domenica 31 gennaio 2010

Massime e aforismi: Emil Cioran.

Emil M. Cioran (nella foto) filosofo, scrittore e saggista è nato nel 1911 in Romania ed è morto a Parigi nel 1995.


“Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che cercano il senso della vita senza trovarlo e quelli che l'hanno trovato senza cercarlo”.


“Tutti gli uomini sono più o meno invidiosi; gli uomini politici lo sono in modo assoluto. Si diventa uno di loro soltanto in quanto non si sopporta nessuno accanto o sopra di sé”.


“Per disarmare gli invidiosi, dovremmo uscire per strada con delle stampelle. Solo lo spettacolo del nostro decadimento umanizza un po’ i nostri amici e i nostri nemici”.


“La tirannia distrugge o fortifica l’individuo; la libertà lo rammollisce e ne fa un fantoccio. L’uomo ha più possibilità di salvarsi con l’inferno che col paradiso”.


“La timidezza, fonte inesauribile di disgrazie nella vita pratica, è la causa diretta, anzi unica, di ogni ricchezza interiore”.


“Il declino di un popolo coincide con un massimo di lucidità collettiva. Quando gli istinti che creano i “fatti storici” si indeboliscono, sulle loro rovine si erge la noia. Gli Inglesi sono un popolo di pirati che, dopo aver depredato il mondo, hanno cominciato ad annoiarsi. I Romani non sono scomparsi dalla faccia della terra in seguito alle invasioni dei barbari né a causa del virus cristiano, un virus ben più sottile fu loro fatale. Una volta privati dell’azione si trovarono costretti ad affrontare la vacuità del tempo, maledizione sopportabile per un pensatore, tortura incomparabile per una collettività”.


“La morte non ha senso se non per coloro che hanno amato appassionatamente la vita”.

sabato 30 gennaio 2010

“Ragazze di Crotone” di Antonio Audia.

Dispiace per l’improvvisa morte di Totò Audia: la notizia l’ho appresa dai blog scandalesi. Lo incontravo sempre quando venivo a Scandale. A lui piaceva parlare di libri e di storia. Proprio pochi giorni fa avevo preparato questa copertina da mettere in linea.


In questo romanzo, stampato nel 2004 dalla tipografia Maragraf di Roccabernarda, l’autore tenta di spiegare le emozioni dell’universo giovanile, il passaggio dall’adolescenza all’età adulta; indaga su cosa spinge i giovani a compiere determinate azioni.

L’autore dà voce a tre ragazze di Crotone che si confrontano con il mondo maschile, personaggi puliti che si affacciano al mondo dei grandi fiduciose e determinate, rendendosi conto soltanto alla fine che non tutto quello che luccica è oro nei rapporti con gli uomini, rimasti a fare i paladini di una cultura fuori tempo.

venerdì 29 gennaio 2010

La basilica di Santa Maria degli Angeli a Napoli, costruita anche con i soldi degli scandalesi.

Basilica di Santa Maria degli Angeli a Napoli.


La chiesa di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone è una delle chiese basilicali di Napoli; è ubicata sulla collina di Pizzofalcone, nel centro storico della città. La chiesa venne fondata nel 1587 per volontà della nobildonna Costanza Doria del Carretto, che ne fece dono ai padri Teatini e su progetto dell'architetto Francesco Grimaldi, dal 1610 venne interamente ricostruita assumendo l'aspetto odierno.

Probabilmente, per motivi che ancora non conosciamo, l’iniziativa di raccogliere soldi sarà partita dalle autorità ecclesiastiche scandalesi che volevano contribuire alla costruzione e al successivo mantenimento di questa chiesa, mandando a Napoli una notevole somma, per quei tempi poveri, se teniamo conto che il bilancio annuale del nostro piccolo Comune era a metà del Seicento di 863 ducati.

Per esempio, già dal 1653 risulta che “l’Università di Scandale”, come si chiamava allora il Comune, spediva circa 170 ducati l’anno alla chiesa di Santa Maria degli Angeli, e nel 1687 la somma era scesa a 132, come si può vedere dall’elenco delle tasse che pagava in quel periodo il Comune di Scandale, pubblicate prima dall’architetto Onofrio Tango e successivamente dall’ingegnere Giovan Battista Manni. Questa chiamata è completamente assente nell’elenco di San Mauro, di Santa Severina e di altri paesi del Marchesato.


giovedì 28 gennaio 2010

Il Campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia.

