Padre Pio è scappato
dalla sua tomba d'oro
Padre Pio ha compiuto un miracolo a rovescio e a
sue spese. Da quando l'hanno imbottito d'oro in una tomba faraonica, il
pellegrinaggio dei devoti è crollato. Stimmate di rabbia e di dolore avranno
ripreso a sanguinare al burbero e schivo frate cappuccino. Jatavenne, avrà
detto nel suo ruvido gergo terrone.
Padre Pio è a disagio in quella cripta d'oro che
sembra il caveau della banca mondiale, circondata da un business osceno,
un'ottantina d'alberghi ormai vuoti, una marea di statue kitsch diffuse ovunque
e in particolare a sud, pompe di benzina incluse, più pile di superstiziosi
gadget ormai invenduti. A San Giovanni Rotondo l'oro di Padre Pio è crollato in
borsa. La gente preferisce visitare il vecchio sepolcro vuoto piuttosto che
quella cripta da Paperone estesa quanto una trentina di appartamenti.
Per carità, ha ragione il mio amico Frate Antonio
Belpiede, portavoce dei frati, che l'oro ha sempre gremito le chiese e i culti,
era il segno lucente della gloria divina. Ma nella Chiesa fatta da Renzo Piano
non si respira il sacro, non si avverte il santo, non c'è spiritualità e
religione. E un francescano medievale come Padre Pio non può finire in una roba
asettica da Manhattan o nella riserva aurea di Fort Knox.
Così Padre Pio è scappato dalla sua tomba,
disperdendo anche i suoi fedeli. Andatelo a cercare nelle campagne e nei
silenzi assolati del sud, tra i poveri e nei ricoveri, nelle chiese agresti e
nelle cattedrali antiche, nei corpi malati, nei cuori devoti e nei cieli
gloriosi. Non lì, nella cripta d'oro. Non prendete la fede per il loculo.
Articolo di Marcello Veneziani