Scandale,
Quando Castellani si presentò a Scandale, chiese all’Amministrazione comunale di poter visitare il paese accompagnato da qualche funzionario. Venne scelto per l’occasione il nostro Gino Scalise, allora impiegato comunale, che portò il regista in giro per le viuzze e per le piazze, rispondendo alle numerose domande.
Successivamente, quando cominciarono i preparativi per le riprese del film, Gino Scalise scrisse un articolo (28 giugno) che fu pubblicato dal quotidiano “Il Tempo” di Roma il 30 giugno 1960. Il regista, non solo non approvò il contenuto dell’articolo, ma rimase molto seccato del fatto che si parlasse in anticipo del film, tanto che da quel giorno non rivolse più la parola a Scalise. Di seguito l’articolo completo.
Renato Castellani a Scandale per un film ambientato in Calabria.
Il regista di “Due soldi di speranza” ha trovato la cittadina ricca di storia e di leggenda e con luoghi che ha definito bellissimi. Sarà girato “Il brigante”, dall’omonimo libro di Giuseppe Berto.
Scandale 28 giugno 1960
Non sperava certo il regista del film «Due soldi di speranza» durante la stesura del piano di lavorazione, e noi non sospettavamo, che a Scandale vi fossero i luoghi, da lui definiti bellissimi, per la realizzazione di un nuovo suo film; si è, anzi, persino rammaricato di non averli visitati prima di fare il capolavoro premiato a Cannes. La piazza San Francesco d’Assisi in modo particolare, piazza ricca di storia mista a leggenda e di mistero, farà inattesamente il giro degli schermi del mondo, ovunque portando il fascino del suo insuperato silenzio giammai disgiunto dalla visione di una vita semplice e tribolata di gente che nel lavoro dei campi matura il proprio pezzo di pane.
IL Brigante, o qualcosa di simile, dall’omonimo libro di Giuseppe Berto, sarebbe il film che Renato Castellani intende girare a Scandale. L’opera dello scrittore veneto troverà quindi, per l’alta sensibilità umana e sociale e per la competenza tecnica di Castellani, la sua migliore espressione nella stessa Calabria, in un piccolo paese della provincia di Catanzaro che, distrutto due volte dalle vicende storiche, cui non sono estranee le invasioni saracene e le più strane notizie brigantesche, che sanno quasi di leggenda, può essere raggiunto, salendo, da Crotone o da Santa Severina, che gli stanno di fronte, appollaiato com’è, quasi un nido d’aquila, sulla più alta collina del vecchio ed ubertoso marchesato di Crotone.
Per la realizzazione del film, già fervono in piazza San Francesco, che ha forma di poligono irregolare, opportuni lavori di adeguamento sotto l’esperta guida dell’architetto dr. Sergio Canevari per conto del produttore Rizzoli. Ivi sono siti l’antico e maestoso palazzo dei Baroni Drammis, di cui sono superstiti i fratelli Antonio e Giovanni, che vantano origine spagnola e appartenenza alle principali famiglie d’Europa nell’Albo di Ginevra; il palazzo merlato del signor Ernesto Bonanno, medie e piccole case di umili lavoratori della terra, qualche magazzino ed un oleificio (fabbricati tutti vecchi e, i primi due, austeri) e la chiesa, che fu dell’Addolorata, e che, conservando all’esterno e alla facciata principale l’aspetto di vecchia chiesa, raccoglie oggi all’interno, trasformato in istituto per opera di don Renato Cosentini, parroco del luogo, quaranta orfanelle sotto la guida di signorine oblate.
Ora che la casa del signor Carlo Tallarico, l’unica che aveva subito rifacimenti pretesi moderni, è stata rivestita del vecchio manto e incappucciata di fascinosi archetti, tutta la piazza ha ritrovato la sua unità architettonica, tanto necessaria al film, ripiombando di colpo nel mistero dei decorsi decenni alimentato e diffuso, tutto intorno, dalle viuzze storte e disuguali, sconnesse, alcune delle quali sormontate da vecchi archi e da volte affumicate, che immettono in altrettanti misteriosi rioni (ruve) e vicoli cechi (vagghj) che fan raggiungere alla piazza il massimo della misteriosità, intanto che l’arteria principale, inerpicandosi a rilento verso la parte alta del paese lascia vedere e gustare, da vicino, un panorama fatto di casette e fabbricati di vecchio tipo messi a mo’ di presepe e costituenti una scena quanto nessun’altra suggestivo, proprio, come suol dirsi, una “scena da film”. Quando ultimati che saranno i lavori anche mediante il nascondimento, con impalcature di finte case, di parte del paese al di sotto della chiesa Matrice e dei negoziucci di Corso Umberto I, la troupe di Castellani potrà fare il suo ingresso, attesissimo, a Scandale.
Ma fu d’uopo dirlo, non solo i luoghi subiscono mutamenti; anche le persone, per proprio conto, intanto che il regista continua forse sulla stesura del soggetto, ostentano, in ciò tradendosi, atteggiamenti da ripresa per la risaputa intenzione di Castellani di volersi largamente servire di comparse locali in ruoli discretamente importanti, affidando a qualche attore(?) le parti di massimo impegno. Non è pertanto raro incontrare persone piuttosto corpulenti del tipo boxeur, o longilinei del tipo degli atleti, che ostentino l’aria di predestinati a grandi gesta, e forse per questo qualcuno non si decide a radersi più spesso la barba o a tagliarsi l’ingombrante antigienico pizzetto (malgrado il caldo). Ma (occorre dirlo) non è la pietra che sceglie un posto nella costruzione; è il costruttore che, credendolo, ve la colloca! Molte speranze andranno pertanto deluse, e molti saranno quelli che avranno forse la sorpresa di vedersi chiamati ad incarnare una parte, proprio per non avervi ispirato o pensato prima, mentre tutti potranno ugualmente far la loro comparsa nelle scene di popolo e nelle processioni religiose che, essendo belle e suggestive tradizioni regionali e locali, costituirebbero scene di rilievo e di grande interesse.
Quanto al film, si prevede che esso sarà intonato alla massima serietà e dignità umana e sociale, riverente e sincero, senza tutte quelle piccole assurdità che viziano opere di così vasta mole, e senza dubbio sarà uno dei migliori o addirittura il migliore tra quelli ambientati nel meridione e della produzione italiana. Ce ne sono ampissima garanzia il regista, l’opera scelta e le premesse in loco esistenti per la realizzazione di un film destinato forse a dire, a tutti, che
Pensiamo sarà perciò un film eccezionale, e cioè la meraviglia dell’opera di Berto (se questa ne è la fonte) raccontata per immagini dal Castellani, l’inserimento poderoso e solenne ma vitale, e il più possibile, reale, delle affascinanti vicende nella sequenza delle scene drammatiche e tragiche di cui è composta l’opera dello scrittore veneto. Sarà certamente anche una risposta ossequiente e anticipata alla richiesta dell’onorevole Tupini di evitare la inutile e dannosa licenziosità nel film, per il conforto e fine sociale che il «Brigante» si propone.