domenica 21 aprile 2013

Iginio Carvelli - Il 50° di sacerdozio di Don Renato

Don Renato in una foto pubblicata in passato da Area Locale

Discorso di Iginio Carvelli, pronunciato per la ricorrenza del 50° di sacerdozio di Don Renato (1947-1997).

Questo straordinario momento, carico di grande significato e di tanta emozione, mi fa sentire inadeguato di rappresentare e di esprime il pensiero del laicato cattolico di questa nostra piccola comunità scandalese.
Ma don Renato, in questa solennità, rimane, come sempre, con tutta la semplicità che ha caratterizzato la sua azione pastorale durante i suoi 50 anni di presenza in mezzo a noi. Mi aiuta Lui stesso, dunque a vincere questo senso di inadeguatezza e rendere presentabili le mie povere parole.
Non sappiamo quanto don Renato sia contento, se vediamo questo suo 50° come la sera del pastore quando conta il gregge e conta quante sono rimaste prigioniere negli anfratti e nei roveti, quante smarrite o nelle mani dei bracconieri!
Quanti di noi sono ancora lontani, quanti di noi hanno messo le mani all’aratro e sono tornati indietro, quanti sono stati vinti dal dubbio, quanti dall’egoismo, quanti ancora non riusciamo a convertirci con la sincerità del cuore e della mente.
Oggi è la sera di un giorno lungo 50 anni e il tuo raccolto, oh Padre, è forse scarso e molti mancano all’ovile.
Ma noi vorremmo testimoniarti che hai lavorato senza mai stancarti, che hai seminato con l’amore e la speranza del contadino, che hai inumidito le zolle del tuo campo anche con le lacrime dello sconforto, lacrime che non mancano mai nella vita di un sacerdote. Noi sappiamo tutto questo e per questo ti diciamo grazie anche se a volte o spesso siamo rimasti sordi alla tua parola, anche se non abbiamo saputo sfruttare il dono della grazia.
Il 50° del tuo sacerdozio è la grande occasione per noi tutti per ringraziarti a nome dei nostri fratelli che hanno visto la tua mano alzarsi sui loro sguardi in cerca di perdono; per esprimerti riconoscenza per quanto hai fatto per condurci alla conversione.
Ti ho visto, sere addietro, come tante volte, solo con i tuoi pensieri e i tuoi affanni sul colle del Condoleo e ho detto tra me: ecco Aronne, ecco Mosè. L’uomo che ha sfidato l’avversità, che ha compiuto il miracolo della fede , il miracolo dell’amore, nel cammino verso la terra promessa, un cammino di grandi prodigi, di tante rese, di molti tradimenti ma sempre e comunque in cammino di speranza .
È stato difficile per Mosè guidare il suo popolo. È stato difficile per don Renato  guidare questo popolo. Un popolo è sempre difficile perché c’è sempre un Caino e c’è sempre un Abele, c’è sempre un figlio sulla strada del ritorno e un figlio turbato dall’egoismo, dalla gelosia, dal rancore. E il sacerdote è padre dell’uno e dell’altro.
I 50 anni di sacerdozio di don Renato sono segnati da questi infiniti momenti di difficoltà in cui l’ho visto perdente, deluso, abbattuto, scoraggiato e forse sul punto di lasciare, abbandonare e fuggire. Quante volte le sue gridate e i suoi silenzi hanno nascosto l’amarezza della solitudine e il tormento dell’abbandono! Quante volte ha gridato con il salmista “Che cosa ti ho fatto, popolo mio, perché tu mi maltratti così”. Io l’ho sentito questo grido e mi è sembrato quello dell’uomo sconfitto, ma ogni volta  ho capito la grandezza del suo sacerdozio. Non c’è un prete vincente, c’è sempre un prete crocifisso. Forse per questo abbiamo visto don Renato sempre dove c’è stato un dolore. Nel dolore c’è il povero, c’è l’uomo, c’è il Cristo perché Lui, il Signore, è sulla strada del dolore dove cammina l’afflitto e il carcerato, l’orfano e l’ammalato, il debole e il perseguitato.
Ora una preghiera: Oh Signore, conceda vita lunga a don Renato perché questo popolo ha ancora bisogno della sua guida sicura sulla strada della verità e della carità.

Scorcio di Villa Condoleo a Scandale, sede della Casa di Carità.