mercoledì 22 dicembre 2021

Cesare Pavese a Brancaleone

 


“La gente che mi vede ora si asciuga col dorso della mano una lacrima, perché pensano che farò Natale fuori casa, cosa che per loro è peggio di un pugno in testa. Ci sono le pie donne che mandano chi un tortellino, chi i fichi secchi, chi gli aranci, chi altro”

 

“Non capisco perché voglio tornare a Torino. Qui, a parte la pelle, sto benissimo e le vere seccature cominceranno una volta a casa; non ultimi, i vostri piagnistei. Penso di sposarmi qui e comprare un bambino che a due anni dica già cornutu e porcherusu”

 

“La gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca. Persino le donne che, a vedermi disteso in un campo come un morto, dicono «Este u’ confinatu», lo fanno con una tale cadenza ellenica che io mi immagino di essere Ibico e sono bell’è contento… niente è più greco di queste regioni abbandonate. I colori della campagna sono greci. Rocce gialle o rosse, verdechiaro di fichindiani e agavi, rose di leandri e gerani, a fasci dappertutto, nei campi e lungo la ferrata, e colline spelacchiate brunoliva”

 

 

Cesare Pavese

Santo Stefano Belbo 1908 – Torino 1950

Scrittore 

La casa dove abitava Cesare Pavese a Brancaleone in una foto di Alfonso Morelli