martedì 31 luglio 2012

lunedì 30 luglio 2012

domenica 29 luglio 2012

Renato Carvelli - Vuoto estremo



VUOTO ESTREMO

Il vento…s’intona con la mia tristezza
in accordo con i fulvi campi di giugno,
immerge la mia essenza in una realtà surreale,
dove i ricordi si gelano
cristallizzando anche i miei momenti più luminosi e,
il futuro incerto e opaco
s’ increspa come una simbiosi con il mio ego,
paralizzandomi la logica, la razionalità e,
i valori percettivi, ma,
gli anticorpi dell’anima
a protezione della mia entità
arrestano l’agonia bidimensionale
facendomi tornare nella forse
realtà.

Renato Carvelli


venerdì 27 luglio 2012

Calabresi famosi - Le sorelle Berté

Loredana Berté in una foto del sito massivemusicstore.com

Loredana Berté

Nata a Bagnara Calabra nel 1950
Cantante italiana

Ha detto:
“Ho litigato con la vita quando avevo cinque anni
e non ci ho fatto più pace.
Io fin da piccola ero contro qualcuno e contro qualcosa.
Io già quando avevo cinque anni volevo andarmene di casa.
Quando se ne andò mio padre io dissi:
“Speriamo che se ne vada anche mia madre”.
Invece mia madre non se ne andò e a 12 anni me ne andai io”

Domenica Berté in arte Mia Martini - Foto Wikipedia
 Domenica Berté

Vero nome di Mia Martini
Bagnara Calabra 1947 – Cardano al Campo 1995
Cantante italiana

giovedì 26 luglio 2012

Gaetano Vasovino e il Bar Condoleo

Gaetano Vasovino e il Bar  Condoleo in tre foto di Cesare Grisi



mercoledì 25 luglio 2012

Cariati

Cariati in una foto di Calabria meravigliosa

Foto di Giovanni Filareti

martedì 24 luglio 2012

Sei anni fa ci lasciava Don Renato – Sul periodico “IL CAMMINO” un ricordo di Gino Scalise

Don Renato a Roma con Giovanni Paolo II e la Banda Musicale di Scandale

Gino Scalise che ha varcato l'85° anno di età è stato, è un testimone esemplare di vita cristiana. La malattia lo tiene inchiodato in casa da dove continua la sua opera di apostolato incontrando persone, specie giovani, che riconoscono in lui un autentico maestro di vita. Ha conosciuto don Renato fin dalla sua giovinezza e gli è stato attivamente vicino con responsabilità nel campo dell'azione cattolica. Poeta e scrittore di particolare sensibilità va a lui il merito di avere scritto un'interessante storia di Scandale. Gli abbiamo chiesto di parlarci di don Renato e lui ci ha fatto pervenire un suo personale ricordo che integralmente riportiamo di seguito.

IL RICORDO DI GINO SCALISE

Nel prete che arriva come Parroco della comunità di Scandale, rivedevo il piccolo seminarista sammaurese, in nera talare e con la fascia attorno alla vita (come allora si usava nei seminari minori), che a cavallo di un giumentello sardo, veniva a Scandale durante le ferie scolastiche dell’estate, per prendere lezioni integrative dall’allora Parroco Don Micuzzo Maddalone. Uscendo dal portone dell’abitazione di mio nonno, di fronte alla casa del Parroco, i nostri sguardi si incrociavano e ci scambiavamo, con la mano, un timido gesto di saluto. Era come un’intesa tacita; che sguardi!
Diventato prete, quel seminarista, arrivò come Parroco a Scandale, io là capii...e organizzai l’ingresso del nuovo Parroco, mediante tanti cartelli di benvenuto, inalberati da altrettanti giovani e ragazzi. Il nuovo Parroco si rivelò un eccellente pastore d’anime. Come prima cosa, cercò di alleviare le difficoltà e sofferenze della gente del paese provata dalla guerra; tuonava dall’altare contro l’usura profitti era; per il resto, fu un fiorire di iniziative, associazionismo, organizzazioni. Faceva lunghe veglie di preghiera, con i giovani nella Chiesa Madre. Annunciava dall’altare la costruzione di una Casa della Carità per le bambine abbandonate del Crotonese: sembrava un’utopia! Cominciò l’opera poveramente, la continuò nella chiesa dell’Addolorata; poi, per le accresciute richieste di ricovero, si diede da fare per realizzare la grande Casa. Ma quante umiliazioni, sacrifici e difficoltà essa costò! Confortato era, comunque, dalla condivisione delle coraggiose e generose ragazze che lo avevano seguito nella difficile sua avventura di Carità, guidate dalla superiora Fiorina Ierardi. Questa era la sua vocazione specifica. Attorno alla grande Casa della Carità di Condoleo altre opere di alto valore sociale sorsero con il tempo e tutte testimoniano il ricordo vivo e imperituro di Don Renato Cosentini; non solo, quindi, il mio ricordo, ma di tutta la gente di Scandale e dell’intero crotonese.

