domenica 6 dicembre 2015

Un ricordo del prof. Gilberto Marselli del suo soggiorno a Scandale nel 1955

Foto scattata a Scandale in via Roma nel novembre del 1954. Da sinistra a destra: il prof. Manlio Rossi-Doria; l’assistente Lucia Trucco, detta Mimma; l’ingegnere Alberto Marsella e il prof. Alberto Antonio Marselli. La casa sulla sinistra, all’epoca era di Mastro Quintino e la casa in fondo con finestra era di Francesco Abiuso, che era un po’ la guida e il suggeritore del Professore in paese.

Di seguito, alcuni passi di un lungo articolo del prof. Gilberto Antonio Marselli, adesso in pensione, ma per tanti anni docente della Facoltà di Sociologia all’Università di Napoli, dove racconta qualche aneddoto della sua permanenza a Scandale, in via Roma, nella casa della vedova Scaramuzzino. In questa casa alloggiava anche il prof. Rossi-Doria con le collaboratrici.


Una significativa esperienza
Gilberto Antonio Marselli

Per quanto riguarda la ricerca oggetto di questa pubblicazione, varrà la pena sottolineare innanzi tutto la composizione della équipe voluta da Rossi-Doria che, se vogliamo, aveva poco di rigorosamente scientifico, ma aveva molto dello spirito che lui aveva avuto la capacità di creare intorno a sé, nell’Osservatorio di Economia agraria per la Campania, Calabria e Molise presso l’Istituto di Economia e politica agraria della facoltà di Agraria dell’Università di Napoli, con sede a Portici. Oltre alla moglie (Anne Lengyel Rossi-Doria) anche la signorina Lucia (Mimma) Trucco, italo-francese, giunta a Portici, in quanto era nipote del professore Umberto Facca, perché interessata ai problemi del Mezzogiorno e la signorina Mary Lou Carmer, una studentessa americana che godeva di una delle borse Fullbright per fare le ricerche per conseguire il PhD in Antropologia culturale. A questo gruppo fui chiamato anche io in quanto, nel 1949, avevo curato i rilevamenti per la carta dell’utilizzazione del suolo nel comprensorio silano […].
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Alla descrizione fatta da Rossi-Doria dell’alloggio della vedova Scaramuzzino da noi occupato, vanno aggiunte alcune annotazioni che potranno meglio far comprendere l’ambientazione in cui ci saremmo mossi. Le nostre due camere erano leggermente sollevate dal piano strada e vi si accedeva a mezzo di una breve rampa di scale che partiva da un angusto androne: nel vano scala si affacciava la cucina dei locali del piano superiore al nostro, dalla cui finestrella spesso si affacciava la figlia della padrona di casa. Sul nostro pianerottolo e prima della porta di ingresso, vi era lo sportello di chiusura del piccolo vano in cui vi era l’imbocco del tubo fecale (infatti, in assenza di un regolare gabinetto, ci si doveva servire del cosiddetto “gettatoio esterno”, frequentissimo nelle case contadine del paese).
Un giorno, approfittando di una trasferta a Catanzaro del Professore e della signora Anne per la rilevazione di alcuni dati (ma, credo, per il legittimo bisogno di un minimo di maggiori comodità), mi detti da fare, con l’aiuto di un muratore, per migliorare questo assetto, applicando al tubo fecale un normale w.c., ampliando leggermente il vano e coprendone l’apertura con il telone della mia auto. L’ardita innovazione fu da tutti approvata incondizionatamente e al loro rientro brindammo con del prelibato vino di Cirò rosso, che fu particolarmente gradito da Mary Lou.
Per il resto, non apportammo altre modifiche al nostro alloggio e nemmeno al suo arredamento. Mi accorgo solo ora di non ricordare di essere mai entrato nella seconda Camera (quelle delle signore) e, quindi, di essermi occupato della manutenzione e pulizia solo della nostra: la più ampia e anche la più frequentata, sia dal nostro gruppo e sia, ancor più, dai numerosi visitatori, che aumentavano ogni giorno.
Mentre le signore mi sembra disponessero di un solo grande letto matrimoniale, noi avevamo due scomode poltrone letto, che venivano montate all’ultimo momento, prima di andare a letto. Quando avevamo la visita di Rocco Mazzarone, mi trasferivo sulla cassapanca del grano con un materasso riempito di spoglie di mais: poiché era più alta dei letti, vi si dominava tutta la camera e ciò era particolarmente importante durante il rito mattutino. Infatti, alla sveglia, il professore (che, come tutti coloro a ciclo notturno, era a lento risveglio, come del resto sono anche io) era solito raccontarci il suo sogno e anticiparci le possibili alternative per gli incontri di lavoro. Ho sempre avuta la vaga sensazione (forse, sarei più onesto a dire la ferma convinzione) che quei sogni fossero sempre ed esclusivamente delle costruzioni immaginarie , che, però, avevano il pregio di creare in tutti noi una piacevole atmosfera, spogliata di alcune ufficialità o formalità. una caratteristica, questa, che era ed è sempre stata la nota dominante dei rapporti che don Manlio riusciva a stabilire con tutti e, in particolare, con i collaboratori: dote anche allora difficilmente riscontrabile a tal livello nei gruppi universitari di ricerca e oggi, purtroppo, credo del tutto assente o quasi essendo ben altri i rapporti vigenti in essi.
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Delle auto da noleggio, che accompagnavano gli scandalesi a trascorrere le serate libere nella vicina cittadina di Crotone, una era di proprietà, appunto, di don Renato. Quasi a voler saggiare le nostre reazioni, ci fu detto che queste gite serali (e, spesso, ogni auto doveva effettuare più corse, specie il sabato e la domenica) oltre al film e alla pizza nella trattoria di fronte al cinematografo prevedevano anche una visita all’unica casa chiusa di Crotone. Ciò veniva quasi presentato come il conseguimento di un maggior livello di spregiudicato uso delle opportunità offerte all’impiego del tempo libero: certo ben diverso da quello proprio di una comunità contadina calabrese nel periodo precedente la Seconda guerra mondiale. Tanto più se, nel caso specifico, tenevano molto a sottolineare il particolare del proprietario dell’auto.

Manlio Rossi-Doria, Un paese di Calabria, l’Ancora del Mediterraneo, Napoli, 2007, pag 40, 48 e 53. Libro pubblicato a cura del prof. Michele De Benedictis.