domenica 26 giugno 2011

L’Onorevole Fanfani a Scandale per dare la terra ai contadini





Articolo di Fra Memoria di Leonia, già pubblicato dal sito della Pro Loco di Scandale molto tempo fa. Fra le altre cose, si accenna alla visita dell’Onorevole Amintore Fanfani (nella foto), Ministro dell’Agricoltura dal 1951 al 1953 nel VII° Governo De Gasperi, che incontrò gli Scandalesi a Piazza San Francesco. Sotto, la Piazza in un dipinto di Nicola Santoro.



TERRA SENZA BARONI



Renato Castellani seppe interpretare con grande sensibilità la “fame” di terra dei braccianti e contadini del nostro territorio. Nel suo noto film “Il brigante”, girato a Scandale. C’è una scena che commuove lo spettatore attento all’aspetto psicologico dei protagonisti. Spataro, il proletario sfruttato e malpagato dai baroni e loro massari, solleva dalla terra, strappata al latifondo e che ormai ritiene sua, una zolla con un ciuffo d’erba, germoglio del seme che sarà spiga, grano, farina, pane, e, con gli occhi umidi di pianto, grida la sua straordinaria emozione al cielo. È il grido di chi raccoglie il frutto da una terra conquistata con la lotta e che, finalmente, potrà chiamare “terra mia”. Questo richiamo al brigante di Castellani vuole aprire le porte della memoria a un pezzo di storia scandalese costruita con la lotta per il riscatto sociale dei nostri padri e che le generazioni di oggi hanno ereditato.



La lotta ha avuto un nemico ben preciso, il latifondo. Chi era, cosa era il latifondo? Si sono sprecate tante parole per questa risposta da parte degli studiosi. Io dico semplicemente che il latifondo era la terra in mano di pochi i quali avevano lo strapotere di sfruttare masse intere di uomini. Il latifondo nasce dalla capacità di alcune famiglie della nobiltà locale di accumulare proprietà terriere, acquistandole o usurpandole al feudo ecclesiastico. Una vendita del 1783 di estensioni terriere appartenenti al feudo ecclesiastico, interessò alcune famiglie ben conosciute nella nostra realtà: i Lucifero, i Zurlo, i Morelli, i Baracco. Una grande estensione di queste terre cadeva nel territorio di Scandale. All’avanzare del sistema latifondista si opposero i francesi durante la loro dominazione nel nostro marchesato, essendo più favorevoli alla nascita di piccoli proprietari contadini. Ma il progetto francese fallì e il latifondo assunse dimensioni sempre più grandi. Pino Arlacchi sostiene che il latifondo ha dato al crotonese un sistema economico e una struttura sociale del tutto particolare. Per Vito barresi si tratta di una struttura sociale dicotomica il cui asse principale è l’economia agricola latifondista, in cui i rapporti e le relazioni fra le classi rurali erano polarizzate fra proprietari terrieri e proletariato agricolo, con una scarsa se non quasi irrilevante presenza di classi intermedie e di servizio.



In questo quadro, per lo strapotere dei latifondisti ogni tentativo di lotta sembrò soccombere sotto i colpi delle stesse istituzioni schierate dalla parte dei più forti, finché non arrivò la Riforma agraria che spezzò il latifondo e avviò un doppio processo di costituzione di una classe di piccoli contadini autonomi da un lato e di una classe di moderni imprenditori agricoli capitalistici dall’altro.



La riforma agraria fu, in effetti, una conquista sociale più che economica poiché sottrasse al sopruso e allo sfruttamento migliaia di famiglie. Con riferimento al nostro territorio, come contribuirono gli scandalesi per tale conquista? Dai rapporti dell’Arma dei carabinieri alla prefettura di Catanzaro, risulta chiaro che i contadini di Scandale furono molti attivi in tutte le iniziative di lotta contro il latifondo. Alla testa del movimento c’era un certo Rosario Calianno, un pugliese confinato a Scandale dal regime fascista perché sfegatato comunista. Nell’agosto del 1945 partecipò al convegno del PCI di Crotone dove, durante il dibattito, fu evidenziata “la piaga che affligge il crotonese: il latifondo, in quanto i baroni della terra si sono schierati contro le leggi del Governo democratico e difendono le loro posizioni di privilegio, cercano con avvocati e cavilli di tenere le loro vastissime tenute che mantengono incolte sottraendo la terra alla coltura ed impedendo ai contadini di guadagnare col lavoro il pane per le loro famiglie e per il popolo tutto”.



Con la caduta del fascismo, i tempi erano maturi per passare dalle parole ai fatti. Nel marzo del 1946 un centinaio di contadini di Scandale invasero i fondi del barone Zurlo. L’operazione iniziò nel cuore della notte. La sera prima, col passa parola, si fissò il punto d’incontro. Insieme, senza paura, consapevoli del rischio di finire in galera, con tanta voglia di avere un pezzo di terra da coltivare, si partirono e giunti sul posto, non fucili o coltelli ma zappe e altri arnesi fecero luccicare ai primi raggi di un sole che dava speranze di un avvenire di lavoro senza soprusi. La manifestazione che aveva assunto un carattere prettamente simbolico, preoccupò prefettura e Ministero dell’Interno perché temevano che “da simbolica poteva trasformarsi in una vera e propria occupazione delle terre”. Successivamente trenta componenti di una cooperativa comunista di Scandale occuparono cento ettari di terreno dello stesso barone Zurlo nelle località Visciglietto, Valle della Vecchia e Rondinella. Tutti i responsabili furono deferiti all’autorità giudiziaria, anche se nel corso della dimostrazione non si registrarono incidenti. Nel 1950 venne a Scandale il Ministro dell’Agricoltura Amintore Fanfani, era sindaco il cav. Antonio Petrone. In Piazza San Francesco fu allestito un palco da dove parlarono le autorità civili e religiose tra cui Don Renato Cosentini. “La terra a chi la lavora” era il tema dominante. Fu una giornata di festa. Quel giorno ebbe inizio il sogno scandalese di un vero risveglio sociale. Dei 5000 ettari ricadenti nel territorio di Scandale, circa la metà e precisamente 2.468 furono espropriati ai latifondisti e distribuiti a 474 assegnatari. Se pensiamo che le famiglie a Scandale, su una popolazione di 3.308 abitanti, erano circa 600, si può ben dedurre che in tante ebbero la fortuna di avere un pezzo di terra dove si poteva accedere da proprietari e non da jurnatari guardati a vista da massari o caporali.