GUGLIELMO PEPE
Squillace 1783 – Torino 1855
Patriota e figura importante del Risorgimento
italiano, un protagonista della vita politica e militare del Sud nella prima
metà dell’Ottocento. Entrato giovanissimo nell’esercito insieme al fratello Florestano
(Squillace, 1778 – Napoli, 1851) fu tra i soldati volontari che difesero la Repubblica Partenopea.
Esiliato in Francia, ritornò in Italia con Napoleone. Combatté a Marengo nel
1800, contro gli austriaci nel 1849, ecc. ecc.
Purtroppo,
gli scandalesi vissuti nella prima metà dell’Ottocento, hanno di Pepe un brutto
ricordo. Infatti, come lui stesso scrive nelle sue memorie, il 26 luglio del
1806 alla testa di un reparto di cavalleria fu “costretto” (dice lui) dal suo
comandante ad assaltare Scandale, paese allora di un migliaio di abitanti, la
maggior parte donne vecchi e bambini. Cosa era successo?
Il generale
Reynier, comandante della spedizione francese in Calabria, aveva mandato un
messaggero con una lettera al sindaco Don Domenico Nicoscia, ordinando di
allestire viveri per le truppe. I caporioni di Scandale si impossessarono della
lettera e, senza dire niente al sindaco, risposero: “se venite a Scandale
avrete palle e non viveri”, in poche parole, vi prendiamo a fucilate.
Arrivata la
risposta, Reynier ordinò all’aiutante di Campo, generale Berthier, di punire
Scandale e di fucilare il sindaco.
Così, una
colonna di duemila soldati francesi, provenienti da Cutro, arrivarono a
Scandale dalla parte della chiesa della Difesa. Entrò per primo un reparto di soldati
a cavallo con le guide, che rimasero meravigliati per il silenzio che c’era e
pensarono che il paese fosse stato abbandonato.
Ma i caporioni
del paese come don Nicola Romano, don Ercole Vitale, mastro Nicola Corrado e i baroni
Drammis, che sette anni prima (1799) avevano partecipato all’assedio di Crotone
al fianco delle truppe del cardinale Fabrizio Ruffo, allestirono con un
centinaio di uomini una vera e propria imboscata nelle viuzze intorno alla
chiesa dell’Addolorata. Al segnale, si cominciò a sparare dalle finestre e
molti soldati francesi morirono in quel frangente. Ancor più arrabbiati per
l’imboscata, i francesi circondarono il paese mettendolo a ferro e fuoco. Nello
scontro 25 scandalesi caddero.
Il povero
sindaco, non sapendo niente della sua falsa firma sulla risposta al Generale,
andò incontro ai soldati per chiedere spiegazioni, ma fu fucilato all’istante.
I francesi
passarono la notte in paese ubriacandosi con il vino trovato nelle case.
Infatti, gli scandalesi nascosti nei boschi vicini ne approfittarono: ritornarono
nella notte e ne uccisero parecchi a coltellate. La mattina dopo le truppe al
comando del generale Cesare Berthier (fratello del generale Alessandro Berthier
che occupò Roma nel 1798 su ordine del Direttorio) si diressero verso Crotone
lasciando, come dicono i documenti, il paese distrutto e in lacrime.