In questa vecchia foto, probabilmente dei primi anni Cinquanta, conservata da Luigi Aprigliano, si vede il Presidente Gino Scalise mentre accompagna la sposa al matrimonio di Raffaele Galasso. |
Prefazione
del critico letterario Rino Pompei al libro di Gino Scalise “Poesia e vita”,
Liriche vecchie e nuove, Edizioni Agnesotti, Viterbo, 1979.
Scendere nel cuore del Poeta, ascoltarne i più
segreti palpiti, conoscere le più delicate vibrazioni di un mondo sensibile,
estraneo e sconosciuto al mio, è stato il primo spontaneo impulso e quindi il
primo compito che mi sono posto non appena ho avuto tra le mani la raccolta di
liriche “Poesia e vita” di Gino Scalise. Perché questo? Si dice che Georg
Leigh-Mallory, a chi gli chiedeva perché scalasse le montagne, rispondesse che
lo faceva perché c’erano. Se la risposta di Leigh-Mallory ha un profondo
significato nell’animo dell’esploratore è pure di fondamentale importanza nello
spirito di una critica che non vuole essere una fredda e schematica esposizione
di concetti e di forme ma la risultanza di un appagamento interno in cui
convergono la bellezza e l’incanto di un animo a propria disposizione, le
meravigliose aulenti foreste di sensazioni nuove e di sentimenti colti negli
attimi più fecondi di una vita, in un tempio sempre soffuso di sapienza
cumulativa, presente e passata.
Il titolo dell’opera Poesia e vita richiama di per sé le origini del pensiero greco in
cui la vita è considerata una determinazione universale della realtà sensibile
ed il pensiero di Martin Heidegger, per l’esistenzialismo tedesco, in cui si
afferma che la poesia è linguaggio assoluto e l’essenza stessa del linguaggio,
essa è, “il nominale che fonda l’essere e l’essenza di tutte le cose, non un
dire arbitrario, ma quello per cui solamente si manifesta tutto ciò che poi nel
linguaggio di ogni giorno discutiamo o trattiamo”. Se Gino Scalise ha saputo
riportarmi con il suo titolo della sua raccolta a questi due pensieri, era
naturale che per l’ansia dell’indagine urgesse prepotente la ricerca e diciamo
subito che l’esito di essa ha trovato nella poesia dello Scalise questi due
concetti in felice connubio: realtà sensibile nel travaglio di ogni giorno e
nell’esperienza di un costante divenire, nominale che fonda l’essere di tutte
le cose nell’espressione più elevata di un linguaggio valutativo che racchiude
in se stesso la vita nella sostanza più pura.
La poesia dello Scalise affonda quindi il suo
scandaglio nel cuore della realtà quotidiana e la penetra, la fa propria e la
vive come se fosse la sua realtà, in un tutto inscindibile dove tormento ed
estasi, emozioni ed aneliti ad alti ideali si esprimono in un valore ontologico
in cui il noumeno non si ferma al fenomeno dell’essere ma allarga la sua
indagine, oltre che verso il campo dell’esperienza conoscitiva, al campo
pratico di una realtà che può essere anche contingente. Poesia sociale quindi,
ma una poesia che non si limita come nella psicologia contemporanea al
comportamento o alla dinamica affettiva del gruppo, ma penetra anche nel
sentimento e questo si manifesta nell’osservazione eziologica dei comportamenti
di solidarietà, di competizione, di frustrazione, di condizionamenti e di
isolamenti.
Cito a proposito alcuni versi di due liriche dello Scalise
che meglio valgono ad evidenziare il valore umano e sociale della sua poesia.
Pubblicate già nel 1° volume “Annali Storici dell’Accademia Culturale d’Europa
– Lettere ed Arte”, riportiamo di queste due poesie anche i brevi commenti che
sono nell’opera citata perché essi rispecchiano tra l’altro un giudizio che
vale per tutta la poetica dell’Autore di “Vita e Poesia”.
A TE CONTADINO
Tutto sentir da te: gioia e tristezza.
Vorrei poterti scendere nel cuore
nel colmo della lotta
per aiutarti e sul nascosto amore
gettare, forse per la prima volta,
un raggio luminoso di speranza.
Lirica dolcissima per sentimenti d’amore e di
fratellanza verso l’umile contadino che specialmente in questi ultimi anni
possiamo considerare il più frustrato della nostra società. Il poeta non solo
penetra la poesia del suo lavoro ma scende nella sua anima e si perde con lui
in una dedizione completa che commuove e rigenera, e infonde, anche in ognuno
di noi, “un raggio luminoso di speranza”.
Ed ecco la poesia “ESODO”:
Folle di braccianti verso il nord
come uliveti fuggenti
incrocianti i treni del sud
Illusioni e speranze, immobilità e delusioni sono i
motivi che caratterizzano l’Esodo
dello Scalise nel trinomio braccianti-uliveti-treni. Nell’espressione ermetica
della poesia v’è un ampio respiro di immagini e sensazioni che conducono ad un
vivo realismo; e questo si riflette nella speranza dei braccianti che corrono
illusi verso il nord come uliveti fuggenti, illusoria apparenza perché sono i
treni che fuggono e non gli ulivi, e nell’immobilismo di questi, simile al
perdurare dello stato precario dei braccianti medesimi nelle loro delusioni per
i desideri non appagati e le speranze mai realizzate.
Di stile semplice e piano, armonicamente dosato,
“POESIA E VITA” è una raccolta densa di immagini e di motivi profondi, di
delicate pennellate producenti suggestive sensazioni che ci conducono con il
Poeta nell’essenza pura della nostra vita sensibile e reale in un’appassionata
ricerca di nuovi motivi per un mondo migliore.
Il funerale di Gino Scalise in una foto By Ros |