domenica 15 gennaio 2012

Articolo del 1961 del prof. Manlio Rossi-Doria sull’indagine svolta a Scandale



Gli anziani di questa foto, scattata a Scandale nel 1955 e pubblicata nel libro di Manlio Rossi-Doria, Un paese di Calabria, l’Ancora del Mediterraneo, Napoli, 2007, ancora non sono stati identificati. Le donne dietro sono: a sinistra, una che si chiamava Gesa; quella a destra è Finita Battaglia, mamma di Maria i Festina.


Studio di una comunità rurale interessata alla riforma agraria: Scandale, in provincia di Catanzaro


La relazione conclusiva, nella sua stesura provvisoria presentata all’ente committente [UNESCO], tentò di dar conto, nel miglior modo possibile, delle indagini svolte, anche se fu lasciata aperta la possibilità di fornire, successivamente, ulteriori informazioni.


Una prima conclusione fu senz’altro quella secondo cui Scandale era una tipica espressione di quella realtà meridionale nella quale minori sembrano essere le possibilità di sviluppo di una più ricca agricoltura e nella quale, perciò, l’imponente aumento della popolazione agricola verificatosi negli ultimi decenni ha aperto una crisi che (sulla base delle risorse attualmente disponibili in loco) è di fatto irresolubile. Sembrò di potersi concludere che la stessa riforma fondiaria (nonostante i sui benefici effetti) era stata investita da questa crisi, riproponendosi, così, l’antico problema dell’equilibrio tra risorse naturali e forze di lavoro. Quello stesso problema, cioè, che aveva nel passato trovato un certo sfogo nell’emigrazione e che, quindi, avrebbe potuto ancora trovarlo in futuro in un più organizzato esodo rurale. Quanto, invece, alla congruità o meno degli indirizzi nell’intervento della riforma, alla partecipazione ad essi degli assegnatari ed alle aspirazioni di questi si rivelò che:


a) gli indirizzi tecnici seguiti sembrano in aperta contraddizione con l’ampiezza ed il carattere delle nuove aziende contadine;


b) stante questa situazione, non vi era alcuna partecipazione degli assegnatari all’esecuzione dei lavori (il che non era stato neppure richiesto) ed anzi era del tutto mancata la loro approvazione e comprensione fino al punto di determinare una precisa azione di disturbo o di almeno parziale distruzione del già fatto;


c) sebbene ignoranti e bisognosi di aiuto, i contadini dimostrarono di avere le idee chiare ed aderenti alla realtà di quelle che avevano guidato l’impostazione dei tecnici nell’utilizzazione di quei terreni. Così, per esempio, nella maggior parte dei terreni (che erano di natura argillosa e ad andamento collinare in ambiente prettamente arido) i contadini continuavano a vedere unicamente possibile una cerealicoltura estensiva e perciò stesso avevano accolto con estremo favore l’introduzione dei trattori da parte dell’Ente Riforma.


Sostanzialmente diverse, a loro volta, le conclusioni relative alle zone più suscettibili di essere trasformate (più di 600 ettari, interessanti circa 150 poderi) per le quali sembrò essere assicurato un avvenire più prospero basato su un’agricoltura più ricca e più varia, con un vitale insediamento delle famiglie in campagna e, quindi, con differenti prospettive. Per questo, però, si sarebbe resa indispensabile una buona assistenza tecnica e creditizia nonché un’adeguata organizzazione per il collocamento o la trasformazione dei prodotti. Su tutto il rimanente delle terre restava valido il giudizio espresso dai vecchi agricoltori e dai nuovi contadini: non essere, cioè, economicamente conveniente altra destinazione che non fosse quella della cerealicoltura meccanizzata, accompagnata dal progressivo ritorno al pascolo ed all’allevamento delle pecore sulle terre più povere e scoscese.


Ma ciò sarebbe stato possibile solo se (come si è già detto) fosse stata realizzabile una certa emigrazione da Scandale tale anche da determinare la formazione di unità fondiarie più larghe nelle quali poter stabilizzare delle imprese contadine con ordinamenti produttivi estensivi e meccanizzati. Risultò, in altri termini, la coesistenza, a Scandale, di un settore stabile e di un altro instabile nella sua agricoltura; condizione, questa, che determinava una continuazione dello stato di crisi del paese e di quella popolazione. Al fine di attenuare i più gravi aspetti della miseria e della disoccupazione nel paese e, nello stesso tempo, di preparare un più solido equilibrio per l’avvenire si pensò di poter indicare alcune direzioni entro le quali operare con modestia di mezzi e persistenza di azione:


a) consolidamento del nucleo stabile sulle terre irrigabili ed alberabili;


b) miglioramento qualitativo della cerealicoltura meccanizzata sulle terre argillose non trasformabili, reinserendo in esse gradualmente le colture sarchiate miglioratrici (fava) e le foraggere;


c) acquisto e progressiva piantagione di tutte le terre alte adatte all’olivo, alla frutticoltura ed alla vite;


d) organizzazione cooperativa del credito di esercizio e di miglioramento;


e) partecipazione con proprie cooperative di lavoro alle sistemazioni montane od in zone vicine;


f) miglioramento dell’abitato del paese e della rete stradale campestre eseguito dagli stessi contadini, valendosi di mutui di favore e di contributi statali;


g) istruzione elementare, post-elementare e professionale diretta alla preparazione dei giovani all’emigrazione.


A distanza di anni la ricerca andrebbe ripresa al fine di controllare cosa è avvenuto in questo periodo e, quindi, valutare, meglio di quanto non poté essere fatto a quell’epoca, gli effetti della riforma.


Cfr. Manlio Rossi-Doria, Studio di una comunità rurale interessata alla riforma agraria: Scandale, in provincia di Catanzaro, Bollettino delle ricerche sociali, Anno I, n°3-4, maggio-luglio 1961.