pur di nascosto autori quali Erasmo, Ficino e Telesio. Le idee in fatto di religione e l'interesse per le arti magiche lo costringono a fuggire da Napoli. Si ritrova inquisito dal Tribunale ecclesiastico, così lascia il convento per dirigersi a Roma prima, poi a Firenze e infine Padova, dove entra in contatto con Galileo. Accusato di eresia viene rinchiuso in carcere, ma riesce a ritornare nella sua città natale.

Innamorato del sapere, della natura e di Dio, oltre ad essere appassionato di occultismo e scienze divinatorie, studiò Telesio e Galilei. Mise in piedi un progetto eversivo, tendente a instaurare una repubblica teocratica basata sull’abolizione della proprietà privata teorizzata nella Città del Sole. I congiurati, autorizzati nell’estate del 1599 dalle previsioni astrologiche, si aspettavano un sostegno da parte dei turchi di Bassà Cigala (altro rinnegato calabrese passato dalla parte dei musulmani), con una flotta pronta a sbarcare sulla spiaggia di Stilo. Denunciati da due filospagnoli all’Uditore di Catanzaro, indusse il viceré, conte di Lemos, ad inviare Carlo Spinelli, principe di Cariati, a soffocare la rivolta.

Anche in questa occasione viene arrestato e condannato; riesce tuttavia a salvarsi dalle torture fingendosi pazzo. Campanella non può però evitare il carcere e rimane rinchiuso per ben ventisette anni. In questo lungo periodo di prigionia continua a scrivere, specialmente di filosofia. Compone un'opera dedicata a Galileo, di cui apprezza molto il lavoro ed il pensiero.

Nel 1626 esce dal carcere, ma deve rimanere a Roma sotto il controllo del Sant'Uffizio. Per disposizione di papa Urbano VIII questo vincolo viene in seguito eliminato; nel 1633 viene di nuovo accusato di eresia e di propaganda antispagnola. Decide quindi di rifugiarsi a Parigi dove trova protezione dal Cardinale Richelieu. Si dedica alla pubblicazione dei suoi scritti; finanziato dal re, passa il resto dei suoi giorni al convento parigino di Saint-Honoré. Il suo ultimo lavoro sarà un poema celebrante la nascita del futuro Luigi XIV. Una delle sue più note opere è "La Città del Sole", opera di carattere utopistico in cui, rifacendosi a Platone e all'Utopia di Tommaso Moro, descrive una città ideale.

Campanella morì a Parigi il 21 maggio 1639