venerdì 5 settembre 2014

Cassiodoro

Squillale - La Cattedrale


Flavio Magno Aurelio Cassiodoro


Cassiodoro nel "Vivarium" 
 Codex Amiatinus
“Di proposito abbiamo lasciato per ultimo il grande erudito Cassiodoro, che assomma in sé la cultura teologica, storica e grammaticale di questo periodo e rappresenta una pietra miliare nell’organizzazione monastica, fondamentale per la civiltà del Medioevo e per la conservazione della cultura classica. Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore, nato intorno al 490 a Squillace da ricca famiglia, nel 507, in seguito a un discorso laudatorio (il primo di una serie di laudatoriae rivolte a re e regine)  indirizzato al re Teodorico, che ancora conservava il cursus honorum tradizionale, fu nominato questore; nel 514 ottenne il consolato. Nel 519, per compiacere il console Eutarico compose una Cronaca universale, riprendendo quella eusebiana nelle traduzioni di Rufino e san Girolamo, e conducendola fino a l’anno medesimo della composizione. Nel 526, alla morte di Teodorico, fu magister officiorum e iniziò la composizione dei dodici libri De origine actibusque Gestarum, del popolo, cioè, col quale egli attivamente collaborava; di quest’opera, che giunge fino all’anno in cui fu cominciata ad essere composta, come abbiamo già detto ci rimane solo l’epitome e la continuazione di Iordanes. I dodici libri furono condotti a termine nel 533, anno in cui Cassiodoro fu nominato praefectus praetorio. Ne 537 egli pubblicò le Varie, raccolta in dodici libri degli atti ufficiali, ad uso del re Vitige, la quale servì da modello per lo stile cavalleresco medievale, e nel 540 vi aggregò il De anima, ispirato a sant’Agostino, opera con cui Cassiodoro già si orienta verso l’attività che sarà prevalente nella seconda parte della sua vita. Già infatti gli orrori della guerra greco-gotica gli avevano fatto fallire il progetto di aprire a Roma una grande scuola teologica con l’aiuto di papa sant’Agapito I (535-536), per cui egli concepì i due fondamentali libri delle Istitutiones divinarum et humanarum lectionum, in cui tracciò lo schema che vagheggiava per la cultura ecclesiastica; e poco dopo la pubblicazione del De anima, ormai sfiduciato di poter perseguire la sua opera di conciliazione della romanità col germanesimo, si ritirò nei suoi possedimenti aviti, ove fondò un monastero a Vivarium, località che prendeva il nome da un vivaio di pesci. D’allora in poi la sua vita, che terminò intorno al 583, fu tutta occupata nell’organizzazione della sua comunità monastica, con uno di quei passaggi della vita politica alla vita cenobitica che son tipici del Medioevo, ma che si spiegano con lo spirito dei tempi e soprattutto col fatto che allora il monachesimo era sentito come una forma più alta di lotta per l’ordine sociale e di difesa della civiltà.Non possiamo fissare con precisione quando egli abbia composto l’Ordo generis Cassiodoriorum, la storia della sua stirpe, di cui ci restano frammenti; al periodo di Vivario risale la Historia ecclesiastica tripartita in dodici libri, che risulta dalla versione ch’egli fece fare dal monaco Epifanio, delle storie ecclesiastiche di Socrate, Sozomeno e Teodoreto, ch’egli poi rielaborò. Ci rimane invece la possibilità di stabilire l’ordine cronologico degli altri suoi scritti del tempo di Vivario: il commento ai Salmi, d’intonazione allegoristica e d’ispirazione agostiniana, i due fondamentali libri delle Istitutiones divinarum et humanarum lectionum, in cui Cassiodoro ha tracciato per i suoi monaci, e, in genere, per la cultura ecclesiastica, lo scema culturale ch’egli vagheggiava per lo Studio romano, un commento di san Paolo ai Romani, il Liber titolorum memorialis, le Complexsiones in epistolas et acta apostolorum et apocalypsim e il De orthographia, composto a 92 anni per i monaci. Il cenobio cassiodoreo di Vivario venne ad integrare mirabilmente l’opera di san Benedetto e costituì il vero prototipo dei centri culturali monastici del Medioevo: la cultura latina sembrò, con esso, voler simbolicamente refluire nella terra da cui aveva preso il suo slancio definitivo mediante il contatto con la civiltà della Magna Grecia; e di lì, nel XIV secolo, sarebbe ricominciata con Barlaam, maestro di Leonzio Pilato, la diffusione della lingua greca nella cultura neolatina”.

Ettore Paratore, Storia della letteratura latina, Sansoni Editore, Firenze 1989 pag. 943 (prima edizione 1950).