Gino Scalise

Cfr.,“IL CAMMINO”, Periodico Trimestrale della Fondazione Casa della Carità Maria SS. Addolorata Onlus-Scandale, Anno XXXX, n° 6, nuova serie Luglio 2011.


lunedì 23 luglio 2012

Calabria - Le Castella

Calabria - Le Castella  nei pressi di Isola Capo Rizzuto in tre foto By Ros



domenica 22 luglio 2012

Scandale nei ricordi del prof. Ezio Scaramuzzino

Ezio Scaramuzzino in una foto dell'Archivio Aprigliano
 Gli anni perduti

Sono al paese, che non rivedo da un po’ di tempo. Non mi è facile trovare un posteggio, cosa una volta facilissima. Giro tutt’intorno, in lungo e in largo, e alla fine trovo un angolino in piazza Oberdan, di fianco alla colonnina del carburante, dove una volta le auto si fermavano a fare il pieno con un paio di migliaia di Lire. Gaetano Citriniti, il gestore, interrompeva ogni altra attività del suo multiforme esercizio commerciale ed accorreva ogni volta che qualche autista impaziente lo chiamava a colpi di clacson. Ricordo le risate tra amici, quando qualcuno raccontava del contadino che, vista per la prima volta quella colonnina che misurava il carburante con delle lancette, si fermò a regolare il suo orologio. Ora Gaetano non c’è più, anche la pompa di benzina sembra abbandonata ed è chiusa anche la porta di quella sua cantina, dove una volta tanti paesani andavano a bere un bicchiere di vino, magari con un rametto di sedano che faceva capolino da una delle tasche della giacca.
Fa molto caldo e il sole picchia in maniera inclemente sulle persone e sulle cose. Ho bisogno di un po’ d’ombra e mi dirigo sul lato opposto della piazza, sulla veranda, dove una volta era l’ingresso del Bar Centrale. In quel bar, ancora ragazzo, ho giocato le mie prime partite di Terziglio e, insieme con gli amici di un tempo, ho dato alimento ai primi sogni della mia vita. Lì ho conosciuto alcune persone, che ricordo ancora con gratitudine e simpatia, come l’avvocato Giuseppe Barca o il truffatore Cesarino Moncalvo. Lì ho trascorso una parte della mia giovinezza ad osservare il passeggio sulla piazza antistante o a scambiare quattro chiacchiere con Gigi Paparo, il proprietario del bar. Gigi gestiva contemporaneamente il bar ed un negozio di alimentari posto sul retro e correva da una parte all’altra, sempre con una biro appoggiata sull’orecchio destro, che afferrava velocemente per fare conti e riponeva subito dopo in miracoloso equilibrio. Quando c’erano pochi avventori ed il lavoro era ridotto al minimo, Gigi ne approfittava per leggere la sua immancabile ed amata Domenica del Corriere, che teneva sempre al suo fianco e che metteva a disposizione dei clienti solo quando usciva il nuovo numero. Ricordo ancora con affetto Gigi, che sarebbe scomparso prematuramente, lasciando nel dolore la moglie e i tre figli.

Sulla veranda non ci sono più le sedie e i tavolini di un tempo e la porta di ingresso è malinconicamente chiusa. Mi siedo all’ombra sul marciapiede antistante e osservo da lontano, sul lato opposto della piazza, le finestre e la porta chiusa del Bar Sportivo. Solo l’insegna in alto, scolpita in cemento, ricorda che lì c’era un altro ritrovo di noi giovani, che vi andavamo a giocare al flipper o al calcio balilla. Il gestore era un giovane come noi, Gaetano, e passava più tempo con noi a giocare, che dietro il bancone a servire i rari clienti. Si giocava molto al flipper allora e il premio per il vincitore dei vari tornei era quasi sempre una piccola torta Fiesta, che vinsi più di una volta, suddividendola poi con gli amici e bevendoci sopra un bicchiere di birra. Gaetano un giorno, assunto come vigile urbano, avrebbe cessato di fare il barman, preferendo giustamente lo stipendio modesto, ma sicuro, alla fine del mese, piuttosto che gli incassi aleatori della sua attività commerciale.