Foto del Campo di concentramento di Ferramonti.


Durante la seconda guerra mondiale a Ferramonti, località del comune di Tarsia, in provincia di Cosenza, venne istallato un Campo di concentramento che era il più grande d’Italia. La costruzione ha avuto inizio nel maggio 1940 ed è stata eseguita dalla ditta Parrini di Roma; alla stessa è stata affidata successivamente la manutenzione di tutto il campo. Vi erano internati più di duemila persone, in maggioranza ebrei, ma anche semplici cittadini che avevano avuto contatti con i partigiani. Tutti, furono costretti a vivere per anni in 92 baracche in una valle paludosa e afflitta dalla malaria. In barba al regime, però, si realizzo un rapporto di solidarietà tra la popolazione locale e gli internati.

Il campo, infatti, si trasformò in una vera e propria cittadina munita di scuole, sinagoghe, libreria, asili, circoli culturali, e addirittura un parlamento interno con il compito di tenere i contatti con la direzione e risolvere i problemi degli internati.

Adesso è sede del Centro studi sull’internamento fascista e la persecuzione politico-razziale.


Per approfondire:

M. Rende, Ferramonti di Tarsia. Voci da un campo di concentramento fascista, Mursia, 2009.

C. S. Capogreco, I campi del duce. L'internamento civile nell'Italia fascista, 1940-1943, Einaudi, 2004.

C. S. Capogreco, Ferramonti. La vita e gli uomini del più grande campo d'internamento fascista, 1940-1945, Giuntina, 1987.

mercoledì 27 gennaio 2010

Il confinato politico Rosario Colaianni.

Compagni in piazza Oberdan. Archivio fotografico Luigi Aprigliano, Corso Umberto I, Scandale (Crotone).


Il 26 novembre 1946 un telegramma dei Carabinieri di Strongoli al Ministero dell’Interno, conservato a Roma all’Archivio Centrale dello Stato, segnalava che:


“Nelle prime ore del giorno 22 corrente, circa 40 contadini di Scandale (CZ), capeggiati dal comunista Rosario Colaianni fu Rocco di anni 55, del luogo, occupavano circa 27 ettari di terreno in località Biscigliotto, Valle Ventria e Rondinella nel comune di Scandale, proprietà del barone Zurlo, residente a Crotone. Gli occupanti procedevano alla spartizione delle terre mediante picchettazione ed iniziando alcune lavorazioni.

Intervenuta l’Arma di Santa Severina si procedeva all’arresto del Colaianni”.


Rosario Colaianni in un ricordo del prof. Manlio Rossi-Doria che lo conobbe a Scandale nel 1955. Il passo fa parte del libro “Un paese di Calabria”, l’Ancora del Mediterraneo, Napoli, 2007.


