domenica 29 agosto 2010

“Rughe di pietra” di Iginio Carvelli


Rughe di pietra pubblicato da Rubbettino Editore nel 1995, racconta piccole storie di un paese calabrese, Scandale, situato nel cuore del vecchio marchesato di Crotone. Di seguito un passo che si trova a pagina 56, dove l’autore parla del palazzo Brescia e Largo Genuzzo.


“Sovrasta il largo un antico palazzo, acquistato e ristrutturato da don Pasquale Brescia, dinamico amministratore comunale, sindaco più giovane d’Italia nei primi anni cinquanta.

Il palazzo era abitato da don Riccardo, un vecchio possidente dalla barba incolta, lunga e bianca. Aveva gli occhi incavati, il ciglio austero. Non dava confidenza a nessuno. Non entrava nei locali pubblici. Non l’ho visto mai in chiesa. Sembrava l’innominato dei Promessi Sposi. Nella fantasia dei bambini era un uomo cattivo. Don Riccardo in verità, non faceva male a nessuno. Era solo un cavaliere solitario e forse romantico. A don Renato, suo parente, concesse un’ala del palazzo per avviare un ginnasio privato. Molti ragazzi volenterosi di famiglie meno abbienti, ultimate le scuole elementari, ebbero così la possibilità di studiare. A frequentare il ginnasio vennero ragazzi di San Mauro Marchesato e di altri paesi vicini. Perché non esistevano mezzi pubblici di trasporto al di fuori della vecchia “Mediterranea” che collegava Petilia Policastro con Crotone passando per Scandale.

Don Riccardo concesse altre stanze del palazzo e don Renato fondò il convitto Pio XII. Una iniziativa che morì sul nascere. Don Riccardo non tollerava il baccano dei ragazzi durante le ore di ricreazione, né perdonò un loro scherzo di cattivo gusto. Si racconta che nel pieno della notte, due dei più vivaci, tra cui Dino Vitale di San Mauro, si portarono dietro la porta che divideva il convitto dal resto del palazzo e lanciarono lamenti d’oltre tomba.

“Riccardo, Riccardo, pentiti, la morte è vicina: Riccardo, Riccardo, convertiti e dai le tue ricchezze ai poveri”. Don Riccardo fu drastico. Sfrattò il convitto appena finì l’anno scolastico.

Ora sul “largu i genuzzu” sembra calato un sipario di silenzio”.