domenica 8 agosto 2010

Scandale nel Seicento



Scandale nel Seicento. Parte di un lungo articolo del Prof. Giuseppe Caridi (foto a destra), nato a Reggio Calabria, docente di Storia Moderna all’Università di Messina.


“Una volta seguite, pur con le inevitabili lacune, le vicende demografiche, si pongono altre importanti questioni inerenti alla realtà di Scandale nel secolo XVII, come, ad esempio, le occupazioni e i modi di vivere dei suoi abitanti; questioni alle quali, se sulla scorta della documentazione disponibile non è possibile dare risposte esaurienti, si possono, tuttavia, fornire interessanti indicazioni.

In una “Descrittione” del 1602, conservata presso l’Archivio Segreto Vaticano e redatta da un incaricato della nunziatura apostolica napoletana per informare la Santa Sede su “sito e qualità della città di Santa Severina”, si riferisce tra l’altro, che nel feudo santaseverinese vi “sono due casali l’uno nominato Santo Mauro e l’altro Scannali quali sono tutti bene habitati, e sono tutte genti foresi, et massari, e stanno la maggior parte se non facultosi commodi”. Più avanti, a proposito dell’utilizzazione agraria del territorio di Santa Severina, dopo aver osservato che una porzione di esso è abitualmente locata a pastori cosentini, che l’adibiscono a pascolo invernale delle proprie mandrie, il relatore scrive che “parte [del territorio] serve per massaria di grani orzi et altre vettovaglie, e dette massarie se ne fanno pochissime dagli huomini di Santa Severina ma la maggior parte da massari di Santo Mauro, et Scannali”.

Alcuni atti notarili relativi all’affitto di terreni della Mensa arcivescovile testimoniano, anche in periodi successivi, l’esistenza di rilevanti interessi economici di scandalesi in varie parti del feudo di Santa Severina evidenziati dall’ignoto informatore pontificio. Nel luglio del 1660, ad esempio, il reverendo Egidio Basilico di Scandale ottiene in locazione, per 156 ducati, la tenuta ecclesiastica di Centonze. Due anni dopo, sono gli scandalesi Giovanni Vincenzo Cizza e Giovanni Vincenzo Iuccagnari a prendere in fitto il fondo Diastrella per un biennio, al canone di 25 tomoli di grano l’anno. La gabella arcivescovile di Santa Anastasia, in territorio di Scandale, è locata, nel novembre 1663, a Giovanni Francesco Cavara e Domenico Ferraro che si obbligano a versare alla Mensa 55 tomoli di grano annui per i successivi due anni, dopo che il chierico Giuseppe Marchese, anche egli di Scandale come i due successivi locatari, aveva rescisso il contratto con cui, alle medesime condizioni, gli era stata affittata l’anno prima. Nel novembre 1700, Giulio Gimigliano, Tommaso Calamarà, Antonio Turrioti e Domenico Clarà, tutti di Scandale, si impegnano a pagare, l’anno successivo, 200 ducati per il pascolo del fondo di Centonze.

Con il contratto di locazione quadriennale stipulato con la Mensa di Santa Severina, nel gennaio 1703, il chierico scandalese Giovanni Bernardino Adamo si obbliga a corrispondere, negli ultimi tre anni, 100 tomoli di grano all’anno per la coltura della gabella di Santa Anastasia. Quattro anni più tardi è lo stesso arciprete di Scandale, don Muzio Ceraldi, a prendere in affitto triennale il fondo arcivescovile denominato “Manca del Vescovo”, in territorio scandalese, franco di canone per il primo anno, quando il conduttore vi avrebbe fatto maggese, e gravato del censo di 165 tomoli di frumento alla raccolta dei due anni seguenti.

Particolarmente attivi in campo economico appaiono quindi gli ecclesiastici scandalesi. I loro nomi, nel novembre 1660, si desumono dagli atti di una visita pastorale. Si tratta in tutto di 25 unità, un numero rilevante anche se non raggiunge i livelli della città arcivescovile di Santa Severina dove, ad esempio, nel 1687 il solo clero secolare conta 60 membri, pari al 6,7% dell’intera popolazione, oltre il quintuplo, cioè, per avere dei termini di confronto, della media calcolata in tutto il Regno di Napoli, secondo le cifre fornite dal Galanti, un secolo dopo”.


Giuseppe Caridi, Aspetti e momenti della vita di un casale ripopolato: Scandale nel Seicento, in Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, anno LII, 1985, Roma, Tipografia della Pace, 1987.