domenica 8 febbraio 2015

Intervista di Monica Pasero a Iginio Carvelli

Iginio Carvelli in una foto di Cesare Grisi

OLTRE SCRITTURA

Oggi, nel mio spazio, ho il piacere di ospitare un uomo impegnato da sempre nel sociale. Il quale attraverso la comunicazione e i suoi grandi valori ha lasciato un’impronta forte e positiva, soprattutto concreta, a favore della sua splendida terra: la Calabria.
Uomo di grandi risorse, in cui si evidenzia la sua forte spiritualità e il suo grande senso di giustizia che traspare anche nei suoi innumerevoli scritti. A Oltre scrittura il giornalista nonché scrittore Iginio Carvelli. 
La sua esperienza nel campo della comunicazione è davvero vasta. leggendo la sua biografia non posso che evidenziare la grande forza e perseveranza nelle sue innumerevoli lotte e innovazioni a favore dei suoi conterranei. Viviamo oggi in una società di parolieri dove la parola circuisce, ma la sostanza non giunge. A suo avviso l’idealismo può ancora rivoluzionare questa società, c’è ancora speranza per chi ci crede davvero?

L'idealismo da solo non basta. È una linfa necessaria per tenere vive le radici dei valori umani e culturali, ma come le idee, ha bisogno delle gambe per camminare. I processi del cambiamento si costruiscono con la forza degli ideali capace di smuovere le incrostazioni della conservazione e di fare avanzare il nuovo, mirato esclusivamente al bene comune. È possibile  rivoluzionare  questa società e c’è motivo di bene sperare con un idealismo che si faccia azione, con idee vive e sane  e non con idee morte e malate perché, e rubo un pensiero di Sciascia: “Un’idea morta produce più fanatismo di un’idea viva; anzi soltanto quella morta ne produce poichè gli stupidi, come i corvi, sentono solo le cose morte”.

La comunicazione, a quanto leggo, vive con lei da sempre: per molti anni ha diretto il mensile “Kairos” che si occupava appunto di cultura e attualità e qui le chiedo: dalla sua esperienza di vita, la vera cultura passa tramite le cattedre e i letterati o tramite la vita di tutti i giorni?

Il concetto di  cultura ha mille facce , significati e  definizioni perché si è modificato nel corso dei secoli nelle varie tappe del cammino dell’umanità. Mi affascina il pensiero antico che  vede la cultura come  educazione dell’uomo alla vita umana. Poiché il termine deriva dal latino colere che significa coltivare, il pensiero va al seme che si umilia e si nasconde in una zolla di terra per esplodere in una fioritura verso il cielo e diventare pianta, albero, frutto,ombra, ospitalità. Sono tante le specie degli alberi come sono tante le culture che rappresentano la ricchezza vera dell’umanità, culture differenti da rispettare e amare. Le cattedre e i letterati  rischiano a volte di essere querce che producono ghiande , se dimenticano le radici e  vivono della gloria del sapere, spoglia  della centralità dell’uomo che è soprattutto dignità e amore. Scrive San Paolo: puoi conoscere tutti i misteri e tutta la scienza, parlare tutte le lingue, se non hai l’amore sei un niente, un cembalo suonante. La vita di tutti i giorni è fatta di incontri, di relazioni, di conoscenze, di tradizioni, di religiosità, di gente in cammino che sono l’essenza della cultura cioè il seme che si fa albero. Ci sono i grandi letterati, ma non mancano i piccoli scrittori di periferia che vivono in mezzo ai problemi della gente, spesso sfruttati da editori stampatori che in nome della cultura mirano a un profitto poco pulito. La scrittrice Marguerite Yourcenar afferma che “Chi edifica biblioteche, costruisce granai contro l’inverno dello spirito”. Ogni libro è un chicco di grano, quindi un valore  che si aggiunge ai processi culturali che partono dal basso. Processi che andrebbero sostenuti e apprezzati  dalle politiche formative e culturali.

Da sempre legato alla sua splendida terra, decide di regalare a quei posti, precisamente alla sua amata Scandale una delle sue opere dal titolo “Rughe di pietra” edita da Rubettino Editore, con la quale vince nel 1996 il prestigioso premio “Il Pino d’oro - giornalismo letterario”. In questa sua raccolta, racconta la vita semplice di quei luoghi e il suo divenire. Qual è il messaggio, principe, di questa sua narrazione?

La televisione ha spento il focolare che una volta veicolava le memorie non scritte di una determinata comunità. Non si racconta più accanto al focolare e si perdono conoscenze che narrano i sudori dei padri. Le nuove generazioni  si godono l’ombra di un albero e non si domandano che , tanto tempo fa, c’è stato un uomo che in quel posto ha piantato un seme. Un uomo, che ha ricevuto le memorie dal racconto del nonno o dei genitori, ha il dovere di tenerle in vita. Io ho avvertito questo imperativo interiore e ho raccolto in “rughe di pietra” piccole storie del mio paese, destinate altrimenti a un indecoroso oblio. Il passato è un patrimonio che si consegna al presente  per essere arricchito e  costruire il futuro. Un messaggio che vale per i padri e vale per i figli.

Le sue opere sono tutte di grande valore sociale, toccano tematiche forti e sempre attuali. Nei suoi testi spicca la necessità di condurre il lettore alla riflessione, al bisogno di riportare nelle gente il senso della giustizia. Quale, secondo lei, tra le sue opere ha espresso al meglio questo concetto?