“Colaianni ha ormai passato i 65 anni; è nato e vissuto a Martina Franca (Taranto) come sua moglie, fino al 1938, quando per il suo “sovversivismo” fu diffidato dalla Polizia e se ne venne in Calabria, prima a Cariati a fare il carbonaro sulle montagne, poi nel 1940 qui a Scandale, dove sera dato, prima della riforma, una precisa sistemazione come ortolano nella proprietà Brescia alle porte del paese. “Sono stato sempre un ribelle, fin nel ventre di mia madre” diceva con un lampo fiero e ingenuo negli occhi, nel raccontare queste sue lontane vicende e si capisce come, caduto il fascismo, conosciuto e stimato da tutti come un nemico del regime, sia divenuto un capo per i contadini e, fondata nel 1945 la cooperativa “l’Avanti”, ne sia divenuto il presidente. Parlandogli mi pareva di parlare a uno dei tanti strambi e generosi italiani, che di volta in volta sono stati garibaldini, anticlericali, anarchici, socialisti e comunisti, innestando un generoso e coraggioso sentimento dell’indipendenza e della giustizia sul fondo di una inguaribile ingenuità e di un pratico buon senso. Ho l’impressione che oggi l’abbiano un po’ messo da parte e che tutti lo guardino più con indulgenza che con considerazione. Lui d’altra parte, che ha avuto come gli altri la sua quota, si lagna come gli altri, ma più degli altri riconosce il miglioramento conseguito e l’opportunità di trattare le questioni, per così dire, “riformisticamente”. La cooperativa che ha presieduto per sei-sette anni, sebbene non sia sciolta, è oggi praticamente finita, dopo le assegnazioni dell’Ente, da un lato, e l’abile azione dei proprietari non espropriati, dall’altro, le hanno strappato tutte le terre coltivate e suddivise che all’inizio del 1950 ammontavano (dice lui) a più di 4000 tomoli, ma nel fatto (come vedrò più tardi) a meno di 700. Il vecchio Colaianni è un po’ come la cooperativa, una bandiera senza reggimento dietro e invece di sviluppare i motivi di una politica preferisce raccontarmi il caso capitatogli nel 1950 in occasione della Santa Missione che appunto in quell’anno (come ricordano le cinque croci nere alle porte del paese) si tenne a Scandale. Recatosi a confessarsi dal padre missionario (forse lo stesso Don Roberto, del quale racconterò più tardi la storia) e richiesto di quali peccati avesse commessi, stava per rispondere quando il padre gli chiese in che termini fosse con i compagni : “ne sono il capo, risposi è me ne vanto ed ogni sera, dopo fatto il segno della croce, bacio l’immagine del mio caro compagno Togliatti”. “Allora può andare, che assoluzione non ne puoi avere”. “E uscendo dalla chiesa, concludeva il racconto Colaianni, mostravo con fierezza a quei corvacchieri la tessera del partito e la baciavo”.

lunedì 25 gennaio 2010

Calabria da scoprire: i Murales di Diamante.

Uno dei tanti Murales del centro storico di Diamante.


Diamante è un Comune in provincia di Cosenza che vive soprattutto di turismo. Ha circa 5.000 abitanti, e nei mesi estivi supera le 50.000 presenze. Situata sulla costa della riviera dei cedri, con l'isola di Cirella, è anche conosciuta come la città dei murales, caratterizzata dai numerosissimi dipinti che si possono ammirare passeggiando per le strade interne del paese.

Nei primi anni Ottanta, grazie ad una iniziativa del pittore Nani Razzetti per rivalutare il centro storico del paese, Diamante ha ospitato ben 83 artisti provenienti da tutto il mondo per dipingere le facciate delle case del centro storico. L'operazione è stata un successo.


domenica 24 gennaio 2010

La banda Monaco attacca il barone Drammis a Galloppà.


Maria Oliverio detta CICCILLA (nella foto), moglie di Pietro Monaco è nata nel 1841 a Casole Bruzio. Condannata ai lavori forzati, sarebbe stata portata ad espiare la pena nella prigione-lager di Fenestrelle in Piemonte, non si conosce l’anno della morte.

Appena pochi giorni dopo il fatto avvenuto alle grotte di Cirasia, ce ne fu uno più grave nella tenuta di Galloppà dove il barone Drammis, sempre scortato da otto uomini armati fino ai denti, viveva soprattutto nei periodi estivi. Qui, il 1 aprile 1863, una banda di undici briganti comandata da Pietro Monaco assaltò il Casino, come riportano i documenti della Commissione Provinciale sul Brigantaggio pubblicati dal giornale L’Indipendente di Napoli mercoledì 17 giugno 1863:

“Davasi in seguito certezza dell’assalto che undici briganti capitanati dal Capo Banda Pietro Monaco della Provincia di Cosenza diedero l’11 corrente Aprile alla famiglia del Barone Salvatore Drammis nella propria casina, sita in contrada Galloppà sul territorio di Scandale.
Che gli assaliti si difesero energicamente, onde avvenne un conflitto nel quale rimasero morti uno dei briganti ed il Guardiano del Barone, Rosario Ceraldi di Scandale.
Il signor Prefetto riferiva che siccome il nominato Guardiano del Barone Drammis, Rosario Ceraldi, morto in conflitto a difesa del proprio padrone avrebbe lasciato una vedova che si dice priva di mezzi di fortuna cioè di sussistenza, ed inoltre due altri individui del seguito dello stesso Barone cioè Raffaele Brittelli e Francesco Piccolo si sarebbero distinti nel fatto di che si tratta, avere date le opportune istruzioni al Sotto Prefetto di Crotone per gli adempimenti prescritti dall’art. 17 del Regolamento, per cui la Commissione delibera di soprassedere da ogni determinazione in proposito fin visti gli schiarimenti che dovranno essere somministrati dalla Commissione Comunale di Scandale”.

