domenica 27 aprile 2014

Voglia di mamma - Racconto di Ezio Scaramuzzino

Scandale - Scorcio di Via Roma in un quadro del pittore Alberto Elia

Voglia di mamma

A Scandale solo pochi anziani ricordano ancora il caso, lo scandalo del 1950, perché pochi allora riuscirono a saperne qualcosa di concreto e quei pochi ne parlarono pure a bassa voce. Mai in precedenza si era verificato il caso di una ragazza madre e, quel che è peggio, mai ci si sarebbe aspettati che una cosa del genere avvenisse in una delle migliori famiglie. E invece avvenne, proprio in una famiglia timorata di Dio e nella quale il rispetto del decoro era considerato un principio sacro ed inviolabile.
Era successo che nella famiglia Bontempo la seconda figlia, Ermelinda, destava qualche preoccupazione nei genitori per la sua estrema vivacità. Il ragioniere Bontempo, segretario capo nel locale Ufficio Comunale, non poteva sopportare ad esempio che la figlia ritornasse da scuola ogni giorno da Crotone, avendo tra i piedi Pinuccio, figlio di contadini. Era pur vero che Pinuccio era molto bravo a scuola, mentre Ermelinda con il suo carattere da svampita non riusciva altrettanto bene, ricorrendo quindi spesso all’aiuto del suo amichetto, senza del quale si sentiva perduta: ma a tutto c’era un limite. I coniugi Bontempo inoltre non sopportavano che, con la scusa dei compiti, i due ragazzi si chiudessero qualche volta a chiave nello studio di casa: anche a questo bisognava porre un rimedio.
E siccome quel rimedio non si  riusciva a trovarlo ed ogni loro ammonimento sembrava inutile, i due presero una decisione drastica: Ermelinda avrebbe sì frequentato il Liceo a Crotone, ma avrebbe abitato dalle suore, con espresso divieto di incontrare il suo amico. Ma essi non avevano fatto i conti con la forza degli ormoni, che possono talvolta essere deviati o frastornati, ma che, prima o poi, inevitabilmente, ritornano quasi sempre a centrare il loro obiettivo.
I due amici, ormai cresciutelli, avevano certo diradato i loro incontri, ma non avevano alcuna intenzione di rinunziarvi. Certo non potevano più stare assieme nel pomeriggio a fare i compiti, certo le suore non consentivano che Ermelinda uscisse da sola, ma le suore non potevano avere cento occhi e soprattutto non potevano coprire con la loro vigilanza tutte le ventiquattro ore della giornata. Quando per un motivo o per l’altro non si faceva scuola, e la cosa non era infrequente, i due si incontravano e trascorrevano insieme ore meravigliose. Gli esami di maturità, ormai prossimi, non li distoglievano dai loro incontri e qualcuno ebbe la felice idea di  avvisare il ragioniere Bontempo. Ma ormai era troppo tardi.
Ermelinda era incinta. All’inizio ebbe solo qualche sospetto, ma quando si convinse  che il ritardo era ormai da considerarsi eccessivo e che non era paragonabile a quanto già altre volte le era successo, si risolse a confidarsi con la madre. La quale ebbe il terrore di rivelare la cosa al marito, sperando fino all’ultimo che si trattasse di un falso allarme. Ma, quando le analisi spazzarono via ogni illusione, con la morte nel cuore, gli spiattellò tutto.
Il ragioniere non gridò, non sbraitò e si prese solo qualche giorno di tempo per riflettere sulla cosa e decidere il da farsi. Ogni decisione toccava a lui, soltanto a lui che era il capofamiglia: gli altri avrebbero obbedito come sempre e nessuno nel paese avrebbe capito che qualcosa di terribile era avvenuto in quella famiglia. Anche Ermelinda, che pure in altre circostanze si era permessa di muovere obiezioni o di tenere testa al padre, questa volta non ebbe il coraggio di fiatare: in un pomeriggio di aprile, mentre tutt’intorno la natura sembrava svegliarsi ai primi tepori della primavera, lei, rassegnata e impotente, ascoltò la decisione del padre.
Di aborto clandestino non era proprio il caso di parlare, dal momento che esso era considerato peccato mortale dalla Santa Madre Chiesa. Ermelinda con una scusa qualsiasi si sarebbe trasferita a Catanzaro, dove il Bontempo godeva di qualche protezione e di qualche amicizia importante. Lì avrebbe  frequentato il Liceo, avrebbe sostenuto gli esami e avrebbe portato a termine la gravidanza, non riconoscendo però il figlio dopo il parto e consentendo che l’assistenza pubblica si facesse carico del mantenimento in vita di quello che, a tutti gli effetti, era da considerarsi solo “il frutto del peccato”. Quanto ad un eventuale matrimonio riparatore, l’ipotesi non fu  nemmeno presa in considerazione, dal momento che la persona in questione, pur intelligente, era notoriamente un morto di fame, figlio di morti di fame e certamente destinato a restare un morto di fame.


Ezio Scaramuzzino, Violetta spensierata e altri racconti, Gruppo Editoriale l’Espresso, 2012, pag. 195.