Le parole che seguono sono state
scritte alla fine dell’Ottocento da un mostro sacro della cultura
risorgimentale: Cesare Lombroso (Verona 1835 – Torino 1909), noto per le sue
scarse simpatie, persino biologiche e razziali, nei confronti dei Meridionali in
genere:
“Mi duole
il constatare per troppe vie officiali o quasi officiali che la sospirata
unificazione d'Italia, ahi, troppo più formale che sostanziale, non ha recato
alcun profitto nei rami più importanti della convivenza Calabrese; e in molti
anzi imprimeva un regresso: come certo nell'agricoltura, nella emigrazione,
nella criminalità, nella proprietà, nell'economia, nella morbidità, nella
nuzialità, nei morti precoci, nelle scuole; mentre i vantaggi più apparenti che
reali, più di vernice che di sostanza, perché o precoci, o inadatti, o
insufficienti come le ferrovie, le scuole, i giornali e le rappresentanze
politiche divennero nuove fonti di disagio e di criminalità, accumulando a danno
degli umili ed a profitto di troppo pochi gli inconvenienti della civiltà
insieme a quelli della barbarie”.
Cesare
Lombroso in Calabria, edizione originale 1898, ripubblicato nel 2009
dalla Rubbettino, a cura di Luigi Guarnieri.