Borsellino a Roma in Piazza di Spagna |
ONORE A PAOLO BORSELLINO
Il
19 luglio 1992 fu ucciso a Palermo il presidente di una Repubblica ideale. Era
un magistrato, come colui che era stato eletto due mesi prima a capo della
Repubblica italiana, ma lui all’Italia dette la vita e non la retorica. Era un
magistrato ma non era malato di protagonismo né di livore ideologico.
Quarantasette parlamentari di destra lo votarono presidente della Repubblica
ideale, candidato di bandiera. Quarantasette, morto che parla; e, dopo che
uccisero Falcone, lui era un morto che parlava.
Sapeva
che il prossimo sarebbe stato lui, ma rimase al posto suo, a testa alta. Perché
era un uomo d’onore, nel senso che alla mafia una volta incuteva timore e
rispetto; meno alla nuova, più cinica e disonorata.
Lui
era un servitore dello Stato, credeva nell’autorità e nella missione del
magistrato. Non serviva solo la Legge ma amava la sua Patria, a partire dalla
sua Sicilia. Era un uomo di destra, fin da ragazzo aveva militato nella fiamma
tricolore. Aveva la sua scorta ma sapeva, dopo il caso Falcone, che gli uomini
della scorta più che scudi diventano consorti, uniti alla sua sorte, come poi
accadde. Così trascorse quella mezza estate del 1992 guardando in faccia il suo
destino e i suoi carnefici, senza defilarsi o scendere a patti con la Bestia.
Andò al sacrificio con attivo fatalismo.
Morì
da eroe, e meschino è un popolo che rinnega i suoi eroi, fondatori di una
Repubblica ideale, possibile solo nei cieli. Poi vennero le carogne per
depistare e gli avvoltoi per nutrirsi del suo nome. Onore a Paolo Borsellino.
Articolo
dello scrittore Marcello Veneziani del 19 luglio 2015