Il Generale Jean Louis Enezel de Reynier (1771-1814) |
Sentiamo su questa vicenda del saccheggio del
nostro paese da parte delle truppe francesi, il racconto dello storico di Cirò
Giovan Francesco Pugliese, all’epoca giovane diciottenne, che successivamente
raccolse le testimonianze dalla viva voce dei protagonisti:
[Il generale] Reynier mandò dei messaggeri con
delle lettere a tutti i paesi vicini, ordinando ai sindaci di allestire viveri
per le truppe. Una di queste lettere era diretta al sindaco di Scandale, Don
Domenico Nicoscia; ma fu presa da altri, che risposero immediatamente, firmando
Nicoscia, che Scandale era pronto a dar palle e non viveri. Intanto nel paese
si sparse la voce, fra la popolazione, che il generale aveva chiesto la resa
del paese, ed ordinato: che i proprietari galantuomini e la popolazione
maschile, deposte le armi, si trovassero riuniti in chiesa. Le sole donne
potevano rimanere nelle rispettive abitazioni. A tale notizia, uno fu il
doloroso grido: non sia mai che gli uomini al macello, e le donne alla licenza
del soldato: all’armi: difendiamoci. Mentre che ciò succedeva dentro Scandale,
perveniva la risposta apocrifa a Reynier: questi, dirigendosi verso Cutro,
distaccò circa 2000 uomini a cavallo e a piedi per Scandale. I Scandalesi
videro pochi volteggiatori, si fecero animo e scesero per combatterli, ed
infatti s’impegnò il fuoco che durò circa un’ora. Frattanto, l’intera colonna
francese, tripartita, aveva circondato il paese; per cui i Scandalesi che
tenevano piede al combattimento con decisa ostinazione e bravura, vedendosi
circondati, fuggirono con le loro donne nel bosco più vicino. Era il 26 luglio,
e Scandale fumava, ed era abbandonato alle intemperanze di una truppa stizzita,
che si ritirava perdente. Fu visto tra le schiere francesi il notaio Don Gabriello
Basta di Scandale, il quale fuggito giorni avanti vi si era riunito in
Catanzaro: Venne costui accagionato di aver guidato e istigato i nemici alla
distruzione della propria patria. Tale era lo stravolgimento degli animi fra
moti di guerra ed il cozzar delle opinioni, che il Brigante e il Patriota, a
vicenda, distruggevano i propri paesi. L’innocente Nicoscia che si era tenuto
chiuso in casa, sentendo fuggire i suoi compaesani ed accostare i francesi,
credette di poter uscire ad incontrarli per implorare pace e perdono; ma da
mediatore a pro della propria patria divenne vittima inutile: venne preso ed
immediatamente fucilato. Le prime case incendiate furono quelle di Romano, di
Vitale, di Drammis e di Mastro Nicola Corrado: Tutte le altre vennero indistintamente
saccheggiate. Fatta notte, i francesi vinti dal caldo, dal vino e dal sonno si
sdraiarono per le vie dell’abitato: molti ne perirono a colpi di stile da
quelli che ritirati nel bosco, tornarono taciti a quella vendetta. Molti altri
vennero uccisi dopo partiti la mattina seguente per la via di Crotone, assaliti
alle spalle e per imboscate continue.
Il giorno dopo gli Scandalesi riuscirono a fare
prigionieri 15 soldati francesi che, avendo persa la strada, vagavano per le
campagne. I prigionieri furono portati alle navi inglesi attraccate nel porto
di Crotone: in cambio ebbero polvere e piombo in quantità.
Giovan Francesco Pugliese, Descrizione ed istorica narrazione dell’origine e vicende
politico-economiche di Cirò, Napoli, Stamperia del Fibreno, 1849.