domenica 14 aprile 2013

Scandale - Pagine di storia


L’entrata del paese in una foto di Mastro Armando Gentile, scattata all’inizio del 1958, cioè (come mi disse qualche anno fa il figlio Orlando) pochi mesi prima che iniziassero i lavori per la costruzione della palazzina che c’è adesso. Probabilmente, quella che vedete sulla sinistra è forse l’unica immagine della vecchia “Forgia”.

Giuseppe Caridi

ASPETTI E MOMENTI DELLA VITA DI UN CASALE RIPOPOLATO:
SCANDALE NEL SEICENTO

Nonostante i primi insediamenti umani nel suo territorio si facciano risalire ai tempi preistorici, estremamente scarse sono le notizie relative a Scandale prima del secolo XVI. Gli stessi eruditi calabresi del periodo vicereale, che pure sul passato più o meno recente di tante contrade della loro regione forniscono interessanti, anche se non sempre attendibili, informazioni, a proposito di questo centro, oggi comune in provincia di Catanzaro, si limitano a notare semplicemente che si trattava di un casale di Santa Severina. Così si esprimono infatti Gabriele Barrio, a metà del secolo XVI e, qualche decennio dopo, il Marafioti e il Nola Molisi. Giovanni Fiore, che scrive nella seconda metà del Seicento, aggiunge solo che Scandale ai suoi tempi era «abitazione civilissima». A tutt'oggi, mentre sulle vicende di altri centri dell'entroterra crotonese in qualche modo si è scritto — e mi riferisco, ad esempio, ai lavori di Salerno e Bernardo su Santa Severina e, più recentemente, di Maone su San Mauro — è probabilmente da attribuire proprio a questo silenzio pressoché completo delle fonti narrative, oltre che alla esiguità e difficoltosa reperibilità della documentazione superstite, la mancanza di una monografia su Scandale. Già situato a sud-est dell’ubicazione attuale, in località detta appunto «Scandale Vecchio», il casale di Scandale figura fra le 393 terre calabresi abitate nella seconda metà del Duecento.
La sua popolazione, secondo il Pardi, che si avvale di registri angioini oggi distrutti, conta 431 unità nel 1276. Quattro anni prima, nel 1272, signore feudale di Scandale risulta Guglielmo di Amendolea, barone di Calatabiano, già ribelle agli Svevi e compensato da Carlo I d'Angiò con ampie concessioni territoriali in Sicilia e Calabria.
Nel corso del Trecento la Calabria, come tutte le altre regioni dell'Europa occidentale, fu colpita da una gravissima crisi demografica, le cui cause più virulente furono la carestia del 1315 e la peste nera del 1348, che determinò la scomparsa di numerosi centri abitati. Nel 1505, benché fosse già in atto in campo demografico un’inversione di tendenza, dal Levamentum Foculariorum Regni, aggiornamento a fini fiscali della popolazione del Regno di Napoli operato dalla nuova monarchia spagnola, si rileva che la popolazione calabrese era distribuita in 245 terre, 148 in meno cioè rispetto a due secoli e mezzo prima. Scandale, come pure la vicina S. Mauro, fa parte di questi centri spopolati. Il suo territorio era stato infatti già da tempo assorbito da quello di Santa Severina, le cui vicende politico-amministrative avrebbe perciò seguito, come sua parte integrante, fino a metà del secolo XVI. Sappiamo pertanto che nel 1402 Scandale risulta infeudato a Nicolò Ruffo, marchese di Crotone e conte di Catanzaro, per passare, con la sua morte, alla figlia Enrichetta che lo recò in dote al marito Antonio Centelles. Nel novembre 1444, Scandale è indicato come casale disabitato di Santa .Severina nel privilegio con cui Alfonso il Magnanimo, a causa della ribellione del Centelles, revoca al demanio regio il territorio santaseverinese che, salvo una breve parentesi tra il 1462 e il 1466, sarebbe rimasto demaniale fino al 1496. Nell'ottobre di questo anno il re Federico d'Aragona concede ad Andrea Carafa, dietro il versamento di 9 mila ducati, la contea di Santa Severina, che oltre alla stessa città e ai suoi casali comprende Roccabernarda, Policastro, Le Castella e Cirò. Al Carafa — membro di una delle maggiori casate napoletane che in Calabria Ultra si divideva nei rami di Santa Severina e Roccella — la contea è confermata nel 1503 da Consalvo di Cordova e quindi, nel 1506 e 1507, da Ferdinando il Cattolico. Ulteriori conferme giungono al conte di Santa Severina nel 1516 e nel 1520 dall'imperatore Carlo V che, l'anno dopo, dispone in suo favore la reintegrazione dei beni feudali indebitamente sottratti.
Dal documento di reintegra risulta che Andrea Carafa possedeva la città di Santa Severina, i casali di Cutro e S. Giovanni Minagò e le terre di Roccabernarda, Le Castella, Ciro e S. Lucido. Nessuna menzione tra i casali santaseverinesi si trova quindi di Scandale, che è invece considerato feudo disabitato, al pari di S. Mauro, S. Stefano, S. Leone e Turrotio; si indicano inoltre i terreni in cui si articola, con la relativa estensione:

«Scandale piccolo», di 21 salmate (ogni salmata è equivalente a ha. 2,691).
«Lo Prato de la Torre di Scandale», di salmate 25.
Terre dette «Li Communi di Scandale», di salmate 50.
«Santo Elia», di salmate 60, tenuto in suffeudo dal nobile napoletano Antonio de Galluccio.
Tenuta di circa 50 salmate adibita dal conte a prato dei puledri delle sue mandrie.

Conferenza sulla storia di Scandale tenuta dal Prof. Giuseppe Caridi a Villa Condoleo il 16 maggio 1986. Il pezzo sopra è solo una piccola parte dell’articolo completo successivamente pubblicato dall’Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, anno LII (1985) – Roma, Tipografia della Pace 1987.