venerdì 13 settembre 2013

San Mauro Marchesato alla fine del Seicento

L’abitato di San Mauro alla fine del Seicento

Scorcio di San Mauro Marchesato
I Relevi dei feudatari, le visite arcivescovili e l’apprezzo del Manni evidenziano il precipitare della crisi che investe il casale verso la metà del Seicento e si prolunga per buona parte del secolo. Il terremoto del 1638 e la peste del 1656 si inseriscono ed aggravano la situazione delle campagne, che sono esposte alle incursioni ed agli incendi dei “ilucchi et perditorum hominum” ed immiserite dal succedersi di “male annate”. Le terre che con il ripopolamento erano state dissodate ed avevano decuplicato le rendite dei grandi proprietari ed avevano permesso la formazione di un ceto di proprietari locali, ora per mancanza di braccia e di animali inselvatichiscono e ritornano alle rese primitive50. Il calo è evidenziato dall’abbandono delle numerose fosse per conservare il grano, che sono lungo la strada del casale, che indica con certezza l’estinzione di alcune famiglie e la rovina di altre. L’abitato “nel quale si può entrare dappertutto” mostra i segni della decadenza. Le chiese e le cappelle malconce e dissestate per il terremoto rimangono per lungo tempo in stato di abbandono per la povertà degli abitanti51. La casa della Corte simbolo del potere “è diruta”; è rimasta solo la torre che serve come orologio. Alcune iniziative di miglioramenti soprattutto attuate da religiosi hanno vita breve. Le case, “cominciate con gran disegno” dal vescovo Francesco Megale nello Spontone, nel 1688, a sette anni dalla sua morte, non sono ancora state portate a “perfezione”. I beni del reverendo Giacinto Marescalco, che poco fuori dell’abitato accanto alla chiesa di S. Maria della Pietà aveva costruito una torre con un bellissimo giardino circondato da mura, alla sua morte avvenuta nel 1692, sono gravati di debiti e di pesi. La chiesa dedicata a S. Pietro de Niffis, distante quattro miglia dall’abitato che per ordine dell’arcivescovo Fausto Caffarelli (1624 -1654) era stata abbandonata, va ben presto in rovina. La cappella omonima, fatta costruire nella chiesa matrice di S. Mauro, dove era stata portata l’antica icone dipinta su tela con l’immagine di S. Pietro ed alcuni ornamenti della chiesa abbandonata, nel novembre 1660, dopo quindici anni dall’inizio dei lavori, non era ancora finita. [...]

L’abitato alla fine del Seicento contava un migliaio di abitanti, con una decina di sacerdoti ed altrettanti chierici. Le casette terrane in pietra ed in creta costituivano ancora la maggior parte delle abitazioni, anche se col tempo alcune decine di queste avevano lasciato il posto a case palaziate, composte quasi sempre da un alto ed un basso, ed a qualche “palazzo”. L’esigua struttura artigianale e commerciale era costituita da “3 scarpari, 5 cuscitori, un barbiero, e ilucchi ero napolitano, 2 ferrari, 2 mastri d’ascia, 3 fabbricatori ed un commodo merciero”. Tra le poche botteghe erano annoverate due rinomate spezierie, che erano meta anche di abitanti dei paesi vicini.
La matrice era senza dubbio l’edificio più importante. Vi si entrava per tre porte, che si aprivano nella facciata che dava sulla piazza: una grande centrale e due piccole ai lati. La struttura dell’edificio era costituita da tre navate, separate da archi e pilastri; mentre all’esterno c’era il campanile con tre campane. Vi erano la fonte battesimale, il coro, la sacrestia e le cappelle di S. Pietro de Ninfis, del protettore San Mauro, della SS. Annunziata, di S. Andrea Apostolo, della SS. Annunziata, del SS. Rosario e del SS.mo. Quest’ultima era situata in capo alla navata maggiore centrale, dove c’era l’altare maggiore. La matrice comunicava tramite una piccola porta interna con l’oratorio del SS.mo Rosario, che era attaccato alla matrice. L’altra chiesa dedicata a S. Caterina aveva accanto l’oratorio dell’Immacolata Concezione. Fuori dell’abitato c’erano alcune chiese: quella del SS. Salvatore, che era stata rifatta, quella di S. Maria della Pietà, la nuova chiesa detta delle Cinque Piaghe, che era in costruzione, la chiesa della Madonna del Soccorso e la chiesa della SS. Annunziata di Caravà.

Cfr., Andrea Pesavento, Il castello di San Mauro (Marchesato), La Provincia KR n. 32, 33, 34, 35 (2002).
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NOTA
Si parla sempre di un castello a San Mauro Marchesato, ma secondo gli studiosi qualcuno ha fatto un po’ di confusione. In poche parole, alcuni hanno volontariamente o involontariamente mischiato i documenti di un San Mauro più importante, che si trovava nei pressi di Corigliano e aveva il castello (foto sotto) scomparso alla fine del Cinquecento, con il nostro San Mauro Marchesato.

Resti del castello di San Mauro nei pressi di Corigliano Calabro in una cartolina Edizione Ditta G. Gradilone e Figlio. Corigliano Calabro Stazione