Mi alzo e mi incammino lungo viale Puccini, la strada della mia fanciullezza. Su quella strada abitavano i Garieri, i De Biase, i Tallarico. Vedo venirmi incontro Peppe Coriale, detto “’U Zaré”. Faccio un rapido calcolo e penso che dovrebbe essere ultracentenario, mentre la sua immagine sembra essersi fermata al tempo di quando io ero bambino. Mi sorride e io ricordo di quando, ragazzo, sotto un grande albero posto di fronte casa mia, in Estate, gli leggevo la novella di Mazzarò e lui ascoltava incantato ed affascinato. E non si stancava mai e mi chiedeva di leggergli e raccontargli ancora una volta la novella di Mazzarò, che da uomo povero e miserabile era finito col diventare il padrone di tutto il paese. Questa volta però Peppe non mi chiede di raccontargli ancora una volta quella storia. Mi tocca sulle braccia, come se volesse controllare la mia consistenza, poi si limita ad accennare un saluto con la mano e infine, silenziosamente, scivola via. Mi giro indietro a seguire con lo sguardo il suo cammino e non lo vedo più, come se  si fosse dissolto nella nebbia del tempo.
Arrivo allo spiazzo antistante la cappelletta di San Leonardo. Nella luce accecante del primo pomeriggio ho l’impressione di vedere sull’uscio di casa Nonna Betta, vispa e incline a scherzare un po’ con tutti, ma che non sopportava in alcun modo gli schiamazzi e gli strilli dei bambini. Quante storie con lei e quante fughe, quando  ci inseguiva con la scopa e ci costringeva ad interrompere i nostri giochi! Altri tempi e altri trastulli, quelli della mia fanciullezza, quando ci bastava poco per essere felici e un semplice ramo appuntito bastava a farci sentire invincibili come Zorro. Costruivamo degli aquiloni ritagliando la carta dei giornali, che poi incollavamo con farina e acqua. Eppure quegli aquiloni, incredibilmente pesanti, volavano e si libravano in aria leggeri come farfalle: forse erano sospinti in alto dai nostri desideri di fanciulli che si affacciavano alla vita. Mi volto a guardare ancora nonna Betta, ma l’uscio è deserto e ho l’impressione di avvertire soltanto il cigolio lamentoso di un’anta che sembra richiudersi su se stessa.

