Vincenzo Padula nacque ad Acri, in provincia di Cosenza, il 25 marzo 1819. Fu ordinato sacerdote nel 1843 e subito dopo divenne insegnante nel seminario di San Marco Argentano. Nella sua produzione poetica, si intrecciano tensioni sentimentali, spiriti religiosi e moralistici. Dopo le novelle romantiche in versi Il monastero della Sambucina (1842), nel 1845 pubblicò il poema Valentino. Scrisse curiose fiabe, ricche di motivi simbolici, fantastici e autobiografici (esemplare la fiaba L’orco). Nel 1848 prese parte ai moti calabresi, e dovette superare momenti molto difficili. Perseguitato dal Governo borbonico, gli fu tolto il permesso di insegnare e visse di stenti. Intellettuale, con la sua vasta cultura, svolse attività letteraria e giornalistica. Nel 1854 si stabilì a Napoli, dove si legò ai pochi intellettuali antiborbonici. Un’acuta analisi del fenomeno del brigantaggio, anima il dramma in prosa Antonello capobrigante calabrese, scritto nel 1850, ma pubblicato nel bisettimanale “Il Bruzio” che Padula fece uscire dal 1° marzo 1864 al 28 luglio 1865. Su questo giornale raccoglieva documenti e materiali informativi sullo “stato delle persone in Calabria”, cioè su usi, costumi e tradizioni locali. Chiamato nel novembre 1878 a Parma per insegnarvi Letteratura latina, vi rimase solo due anni. Tornò a Napoli nel 1881, ma le precarie condizioni di salute lo portarono a rifugiarsi nel paese nativo, dove morì l'8 gennaio 1893.