mercoledì 25 novembre 2020

Duret de Tavel - Lettere da Longobucco

Longobucco in una foto recente


Rossano, 17 ottobre 1808
Nello scorso mese di agosto il battaglione ricevette l'ordine di recarsi a Longobucco per sedare una rivolta. Gli abitanti si erano rifiutati di pagare le tasse e avevano cacciato l'esattore dopo avere ucciso molti soldati della sua scorta. Contro di loro si fece marciare un distaccamento di duecento uomini, che però fu insufficiente per addentrarsi in quelle impenetrabili montagne…

Longobucco, 12 novembre 1808
Fallita ogni possibilità di compromesso davanti all'ostinazione di quei ribelli di cui vi ho parlato nella lettera precedente, il battaglione ricevette l'ordine di annientarli. Longobucco era il focolaio principale dell'insurrezione. Il 10 novembre cinquecentosessanta uomini, divisi in due colonne, partirono sul fare del giorno, operando in modo da trovarsi improvvisamente al centro dei villaggi insorti. Longobucco si trova a quindici miglia da Rossano. Le strade per raggiungerlo sono spaventose e tutte dominate da alte montagne. Per evitare di cadere in qualche imboscata, le nostre guide (lautamente pagate dall'esattore delle imposte del circondario) ci condussero con prudenza e abilità attraverso delle estese foreste dove si incontrano solo branchi di daini e di caprioli, i soli abitanti di questi luoghi solitari. Verso le quindici giungemmo nel bosco convenuto per il ricongiungimento delle due colonne. La seconda era già arrivata e ci attendeva con molta impazienza poiché le campane dei paesi vicini suonavano a martello. Poco dopo una calca di contadini armati prese posizione su una montagna che domina tutta la zona. Ci preparammo subito ad attaccarla. Ma appena risuonò il nostro passo di carica, quella moltitudine, presa dallo spavento, si diede a una fuga disordinata. Prima che facesse notte raggiungemmo un'altura da dove si scorge Longobucco, che è situata in una vallata stretta, profonda e attraversata da un torrente che scorre fragorosamente tra enormi rocce. Le alte montagne boscose che circondano quest'orribile luogo vi spandono un colore cupo e selvaggio che ispira un senso di desolazione. Questo borgo è abitato da tremila persone schifose, quasi tutte chiodaioli, fabbri e carbonai. Il governo precedente se ne serviva per sfruttare le miniere d'argento che si trovano nelle vicinanze e che ora sono abbandonate.
Passammo la notte sulle alture, dopo aver stabilito una linea di fuoco per dare l'impressione di essere una forza assai superiore. Per lungo tempo nella stretta valle si udì un grande trambusto. Urla di spavento risuonavano da ogni parte. Senza dubbio, gli abitanti, temendo di vederci discendere durante la notte per mettere a ferro e a fuoco il paese, si affrettavano a porre in salvo i loro beni e se stessi. All’alba alcuni distaccamenti occuparono la sommità di tutte le montagne circostanti. Dopo di che duecento uomini scesero nel villaggio. Tutti gli abitanti l'avevano abbandonato durante la notte e non era rimasto che qualche vecchio innocuo e il curato, che ci venne incontro implorando l'umanità e l'indulgenza del comandante. Questi lo invitò con forza a esercitare tutta l'autorità del suo ministero per convincere gli abitanti a deporre le armi e a ritornare nelle loro case per non correre il rischio di vederle saccheggiate. Successivamente una gran parte di loro fece ritorno e la calma fu prontamente ristabilita. [...]

[Gli insorti di Longobucco si rifugiarono in un villaggio vicino]

Ci precipitammo sul villaggio, in gran parte circondato da un'alta muraglia, e malgrado la micidiale scarica che ci accolse e che mise fuori causa più di venti uomini, i guastatori sfondarono la porta. I soldati si riversarono nelle strade come un torrente in piena; allora ebbe inizio un orribile massacro, reso inevitabile dalla resistenza degli insorti che sparavano da tutte le case. Questo sventurato villaggio, saccheggiato e incendiato, subì gli inevitabili orrori che seguono ogni attacco. Il curato, un gran numero di donne, di fanciulli e di vecchi fortunatamente si rifugiarono in una chiesa, dove alcuni ufficiali si recarono per proteggere questo asilo dalla brutalità dei soldati. In questo combattimento subimmo perdite considerevoli; gli insorti, sterminati quasi completamente, lasciarono sul campo più di duecento morti. Molti di loro persero la vita cadendo dalle scarpate a strapiombo, da dove cercavano di mettersi in salvo. Sfortunatamente i principali capi della rivolta riuscirono a sfuggirci.


Brani tratti da Duret de Tavel, Lettere dalla Calabria, da pag. 106 in poi, Rubettino Editore, Soveria Mannelli 1996. Duret de Tavel era un ufficiale del corpo d’occupazione francese in Calabria negli anni 1807-1810. Le missive erano indirizzate al padre.