mercoledì 21 aprile 2010

La Scuola Elementare di Scandale nel 1955


Nella foto, scattata nel 1955 e pubblicata sul libro Un paese di Calabria (L’Ancora del Mediterraneo, Napoli, 2007), si vedono i ragazzi di Scandale mentre escono da una delle classi sparse per il paese.


La scuola di Scandale vista dalla signorina Mary Lou Carmer, americana, che faceva parte del gruppo di ricerca di Rossi-Doria. Alta, bionda, con i capelli a caschetto, a Scandale era conosciuta dalle ragazze dell’epoca, come Marilù la “giornalista americana” che insegnava a tutte a ballare il Charleston.


Mary Lou Carmer, La scuola elementare di Scandale (Catanzaro), 1954-55.


La scuola descritta in queste pagine è quella di Scandale, un villaggio di tremila abitanti, situato nel Marchesato di Crotone, provincia di Catanzaro.

Una scuola presa a caso fra quelle dei molti villaggi scaglionati lungo le ventose e talora impervie colline del Mezzogiorno, perciò questa relazione non vuole essere né una discussione del problema dell’educazione nel Mezzogiorno, né un tentativo di valutare l’efficienza della politica scolastica in questa zona. Ma è tuttavia legittimo sperare che la descrizione della situazione di una scuola, che si può considerare tipica della Calabria e in genere del mezzogiorno, possa giovare a gettar luce su di un problema appena affrontato, così da promuovere quello sviluppo dell’istruzione che lo Stato si propone, mirando, altresì, a costituire una società di adulti formata da cittadini consapevoli delle moderne necessità della vita sociale.


Il decentramento delle classi.

La scuola elementare di Scandale, con una popolazione scolastica di 396 unità e nove maestri e con le sue cinque classi regolamentari, è allocata in sei rozze aule di fortuna, cinque delle quali affittate da privati e una di proprietà del Comune. Tutti gli accessori e servizi ausiliari dell’organismo scolastico sono contenuti in quelle sei stanze: non c’è altro. Tre delle classi, situate di fronte al Municipio, si addossano l’una all’altra. Un’altra stanza, quella del Municipio, dà sulla via principale: le altre sono disperse qua e la per il villaggio, completamente isolate l’una dall’altra e dal resto del complesso scolastico.

La stessa descrizione dei mobili di una di codeste aule può valere per tutte. Proviamoci, dunque: una porta si apre direttamente dall’esterno sull’aula, la quale misura circa sette metri quadrati per nove; presso la porta; una piccola finestra con alcuni vetri rotti; le pareti sono tinte a calce, così pure il soffitto, dal quale penzola una lampadina elettrica che non riesce a rischiarare la stanza, ma solo ad abbagliare i ragazzi, essendo scoperta. La maggior parte dell’area della stanza è occupata da file di rozzi banchi sgangherati fra i quali spiccano come gemme pochi banchi nuovi; molti di quelli vecchi scricchiolano solo a toccarli. In questi banchi sono pigiati circa sessanta bambini in ragione di quattro o cinque per banco, mentre è chiaro che gli scanni sono costruiti per tre scolari ciascuno.

Il Comune, che fornisce i banchi, stima necessario un supplemento almeno di 50 unità da aggiungere ai 98 esistenti. In fondo all’aula c’è una lavagna di circa un metro quadrato, un tavolo coperto di tela cerata per il maestro ed una o due sedie. Appesi ai muri, alcuni quadri e carte geografiche ammuffite e quasi “arcaiche”, ormai; le pareti della prima classe sono forniti di cartelli alfabetici comprati con i risparmi degli stessi maestri. In qualche angolo si può vedere un vecchio armadio da cucina.

Non vi è riscaldamento in alcuna stanza, ma soltanto qualche braciere a carbone di legna sotto il tavolo della maestra o del maestro. In un clima tanto rigido che qualche maestro si è guadagnato i reumatismi, gli scolari devono passare, immobili, quattro ore al giorno in pieno inverno.

Il cuore e il centro della scuola elementare di Scandale è costituito dalle tre stanze di fronte al Municipio. Nella seconda di queste, la Signora Brescia, fiduciaria democristiana e moglie del sindaco, interpreta ogni mattina la sua parte di fronte alla sua quarta classe, composta da 59 alunni, mentre nella seconda la sua comare, Signora Bevilacqua, tesoriera della scuola e moglie del segretario comunale, lotta con una seconda classe di ben 66 bambine. La prima delle tre aule, infine, viene occupata, nel corso di un anno scolastico, la mattina, durante il primo semestre, dalla terza classe maschile (Signor Greco), e durante il secondo semestre, dalla terza femminile (Signora Scalise). Le tre aule hanno il difetto di essere comunicanti, così che è necessario passare attraverso la prima per entrare nella seconda e nella terza, provocando un incessante traffico di persone estranee attraverso le due prime stanze. Si aggiunga che l’aula della Signora Brescia serve pure da ufficio e da sala delle riunioni, e non è, quindi, raro trovarvi un altro maestro che sta discutendo su argomenti della scuola, o riposa al sole, ovvero assapora una tazza di caffè.

Non ci sono latrine, ed i ragazzi e le bambine, per soddisfare i loro bisogni, sono costretti ad andare a casa propria, oppure, nella maggioranza dei casi, fuori della porta con qualunque tempo e in ogni stagione. Non vi è refettorio, non sala di ginnastica, né auditorium. Tre o quattro dei maestri hanno nella loro aula uno scaffaletto per una quindicina di libri scolastici forniti in parte dal Comune e in parte da essi medesimi. All’infuori di questa magra biblioteca, non v’è alcun corredo di libri, né alcuna libreria nel villaggio o nei dintorni. Non ci sono mezzi ausiliari audiovisivi di apprendimento, né apparecchi di proiezione.

I bambini devono essere vaccinati tutti per legge contro il vaiolo e la difterite fin dall’inizio della Scuola Elementare, e ciò a spese del Comune. All’infuori di questa pratica preventiva, nessuna cura viene prestata durante l’intero corso scolastico.

Non vi è asilo o altra classe all’infuori del quinquennio regolamentare; nessun servizio complementare o doposcuola. C’è soltanto, in sintesi, il corso dalla prima alla quinta classe, durante il quale i bambini siedono sui banchi di legno invariabilmente per quattro ore al giorno, sei giorni alla settimana, sette mesi all’anno. […]


Questa è solo una piccola parte delle 36 pagine dattiloscritte che si trovano a Roma nell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia, Archivio Rossi-Doria, Scandale, volume I, fascicolo 2, 1954-1955.