 In “donna d’onore” Stango editore, e in “La spina di rovo” Europa edizioni - ambientati in tempi e realtà dominati dalla presenza di gruppi  mafiosi, si evidenzia l’urgenza  di una crescita della cultura della legalità. Un processo culturale  che inizi dalla famiglia, si rafforzi  nella scuola, si diffonda nella comunità civile. La mafia è un cancro che ostacola la crescita economica del territorio, umilia la gente per bene, dà valore alla prepotenza. Si fa spazio anche una mafia sottile, invisibile ogni qualvolta il diritto viene sostituito dal favore, per cui chi ha santi in paradiso corre veloce, lasciando appiedati gli altri. Gli svantaggiati sono spesso le vittime di una giustizia che non c’è.

Tra i tanti libri, da lei pubblicati , ricordo: Danuta” edizioni lavoro Roma e “Donna d’onore” Stango editore, dove protagonista indiscussa è la donna. Dall’alto della sua maturità le chiedo: secondo lei, a oggi, la donna cosa ha perso e cosa deve ancora raggiungere nella sua evoluzione?

Ha perso il pudore di Lucia Mondella, ma ha conquistato il coraggio di Aung San Suu Kyi  e l’amore di Madre Teresa di Calcutta. Si fa largo la valenza della mente e del cuore della donna, al di là delle doti del corpo. L’impegno della donna nella cultura, nella vita sociale, nelle istituzioni, si manifesta sempre di più  straordinario, esaltante, innovativo, a volte rivoluzionario. Secondo il mio modesto parere, la donna non ha bisogno delle concessioni dei maschi per cui non hanno senso le quote rosa. Le sue sensibilità a volte sono uniche e in grado di frantumare mentalità e arroganze legittimate dalle leggi.

Tra le sue opere, mi soffermo su quella che mi ha incuriosito di più “Diario di un cane randagio” edito da Falco Editore. Anch’ essa legata al bisogno di giustizia, ma questa volta a rivendicarla è il mondo animale. Due parole su questa sua narrazione.

Ritengo elemento di civiltà il dovere di tenere viva l’attenzione sui nostri amici animali. Il cane  non è un problema, ma una soluzione e come tale una risorsa. Gli  animali hanno  un ruolo di servizio all’uomo, “Signore” del regno animale. Nella genesi leggiamo: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza e domini su tutti gli animali” (dominare da dominus, signore!). La cronaca di tutti i giorni ci dice che spesso l’uomo si comporta  non da signore, ma da mascalzone. Il fenomeno dell’abbandono è diffuso e svela l’ipocrisia di chi ama la fedeltà del suo cane  e poi l’abbandona. Sostengo che il cane non è un oggetto ma un soggetto e come tale ha i suoi diritti: essere rispettato, curato, accolto, amato. Anche per lui c’è una giustizia da rispettare.

Girando sul web, mi imbatto in questa suo frase: “Avrei due strade, la disperazione e la speranza, ossia il buio e la luce. Sulla prima strada tutto è perduto, sulla seconda tutto è possibile”(tratta da “Uguali ma diversi” edito da Rubettino Editore). Dove mi trova pienamente d’accordo e qui le chiedo: nella sua lunga esperienza come “Uomo” quanto la speranza le è stata alleata in questi anni ?

La vita di un uomo è segnata da delusioni, sogni spezzati, affetti perduti, incomprensioni e sconfitte che lasciano cicatrici profonde che, a volte, scoraggiano a proseguire un cammino. Ogni uomo fin dalla culla conosce il pianto, a volte cocente. È sempre vero che alla notte segue il giorno con il calore di chi ti vuole bene, con la gioia di un figlio che nasce, con l’arrivo di un’opportunità lavorativa, con la generosità di una mano tesa,con la lotta per una società più giusta, con la fede che rafforza lo spirito. In fondo a un tunnel c’è sempre una luce che si chiama speranza. “Non abbiate paura, non lasciatevi rubare la speranza”. Sono parole di Papa Francesco. Se penso al mio passato, vedo le tante cadute e quante volte mi sono rialzato; sogni sfumati e sogni realizzati, ingratitudini ricevute e grazie su un sorriso innocente, una malattia e una guarigione, una giovinezza che se ne va e un’età che avanza  serena verso il traguardo finale che è l’abbraccio nella misericordia del Padre. In tanto cammino, la speranza mi è stata amica e non mi ha mai tradito.

Un consiglio per tutti i giovani che vogliono provare ad intraprendere questa strada.

Un ragazzo chiese a un vecchio seduto su una panchina: cosa devo fare per diventare saggio? Il vecchio rispose: leggi per interpretare i segni dei tempi, fai tesoro del tuo pianto e non fermare lo sguardo sul pattume, ci sono tanti fiori intorno a te. Il ragazzo sorrise incredulo: tu sei un idealista e allungò il passo. Non andare via, si lamentò il vecchio, dovresti pagarmi per il consiglio che ti ho dato, ma in compenso dammi una mano per sollevarmi da questa panchina. Ho perso le forze eppure ho combattuto tante battaglie per un mondo diverso. Il ragazzo liberò la sua ironia: Ci sei riuscito? Il vecchio scrollò la testa e disse: No, perché combattevo con l’odio e il rancore nel cuore, ma tu ci riuscirai se la tua arma sarà l’amore nutrito dalla verità.

Intervista di Monica Pasero a Iginio Carvelli pubblicata nel mese di ottobre 2014 dal sito oltrescrittura.blogspot.it