Giacomo Leopardi |
Lettera di Giacomo Leopardi a Fanny
Targioni Tozzetti (Dicembre 1831)
Cara
Fanny. Non vi ho scritto fin qui per non darvi noia, sapendo quanto siete
occupata. Ma in fine non vorrei che il silenzio vi paresse dimenticanza, benché
forse sappiate che il dimenticar voi non è facile. Mi pare che mi diceste un
giorno, che spesso ai vostri amici migliori non rispondevate, agli altri sì,
perché di quelli eravate sicura che non si offenderebbero, come gli altri del
vostro silenzio. Fatemi tanto onore di trattarmi come uno de' vostri migliori
amici; e se siete molto occupata, e se lo scrivere vi affatica, non mi
rispondete. Io desidero grandemente le vostre nuove, ma sarò contento di averne
da Ranieri o dal Gozzani, ai quali ne domando.
Delle
nuove da me non credo che vi aspettiate. Sapete ch'io abbomino la politica,
perché credo, anzi vedo che gl'individui sono infelici sotto ogni forma di
governo; colpa della natura che ha fatti gli uomini all'infelicità; e rido
della felicità delle masse, perché il mio piccolo cervello non concepisce una
massa felice, composta d'individui non felici. Molto meno potrei parlarvi di
notizie letterarie, perché vi confesso che sto in gran sospetto di perdere la
cognizione delle lettere dell'abbiccì, mediante il disuso del leggere e dello
scrivere. I miei amici si scandalizzano; ed essi hanno ragione di cercar gloria
e di beneficare gli uomini; ma io che non presumo di beneficare, e che non
aspiro alla gloria, non ho torto di passare la mia giornata disteso su un sofà,
senza battere una palpebra. E trovo molto ragionevole l'usanza dei Turchi e
degli altri Orientali, che si contentano di sedere sulle loro gambe tutto il
giorno, e guardare stupidamente in viso questa ridicola esistenza.
Ma
io ho ben torto di scrivere queste cose a voi, che siete bella, e privilegiata
dalla natura a risplendere nella vita, e trionfare del destino umano. So che
ancor voi siete inclinata alla malinconia, come sono state sempre e come
saranno in eterno tutte le anime gentili e d'ingegno. Ma con tutta sincerità, e
non ostante la mia filosofia nera e disperata, io credo che a voi la malinconia
non convenga, cioè che quantunque naturale, non sia del tutto ragionevole. –
Almeno così vorrei che fosse.
Ho
incontrata più volte la Contessa Mosti, la quale anche mi ha dato le vostre
nuove. Addio, cara Fanny: salutatemi le bambine. Se vi degnate di comandarmi,
sapete che a me, come agli altri che vi conoscono, è una gioia e una gloria il
servirvi.
Il vostro Leopardi