venerdì 1 febbraio 2013

Il Cardinale Fabrizio Ruffo

Il Cardinale Fabrizio Ruffo

Il Cardinale Fabrizio Ruffo e l’esercito della Santa Fede

Proveniente da una nobilissima famiglia calabra dei duchi di Baranello e Bagnara, Fabrizio Dionigi Ruffo nacque nel castello di San Lucido in provincia di Cosenza nel 1744. Diplomatico e uomo politico, era discendente dalla famiglia principesca dei Ruffo di Calabria, mentre la madre era una Colonna. Trasferitosi a Roma, intraprese la carriera ecclesiastica, aiutato dallo zio, il cardinale Tommaso Ruffo, allora Decano del Sacro Collegio. Fu elevato nel febbraio del 1785, al rango di Tesoriere Generale dello Stato Pontificio e fu creato cardinale da Papa Pio VI. Recatosi a Napoli si spostò in Sicilia nel 1798 dopo l’arrivo dei Francesi. Il Cardinale cominciò a meditare la sua impresa già a Palermo, dove si era recato presso Ferdinando IV che con la sua corte era momentaneamente in esilio forzato.
Ottenuto il titolo di Vicario Reale, sbarcò nei pressi di Pizzo l’8 febbraio 1799 con pochi uomini, il Ruffo ne ottenne un centinaio dai feudi della sua famiglia. Il cardinale si incamminò verso Mileto, ove il vescovo Capece Minutolo gli fece trovare una grande moltitudine di armati che lui ordinò militarmente fondando l’Armata Cristiana e Reale. Con quelli che lo seguivano il vicario si trovò a capo di ben diecimila uomini. Egli divise l’armata in tre colonne: una affidata a Giuseppe Mazza, assegnandogli per obiettivo la città di Nicastro; la seconda fu affidata a Francesco Giglio, diretta su Catanzaro, e la terza la tenne per sé. Occupata Maida, feudo della sua famiglia, raggiunse Catanzaro.
Mentre il cardinale provvedeva a riordinare l’amministrazione della provincia la colonna comandata dal Mazza occupava Nicastro, Amantea, Cosenza e si spingeva fino a Rossano. Era necessario, però, occupare Crotone ove si erano rinchiusi i più ostinati repubblicani. Facevano parte del presidio anche alcune decine di francesi reduci dall’Egitto, che una nave aveva sbarcato sulle coste calabresi.
Il cardinale il 21 marzo spinse contro la fortezza alcune compagnie di soldati, sostenute da una forte banda di irregolari. L’eco del furioso saccheggio di Catanzaro era già salita sulle montagne, così il famosissimo bandito Panzanera scese con le sue bande di briganti fino a Crotone. Il vicario spedì ai repubblicani alcuni parlamentari ad offrire perdono a coloro che lo avessero richiesto e libertà di tornare a Napoli per francesi e patrioti. I tre parlamentari, però, furono arrestati e condannati a morte come ribelli. Così, Crotone fu accerchiata da duemila soldati regolari del colonnello Perez de Vera con le compagnie di Giuseppe Spadea e Giovanni Celia da Gasperina, cui si unirono poi un gruppo di 80 uomini comandati da Don Nicola Romano e Don Giuseppe Drammis di Scandale, che sin dal febbraio avevano iniziato i preparativi in tutto il Marchesato. E la mattina del 22, venerdì santo, assaltarono la città. Crotone fu messa a ferro e fuoco senza che il Cardinale potesse frenare la furia delle bande. Dopo essersi impadronito di Crotone si avviò vittorioso a Napoli dove arrivò nel giugno 1799, restaurando la monarchia borbonica nel Regno. Ritiratosi dalla politica, morì a Napoli nel 1827.