Il 19 giugno la Commissione Provinciale sul brigantaggio deliberava:
“Passatosi dunque alla disamina delle carte prodotte da Rosa Cacozza, vedova di Rosario Ceraldi, Caporale della Guardia Nazionale di Scandale, morto il primo aprile p.p. nel conflitto sostenuto contro i briganti, mentre davano l’assalto alla Casa del Barone Salvatore Drammis situata in quel territorio, di cui è parola nella precedente deliberazione 12 stesso aprile, e riconosciuto che nella detta vedova concorrono tutti i requisiti voluti dalle vigenti Istruzioni per essere meritevole di una pensione vitalizia, deliberava proporsi la medesima alla Commissione Centrale di Napoli pel maxsimum portato dalla linea del articolo 14 dell’Istruzione del 1° marzo ultimo scorso, cioè per Lire 360. Visto l’articolo 20 di dette Istruzioni si propone la detta vedova per l’assegno vitalizio di Lire 360 annue durante la sua vedovanza.
Dalle informazioni avute del fatto dianzi accennato, essendo risultato che Francesco Piccolo in compagnia di Raffaele Brittelli à messa in fuga la detta banda di briganti uccidendone uno e ferendone altri, col pericolo della propria vita, la Commissione deliberava al favore del medesimo un compenso pecuniario di Lire 300,00. Rispetto a Raffaele Brittelli la Commissione si limitava ad encomiarlo, in quanto che ha inteso essere il medesimo stato pel tal fatto proposto per la medaglia al valore civile”.

Il brigante della Sila, Pietro Monaco, detto “Bruttacera”, che per tre anni riuscì a sfuggire alle forze dell’ordine, era un ex sottufficiale borbonico che aveva combattuto anche con Garibaldi. La moglie, soprannominata Ciccilla, secondo le carte militari si chiamava in realtà Maria Oliverio, ed era una delle brigantesse più famose della Calabria, tanto che si occupò delle sue vicende anche Alexander Dumas. Non è chiaro se facesse parte del gruppo che assaltò Galloppà.
Pietro Monaco, che si diede alla macchia dopo aver ucciso un possidente di Serrapedace, creò una banda molto numerosa che attaccava masserie isolate e taglieggiava i proprietari. Nel settembre del 1863 prese di mira la potente famiglia Falcone di Acri e questo segnò la sua fine. Infatti, tre componenti della banda, cioè Marrazzo, Celestino e De Marco, corrotti con molto denaro l’uccisero a fucilate mentre dormiva. La moglie ferita riuscì a fuggire, ma nel febbraio del 1864 nei pressi di Caccuri fu arrestata dalle truppe antibrigantaggio guidate dal capitano Buglioni e dal vicesindaco di Crotone, Verga.

All’epoca, giornali e libri parlarono di questo attacco al barone Drammis. Di seguito uno dei tanti.

En Calabre, la bande Monaco attaque
le baron Salvatore Drammis et son fils,
escortés de huit gardes armés, en tuent
un et mettent le reste en fuite. ...

Oscar de Poli, Philippe François Joseph Poli, De Naples à Palerme, 1863-1864, Lib. parisienne Dupray de La Maherie, 1865, p. 369.

venerdì 22 gennaio 2010

DESIDERIO: poesia di Gino Scalise.

DESIDERIO


Viaggiare a lungo sopra il mare

ad abbracciare solo mare e cielo.

Anzi, solo il cielo, ma dal mare.

Una meta di sogni.

Poi mi giunse il grido dei fratelli

e lungo il mare con il cielo in cuore

mi misi a viaggiare sulla terra.

La vera vita.


Gino Scalise, Sui fiumi di Babilonia, Fasano Editore, Cosenza, 1976, p. 23.

giovedì 21 gennaio 2010

Chiesa della Pietà o delle Cinque Piaghe.

Nella foto, presa dal sito http://www.scandale-kr.it/ si vede il luogo dove più o meno sorgeva la Chiesa della Pietà, anticamente conosciuta come Chiesa delle Cinque Piaghe.


Nel 1634 era Rettore della chiesa di Santa Maria della Pietà, Don Tommaso Cuncrà.