Sulla sinistra, ad una biforcazione, c’è un viale che porta all’edificio scolastico, dove tanti anni fa ho mosso i primi passi di insegnante. Non opero alcuna scelta nel decidere la mia direzione e muovo i miei passi verso quel viale. Non so perché succeda: forse sono alla ricerca della mia identità perduta, forse voglio solo recuperare le ombre e i fantasmi di una vita che non c’è più. Sollevo gli occhi e vedo una signora che mi sorride e mi saluta. Qualche piccola ruga che increspa il suo volto non mi impedisce di riconoscerla: è Marilù. Mi prende sottobraccio e mi invita dolcemente a ritornare indietro. Vorrei farle tante domande, chiederle dove si trova, dirle che l’ho ricordata a lungo, ma mi accorgo che un pizzico di emozione, ancora dopo tanti anni, mi rende impreparato e incredulo. Camminando, ci guardiamo in silenzio:lei è ancora bella, come una volta, come in quella Primavera di tanti anni fa, quando entrambi eravamo meravigliati della nostra felicità e procedevamo insieme, senza sapere e senza preoccuparci di quello che la vita ci avrebbe riservato. Quando ci fermiamo, Marilù si stacca dolcemente dal mio braccio, mi accarezza il volto, continua a sorridere, si allontana e infine sembra dissolversi, ombra tra le ombre. Non la vedo più.
Affronto una leggera salita, quella che porta verso la strada Nazionale. Ho voglia di fermarmi un pochino e mi appoggio ai tubi e al muretto basso dove una volta, in Estate, ascoltavamo tutti insieme le avventure dell’avvocato Barca. Vedo arrivare in lontananza Romano, Romano Cizza, e ho un tuffo al cuore. Quanti giorni della nostra vita abbiamo trascorso insieme! Quanti ricordi! Caro Romano! Come è possibile che tu sia qui? Viene con decisione verso di me e, quando mi è accanto, gli chiedo degli altri. Gli dico che ogni tanto vedo Totò al paese, ma gli altri, gli altri certo, Ciccio e Nino Simbari, Ciccio Rizzuto, e Totò Rizzuto, “il capitano” come lo chiamavamo, e Leonardo e Mimmo, e tutti gli altri, dove sono? Eravamo partiti  insieme, quasi tenendoci per mano, per affrontare meglio le tempeste e poi ci siamo persi, lungo le strade e i sentieri della vita. Romano mi sorride mestamente, ma non parla e si avvia da solo lungo la strada. Istintivamente mi viene voglia di seguirlo, per fargli altre domande, per chiedergli se ha qualche rimpianto, qualche desiderio. Vorrei anche chiedergli se ha  qualche segreto da svelarmi ora che, nella sua condizione, avrà certamente capito  il senso della vita e ancora  se si trova bene dove si trova. Romano si gira improvvisamente, mette un dito sulle labbra, come per suggerirmi il silenzio, e con la mano mi fa chiaramente capire che non debbo seguirlo.
Avverto un senso di smarrimento e di vertigine e, mentre mi appoggio ai tubi del muretto basso, chiudo strettamente gli occhi. Li riapro con fatica, perché la luce del sole intorno è ancora abbagliante, e vedo che accanto a me c’è un bambino. Avrà sei o sette anni quel bambino e mi guarda con l’atteggiamento di un monello di strada, quasi con un senso di sfida. Poi mi fa marameo con la mano sinistra, puntando il pollice sul suo nasino affusolato e con la destra accenna un saluto. Lo osservo con attenzione: ha i capelli castani, qualche ricciolo in testa, le guance paffute, dei pantaloncini sporchi di sabbia, un ginocchio sbucciato, una fionda che fa capolino dalla tasca posteriore.”Mi riconosci?”, mi chiede. Gli rispondo gentilmente che, purtroppo, non so chi sia. E lui ancora: “Possibile che non mi riconosci?”. Lo guardo ancora e noto che sulla palpebra sinistra ha una piccola cicatrice, quasi impercettibile. E allora lo riconosco: è lui, giunto fino a me attraverso i sentieri del tempo e dello spazio. Allungo una mano e gli scompiglio affettuosamente i capelli, lo accarezzo, prendo la sua piccola mano.
Vorrei tanto trattenerlo con me, perché l’ho tanto cercato. Ma in lontananza appare una giovane donna e mi accorgo che ci sta osservando . Una strana ed improvvisa folata le scompiglia i capelli che ondeggiano al vento. Lei si aggiusta i capelli e con una voce dolcissima chiama a lungo: ”Ezioooooo…”. Rivedo in un attimo, come in un flashback, la mia vita, gli anni perduti. Il bambino lascia dolcemente la mia mano. “Debbo andare”, mi dice. Poi se ne va e si dirige verso quella giovane donna, porgendole la sua piccola mano. Entrambi si avviano, si girano indietro per l’ultima volta, come per un ultimo saluto, poi si allontanano e spariscono nel nulla.

Articolo pubblicato sabato 14 luglio 2012 dal sito UNLA di Scandale


venerdì 20 luglio 2012

Fuoco greco


FUOCO GRECO

Sulla fine del VII secolo d.C. l’impero bizantino introdusse nelle battaglie navali, ma anche in quelle di terra, un’arma segreta, cioè quello che tutti chiamano il “fuoco greco”: espressione usata per indicare una miscela incendiaria che veniva spruzzata sulle navi e queste, essendo fatte di legno, prendevano immediatamente fuoco. Il liquido veniva tenuto in grandi otri di pelle o in vasi di terracotta chiamati siphones che all’occorrenza venivano lanciati. Oggi gli esperti ritengono che fosse una miscela di pece, salnitro, zolfo, nafta e calce viva.
Per secoli la formula segreta, che conoscevano in pochi, è stata tramandata da un imperatore all’altro. Dall’inizio del XIII secolo, probabilmente per la perdita della formula o per il difficile reperimento di tutte le sostanze necessarie, l’uso del cosiddetto “fuoco greco” nelle battaglie divenne raro e scomparve.
Comunque, fu proprio l'utilizzo di questa miscela che fece fallire vari assedi degli Arabi musulmani alla città di Costantinopoli a cominciare dall’ottavo secolo e rese i Bizantini invincibili per centinaia di anni.

