Giosuè Carducci da Giovane |
Giosuè Carducci
Giosuè Alessandro Giuseppe Carducci
Valdicastello (fraz. del Comune di Pietrasanta –
Lucca -) 1835 – Bologna 1907
Poeta e scrittore italiano. Premio Nobel per la
letteratura nel 1906.
Affiliato
alla Massoneria del Grande Oriente d'Italia, fu iniziato nella Loggia “Galvani”
di Bologna nel 1862. Dopo aver scritto un opuscolo di protesta, per conto della
Loggia "Felsinea", assieme a Francesco Magni, Giorgio Curcio, e dai
proff. Luigi Cremona, Domenico Carbone e Zavateri, nel 1867 fu espulso dalla
Massoneria.
A SATANA
Ei passa, o popoli, Satana il grande
A te, de l’essere principio immenso, materia e
spirito, ragione e senso;
Mentre ne’ calici il vin scintilla sí come l’anima ne
la pupilla;
Mentre sorridono la terra e il sole e si ricambiano d’amor
parole,
E corre un fremito d’imene arcano da’ monti e palpita
fecondo il piano;
A te disfrenasi il verso ardito, te invoco, o Satana,
re del convito.
Via l’aspersorio prete, e il tuo metro! No, prete,
Satana non torna in dietro!
Vedi: la ruggine rode a Michele il brando mistico, ed
il fedele
Spennato arcangelo cade nel vano. Ghiacciato è il
fulmine a Geova in mano.
Meteore pallide, pianeti spenti, piovono gli angeli da
i firmamenti.
Ne la materia che mai non dorme, re de i fenomeni, re
de le forme,
Sol vive Satana. ei tien l’impero nel lampo tremulo d’un
occhio nero,
O ver che languido sfugga e resista, od acre ed umido
pròvochi, insista.
Brilla de’ grappoli nel lieto sangue, per cui la
rapida gioia non langue,
Che la fuggevole vita ristora, che il dolor proroga che
amor ne incora.
Tu spiri, o Satana, nel verso mio, se dal sen rompemi
sfidando il dio
De’ rei pontefici, de’ re crüenti: e come fulmine scuoti
le menti.
A te, Agramainio, Adone, Astarte, e marmi vissero e
tele e carte,
Quando le ioniche aure serene beò la Venere Anadiomene.
A te del Libano fremean le piante, de l’alma Cipride
risorto amante:
A te ferveano le danze e i cori, a te i virginei candidi
amori,
Tra le odorifere palme d’Idume, dove biancheggiano le
ciprie spume.
Che val se barbaro Il nazareno furor de l’agapi dal
rito osceno
Con sacra fiaccola i templi t’arse e i segni argolici
a terra sparse?
Te accolse profugo tra gli dèi lari la plebe memore ne
i casolari.
Quindi un femineo sen palpitante empiendo, fervido nume
ed amante,
La strega pallida d’eterna cura volgi a soccorrere l’egra
natura.
Tu a l’occhio immobile de l’alchimista, tu de
l’indocile mago a la vista,
Del chiostro torpido oltre i cancelli, riveli i
fulgidi cieli novelli.
A la
Tebaide te ne le cose Fuggendo, il monaco Triste s’ascose.
O dal tuo tramite alma divisa, benigno è Satana; ecco
Eloisa.
In van ti maceri ne l’aspro sacco: il verso ei
mormora di Maro e Flacco
Tra la davidica nenia ed il pianto; e, forme
delfiche, a te da canto,
Rosee ne l’orrida compagnia nera, mena Licoride, mena
Glicera.
Ma d’altre imagini d’età più bella talor si popola l’insonne
cella.
Ei, da le pagine di Livio, ardenti tribuni, consoli, turbe
frementi
Sveglia; e fantastico d’italo orgoglio te spinge, o
monaco, su ’l Campidoglio
E voi, che il rabido rogo non strusse, voci
fatidiche, Wicleff ed Husse,
A l’aura il vigile grido mandate: s’innova il secolo piena
è l’etade.
E già già tremano mitre e corone: dal chiostro
brontola la ribellione,
E pugna e prèdica sotto la stola di fra’ Girolamo
Savonarola.
Gittò la tonaca Martin Lutero: gitta i tuoi vincoli, uman
pensiero,
E splendi e folgora di fiamme cinto; materia,
inalzati: Satana ha vinto.
Un bello e orribile mostro si sferra, corre gli
oceani, corre la terra:
Corusco e fumido come i vulcani, i monti supera, divora
i piani;
Sorvola i baratri; poi si nasconde per antri
incogniti, per vie profonde;
Ed esce; e indomito di lido in lido come di turbine manda
il suo grido,
Come di turbine l’alito spande: ei passa, o popoli,
Satana il grande.
Passa benefico di loco in loco su l’infrenabile carro
del foco.
Salute, o Satana, o ribellione, o forza vindice de la
ragione!
Sacri a te salgano gl’incensi e i vóti! Hai vinto il
Geova de i sacerdoti.