domenica 4 agosto 2013

“I Baroni”: romanzo della decadenza borbonica

Gian Paolo Callegari (ultimo a destra) a Stromboli nel 1949 insieme a Roberto Rossellini e Sergio Amidei, durante la preparazione di un film. 


Come abbiamo già scritto nella “Storia di Scandale”, Gian Paolo Callegari scrisse due romanzi, I Baroni e Janchicedda, prendendo spunto dai racconti di Nicola Tiano che, come sappiamo, lavorò per tanti anni con la famiglia Drammis. Soprattutto sul primo romanzo, molti giornalisti scissero vari articoli pubblicati da giornali e riviste dell’epoca. Per esempio, La Nazione Italiana del 9 luglio 1950, riporta a pagina tre, un articolo molto lungo di Aldo Capasso dal titolo Romanzo della decadenza Borbonica che, fra le altre cose, diceva:

“I Baroni”: romanzo della decadenza borbonica

“Nei Baroni, con un’ampiezza e fermezza di disegno di “affresco storico”, il Callegari riprende il suo quieto eppure appassionato esame del Sud. Ecco la Calabria degli ultimissimi anni di Ferdinando, la Calabria di “Francesciello”, la Calabria attraversata dalle ascendenti colonne di “Don Peppino” Garibaldi. Giorni di decadenza, di sfacelo: annunziati già negli anni da sinistri scricchiolii: con la dinastia borbonica crolla la grande nobiltà terriera, crolla una casta e una tradizione. In questi crolli fatali della storia c’è sempre qualcosa di triste: e un poeta, un artista, può compiangerli, recitarne il commosso epicedio, anche senza essere “antiprogressivo” nelle sue idee politiche e sociali. E c’è, in essi crolli, qualcosa di grandioso, vitalissimo, consolante: la fatalità che vita nuova sorga dalla morte delle cose vecchie, che gli uomini camminino e si appassionino, che “vadano avanti”. Ed anche questo un artista può, con gioia Whitmaniana, cantare. Per dire il vero, il chiuso e imbronciato Callegari non mostra di trarre letizia né dall’una né dall’altra cosa. Non bello ciò che cade non bello ciò che sorge: il significato profondo del libro sembra essere che gli uomini sono cosa meschina in tutti i regimi e in tutte le età.
È significativo, in primo luogo, ciò che nel romanzo manca: il Callegari sa benissimo che, nello sfacelo della, ora dura e ora paternalistica, monarchia borbonica, sussisteva una élite protesa verso tempi nuovi di maggiore libertà, di uguaglianza giuridica,, di sogni democratici: élite in cui figuravano anche patrizi delle più vecchie famiglie”.