Nell’apprezzo dello Stato di Santa Severina, San Mauro e Scandale del 1653 redatto dall’architetto Onofrio Tango si legge:


“Nell’intrare nell’abitato di detto Casale per la…[strada] di Santo Mauro, alla destra si trova la chiesa sotto il titolo delle Cinque Piaghe, la nave coverta con intempiatura repartita con quadri sfondati, pittati in testa, e l’altare maggiore con schiavatione di Nostro Signore, di buona pittura guarnita con… indorata, alla destra è l’altare con Cona di Santa Caterina et Santo Marco et sopra Santa Maria della Grazia di buona pittura, alla sinistra è l’altare della Concettione con San… e Santo Nicola. Tiene il Pulpido con un calice et patena con altre comodità et una campana. Si celebra nel giorno di festa nella quale è la Confraternita”.


L’ingegnere Giovan Battista Manni, nell’Apprezzo nel 1687 ci dice che all’inizio del paese, “in principio della quale vi è la chiesa sotto il titolo di Santa Maria della Pietà, col frontespizio ornato di pietra ad una nave con intempiatura, e tre altari, uno in testa con l’immagine della schiodazione di Nostro Signore, pittura fina, e l’altro con l’immagine della Madonna della Stella, e l’altro con l’immagine della Concezione, un altro quadro di Santa Caterina, vi è una campanella piccola, e si mantiene colle limosine”.


Nel 1781 il vescovo Antonio Ganini aggiungeva che “La chiesa della Pietà, conosciuta anche come chiesa delle Cinque Piaghe, è retta da un procuratore che spetta a me eleggere; ma l’altro altare dell’Immacolata Concezione della Beata Maria Vergine situato in essa è custodito dal reverendo che a suo tempo sarà arcidiacono di questa chiesa metropolitana, di cui fu autorizzato a ricevere le prebende”.


mercoledì 20 gennaio 2010

Calabria da scoprire: il Santuario di Santa Maria di Costantinopoli.



Nei pressi di Papasidero, piccolo paese di origine bizantina, si trova il Santuario di Santa Maria di Costantinopoli (nella foto). Il paese si trova sulla sinistra del fiume Lao e il Santuario sulla destra.. L’area attraversata dal fiume, con boschi e fauna di pregio scientifico, è riserva statale dal 1987.

martedì 19 gennaio 2010

La scandalese Eufrasia Militi scrive alla moglie di Rossi-Doria.

Risposta della scandalese Eufrasia Militi a una lettera della moglie di Rossi-Doria, Anna Lengyel (a sinistra nella foto).


Scandale 19 marzo 1957:


Carissima Signora, proprio inaspettatamente mi è giunta la vostra gradita lettera con le fotografie, ove mi sono piaciute. Ho dato quella alla famiglia di sotto.

Tutti si sono ribellati che volevano ognuna la sua come pure mia sorella desiderava tanto quella col laboratorio, ma io vi ho scusato dicendole come voi dite nella lettera. Siamo contenti che state tutti bene.

Il piccolo Marco (1) credo sia fatto grandetto e vorremmo tanto vederlo.

A quanto pare non venite più a Scandale? Perché dite che sperate di venire a trovarci. Noi benché il tempo passa vi ricordiamo a tutti con affetto. Mimma(2), ogni tanto si fa viva con lo scrivere qualche rigo, ma adesso è parecchio che non ci scrive. Gilberto (³) ci ha promesso che quando sposava sarebbe venuto a trovarci con la moglie, ma invece niente.

Vi restituisco i saluti delle amiche. Saluti dei miei. Cari saluti per Gilberto, il Professore. Saluti cari dalla mamma per tutti.


Affettuosamente. Eufrasia Militi.


1) Marco, figlio di Rossi-Doria è nato a Napoli nel 1954, dove risiede.

2) Lucia Trucco (Mimma), assistente di Rossi-Doria, dopo Scandale si è sposata con il prof. Michele De Benedictis.

3) Gilberto Antonio Marselli, assistente di Rossi-Doria e successivamente titolare della cattedra di Sociologia all’Università di Napoli.


Cfr. Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia. Fondo Rossi-Doria, Scandale, vol. VI, Fascicoli VA 37-40.

lunedì 18 gennaio 2010

Donna d’onore di Iginio Carvelli.