giovedì 19 luglio 2012

La Calabrese

Pizzeria "La Calabrese" di  Scandale in una foto By Ros

mercoledì 18 luglio 2012

Tropea

Il Santuario di Santa Maria dell'Isola

Panorama di Tropea - Foto Franco Carmelitano

Spiaggia di Tropea in una foto di Luigino Capizzano

martedì 17 luglio 2012

lunedì 16 luglio 2012

domenica 15 luglio 2012

Iginio Carvelli - “Prete tra le sterpaglie”

Al centro,  Don Renato Cosentini

26 luglio 1986. Una giornata di luce, di calore. La comunità è in festa. Sono arrivati in paese tanti preti, anche il vescovo di Catanzaro Mons. Cantisani.
È la festa della Madonna della Difesa, ma non è questo il motivo della presenza di tanti preti, alcuni venuti da lontano. La festa patronale è una coincidenza.
Ricorrono i quarant’anni di sacerdozio di don Renato e di molti suoi compagni di seminario. Vogliono ricordare insieme, proprio qui a Scandale, quel lontano giorno del 1946 che li vide consacrati alla vita sacerdotale e inviati in mezzo alle macerie e alle miserie lasciate dalla guerra appena finita. Una missione molto delicata fu assegnata a don Renato. [...]
[Era andato via improvvisamente da Scandale, per delle dicerie, il parroco don Pasquale Pantisano; quindi, continua Carvelli]
A bonificarlo venne chiamato appunto don Renato col profumo fresco degli oli della consacrazione, con la carica spirituale irrompente, con l’entusiasmo dei suoi ventitre anni. Piccolo Davide, armato dalla fionda di una carità profonda, sfidò il gigante Golia rappresentato da un popolo, ostaggio del pregiudizio, di un veleno che accattivisce e chiude le porte al dialogo, finanche a Dio. Mi ricordo fanciullo quando entrai chiassoso in chiesa per l’arrivo di Don Renato, novello sacerdote. [...]
Ricordo il mio primo incontro col giovane sacerdote, l’inizio di un cammino insieme, un cammino che dura da 40 anni, un cammino a volte tormentato e sofferto. Arrivarono infatti le tappe del travaglio dell’idea, della tempesta del dubbio, del conflitto interiore. Sopraggiunse la paura mentre le mani erano ferme all’aratro e lo sguardo lanciato all’infinito. Il tormento del tradimento quando il cuore smise di cantare “ecce altare domini”! Nonostante tutto, la costanza di seguirlo con tutta la povertà e la miseria che possa avere un essere umano.
È difficile fare sintesi di 40 anni di vita sacerdotale di Don Renato, di 40 anni di apostolato nella piccola ma complessa comunità Scandalese. Nel lontano ’47, quando ancora si udiva il rombo di una guerra assurda e le ferite sociali erano tremendamente sanguinanti, qui a Scandale, venne giurata da Don Renato l’opzione per i poveri, sulla scia di un grande apostolato Calabrese, Don Mottola!
Oggi la Villa Condoleo, le volontarie che accettarono di abbracciare il Cristo difficile, sono la sintesi vera di 40 anni di vita sacerdotale di Don Renato. A Villa Condoleo non si vedono le lacrime della lotta, dell’incomprensione, della solitudine, perché la terra l’ha assorbite per fare germogliare l’amore, la speranza, la fede.
Da dove cominciare? È la prima fondamentale domanda che il giovane presbitero si pose guardando il campo da dissodare. Erano alte le sterpaglie, estese le gramigne, fitta la boscaglia, arsa la radura, pungenti i rovi lungo i sentieri”.

Cfr., Iginio Carvelli, Rughe di pietra, Rubbettino, Soveria Mannelli, Catanzaro, 1995, pp. 31- 34.

venerdì 13 luglio 2012

Cesare Lombroso in Calabria


Le parole che seguono sono state scritte alla fine dell’Ottocento da un mostro sacro della cultura risorgimentale: Cesare Lombroso (Verona 1835 – Torino 1909), noto per le sue scarse simpatie, persino biologiche e razziali, nei confronti dei Meridionali in genere:

“Mi duole il constatare per troppe vie officiali o quasi officiali che la sospirata unificazione d'Italia, ahi, troppo più formale che sostanziale, non ha recato alcun profitto nei rami più importanti della convivenza Calabrese; e in molti anzi imprimeva un regresso: come certo nell'agricoltura, nella emigrazione, nella criminalità, nella proprietà, nell'economia, nella morbidità, nella nuzialità, nei morti precoci, nelle scuole; mentre i vantaggi più apparenti che reali, più di vernice che di sostanza, perché o precoci, o inadatti, o insufficienti come le ferrovie, le scuole, i giornali e le rappresentanze politiche divennero nuove fonti di disagio e di criminalità, accumulando a danno degli umili ed a profitto di troppo pochi gli inconvenienti della civiltà insieme a quelli della barbarie”.