Riporto un piccolo passo del libro “Donna d’onore” del nostro compaesano Iginio Carvelli, pubblicato da Antonio Stango Editore nel 1999.


“Quando un sudista va verso il nord, l’accompagna sempre un filo di speranza.

Dice: “Vado a Milano con la speranza nel cuore”.

Il treno del sud diretto al nord, è chiamato il treno della speranza.

E la valigia di cartone? Oh, la valigia legata con cordelle, resistente agli strapazzi, spesso decantata dai poeti paesani, ha pure un posto d’onore nel cammino della speranza.

La gente che parte risponde ai saluti di chi resta: “Andiamo al nord, perché là c’è lavoro e noi possiamo lavorare; andiamo al nord perché là c’è l’ospedale grande e noi possiamo guarire; andiamo al nord perché, là c’è la ricchezza e noi possiamo uscire dalla miseria”.

sabato 16 gennaio 2010

Sonetti di Pier Mattia Grutther dei Principi di Santa Severina.

Il Castello di Santa Severina di notte


Pier Mattia Grutther (Greuther), noto poeta, dei duchi di Santa Severina del Regno di Napoli, pastore in Arcadia col nome di “Licildo Parteniate”. Così risulta nell’elenco della celeberrima Accademia romana del 1715 durante la custodia di Giovan Mario Crescimbeni (1663-1728). Nell’elenco dei “pastori arcadi” risulta un altro esponente della Famiglia che venne accettato nel 1727, Elisa Grutther, la pastorella “Ricalba Ificratea”.



FIGLIA, SPOSA, E MADRE.


Canto l'eccelsa Donna in volto bruna,

ma bella sì, che vera Dea somiglia,

vaga più dell'aurora albi-vermiglia,

e vaga più della raggiante Luna:

Che di Vergine i pregi in sé raguna,

oltre i pregi di Sposa, e Madre, e Figlia,

cui del gran Padre nella gran famiglia

pari non fu, né sarà pari alcuna.

E se per breve tempo i suoi cavalli

mi concedesse il Sol, varcar vorrei

l' aere, le stelle, e i lucidi cristalli,

per dipingere al vivo il bello interno,

che tiene ascoso in mezzo al cor di lei

con tanta gelosia l'Amante eterno.



venerdì 15 gennaio 2010

PARROCI di Scandale.


Scandale Vecchio
1325 – 1338: Don Dionisio
(il solo Parroco che conosciamo).

Questo Scandale è stato fondato nel 1555.
Non potendo, per il momento e per la scarsità di documenti, essere più preciso, riporto l’elenco dei Parroci che a tale data risultavano in servizio.

1564: Don Gabriele Varipapa
1579: Don Basilio Sculco
1584: Don Tommaso Basilico
1597: Don Giovanni Battista Tagliaferro
1605: Don Marcello de Pace
1620: Don Rocco Quercio
1640: Don Rocco Quercio
1656: Don Rocco Quercio
1657: Don Giovanni Lorenzo Massa
1684: Don Francesco Romano
1689: Don Francesco di Mario
1690: Don Nunzio Ceraldi
1740: Don Nicola Massa
1753: Don Nicola Cizza
1781: Don Nicola Cizza
1817: Don Giovanni Cizza
1820: Don Adamo Bernardo
1820: Don Pantaleone Calomero
1840: Don Nicola Massa
1850: Don Nicola Romano, morto il 20 marzo 1876.
1877: Don Vincenzo Coreale
1886: Don Antonio Stefanizzi di Santa Severina
1898: Don Salvatore Venneri di Petilia Policastro
1909: Don Pasquale Pascuzzi
1933: Don Pasquale Pascuzzi
1934: Don Domenico Maddalone
1938: Don Domenico Maddalone
1939: Don Pasquale Pantisano
1945: Don Pasquale Pantisano
1947: Don Renato Cosentini
1960: Don Renato Cosentini
1980: Don Renato Cosentini
1990: Don Renato Cosentini
2006: Don Renato Cosentini, fino al 24 luglio 2006.
2007: Don Antonio Buccarelli
2010: Don Antonio Buccarelli
2011: Don Rino Le Pera
2011: Don Argemiro Salazar Arias

giovedì 14 gennaio 2010

Pagine di storia: INSORGENZE.