Cesare Lombroso in Calabria, edizione originale 1898, ripubblicato nel 2009 dalla Rubbettino, a cura di Luigi Guarnieri.

giovedì 12 luglio 2012

Un angolo di Scandale - Pub - Lic Relations

Il Pub di Tonino Coriale in 4  foto By Ros




mercoledì 11 luglio 2012

martedì 10 luglio 2012

Pane e fichi secchi


Rosa Oliverio e la Prof.ssa Lucia Polito durante la presentazione del libro Pane e Fichi secchi.

lunedì 9 luglio 2012

Capo Colonna - Crotone

Foto di Alba Chiara

Foto di Giuseppe Pipita

domenica 8 luglio 2012

Il romanzo I Baroni in una recensione di Orsola De Cristofaro


Sopra, la copertina dell’edizione tedesca: Gian Paolo Callegari Die Barone, traduzione di Charlotte Birnbaum, Hamburg, 1953.

Gian Paolo Callegari, I Baroni, Milano, Garzanti, 1950.

Ecco un libro che viene a collocarsi nella nostra migliore letteratura meridionalistica, non soltanto, come è stato detto, accanto a Verga e Capuana, ma in certo qual modo anche a Dorso e a Levi. Il suo tema è appassionante, la presentazione dell’editore vuole avvertirci “che il problema del latifondo è trattato sulla base di episodi veri desunti da un carteggio borbonico inedito e dai racconti raccolti dalla viva parola di un centenario di Scandale nel crotonese”. Questo può non interessare, come può non interessare l’avvertimento che ai baroni rovinati succederanno i loro servi, “mentre la turba di contadini superstiziosi e primitivi abbandonerà la via del timor degli uomini e di Dio”. Quel “timor degli uomini” che ha ceduto all’attuale bisogno di liberazione delle masse meridionali, e quel “timor di Dio” che era concepito come “le preghiere che servono da orologio” (p. 119). La bellezza delle 318 avvincenti pagine del libro nell’intensa e vivacissima vita di cui vivono tutti, il barone, la baronessa, il baronetto scemo, la baronessina ninfomane, il servo fattore, e medici, avvocati, contadini, pecorari, arcipreti e vescovi; vivono i carbonari e gli intellettuali progressisti; gli strozzini e i gabellieri la corte del re di Napoli e gli aristocratici collegi della città regale. Qui è il vero valore artistico del libro: che non è a tesi e che proprio per questo riesce a porre in primo piano, al di là e al di sopra dei singoli personaggi, quello che si chiama il problema meridionale.
L’azione si svolge durante uno dei momenti più travagliati della storia del Mezzogiorno d’Italia: è l’epoca del tramonto dei Borboni e dell’avvento delle camicie rosse garibaldine. Ma i paesi di montagna sono troppo lontani dalle strade per le quali passa quella che poteva essere una rivoluzione, la cui eco giunge come un sogno e il cui effetto resterà limitato alla capitale e ai pochi altri centri maggiori; effetto d'altronde destinato a spegnersi rapidamente tra un Piemonte tradizionalista e un Meridione feudale. Il feudalesimo ivi risorge continuamente dalle sue ceneri: nessuna rivoluzione democratica riesce a spezzarlo: né quella del 1860, né quella del 1876, né quella socialista dei primi del secolo.
Questo tragico destino dei cafoni, di fronte ai “galantuomini” le cui stirpi si rinnovano continuamente, passandosi di generazione in generazione le terre incolte, è lo sfondo sul quale magistralmente si stagliano i protagonisti.

ORSOLA DE CRISTOFARO

Il PONTE, Rivista mensile di politica e letteratura, anno VI – n° 9-10, Settembre – Ottobre 1950.

venerdì 6 luglio 2012

La parola al Dalai Lama


“Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell’Occidente è che perdono la salute per fare i soldi, e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere né il presente, né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto”.

Il Dalai Lama con i Vigili del Fuoco dell'Emilia

mercoledì 4 luglio 2012

Calabria - Sila

Lorica in una foto di Ettore Loizzo

Lago Cecita in una foto di Luigino Capizzano

Parco Nazionale della Sila - Foto Luigino Capizzano

martedì 3 luglio 2012

Quando a Scandale c'erano le sfilate

Foto By Ros del 2006 pubblicate anche da Area Locale