Adolfo Grassi, Dopo la guerriglia, olio su tela.


Le sollevazioni popolari viste dal prof. Ulderico Nisticò che è nato a Catanzaro nel 1950 e vive a Soverato. È docente di Lettere nei licei, oltre che socio fondatore dell’Istituto di studi storici sul Fascismo e membro del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Ricercatore storico, collabora a Santa Severina ai “Quaderni Siberenensi”.



INSORGENZE


“L’insurrezione nazionale e popolare contro i Francesi non fu affatto una peculiarità del Meridione d’Italia., da attribuire magari, come è vezzo della cultura tardoilluministica, alla presunta arretratezza, a devozionismo, insomma a qualche lombrosiana inferiorità della gente del Sud.

Al contrario, dovunque sventolò la bandiera dei giacobini, lì in tutta Europa, e prima che altrove in Francia, insorsero armati i popoli in nome di Dio, della tradizione e della patria; o, se si vuole, della conservazione della propria visione della vita.

Accenniamo appena alla Vandea, che non basterebbero certo né poche né molte righe a celebrare l’eroismo degli chouans ed a deprecare la barbarie delle “colonne infernali”, mandate da Parigi a sterminare i ribelli e le loro famiglie, e a fare della loro terra il deserto.

Ma non erano giunti in Italia i Francesi del giovane ed audace generale Buonaparte, che si agitavano i Piemontesi contro i soprusi rivoluzionari: la rivolta dei Brandalucconi (1796-99).

In Liguria gli insorgenti assediano nel 1800 Genova assieme agli Austriaci. Si solleva nel 1798 Pavia.

La repubblica di Venezia muore indegnamente, ma intanto scoppia la gloriosa rivolta delle Pasque veronesi (17 aprile 1797). La grande insurrezione cattolica e nazionale del Tirolo, guidata da Andrea Hofer, incendia non solo le terre tedesche, ma anche gli Italiani del Trentino: l’eroe cadde fucilato a Mantova il 20 febbraio 1810.

La sollevazione del luglio 1796 di Lugo di Romagna, da cui esattamente prendono il nome gli “Insorgenti”, non fu meno violenta.

In Toscana ed Umbria il movimento dei “Viva Maria” combatté i Francesi fino al 1798.

L’invasione francese del Regno di Napoli incontrò anche la resistenza degli Abbruzzi; e, dopo la caduta della capitale, Michele Pezza da Itri, detto Fra Diavolo, mosse guerra per bande all’invasione.

Né la guerra contro i Francesi ed i loro alleati giacobini cessò quando Napoleone, dopo le grandi vittorie del 1800 e le conquiste del decennio seguente, parve aver trionfato su tutto il Continente. Nel 1806 il Masséna conduceva a Napoli come re Giuseppe Buonaparte, avendo facile ragione dell’esercito borbonico.

Ma la Calabria riprese le armi della Santa Fede, e in anni di sangue e di gloria, contese al nemico ed ai suoi sostenitori ogni palmo di terra. L’inglese Stuart con Napoletani e rivoltosi sconfisse Reynier a Maida. Amantea, piccola città di mare, resistette tre mesi ad un assalto di seimila Francesi; Crotone, tornata fedele al Regno, combatté gli invasori con il piombo e bruciando le messi e avvelenando le acque. A decine i borghi calabresi conobbero i combattimenti e i saccheggi, e orrenda fu la repressione del macellaio Manhès: finché, tornati i Borbone, Gioacchino Murat non venne, quasi per cieco fato, a pagare le sue colpe a Pizzo di Calabria”.

mercoledì 13 gennaio 2010

Difficile situazione in Calabria per molti agricoltori a causa del brigantaggio.


Lunedì 19 maggio 1863, il giornale L’Indipendente di Napoli pubblica un articolo che spiega la difficile situazione in cui si trovavano molti agricoltori calabresi a causa del brigantaggio: l’articolo si collega alla lettera del 1861 di Poerio (a sinistra, foto del monumento a Napoli) al barone Drammis.


Calabrie. Da nostre lettere rileviamo che i proprietari della Sila trovansi in una triste posizione. Quasi tutti i loro pascoli rimangono quest’anno sfruttati, sebbene quelle provincie siano state le meno travagliate dal brigantaggio. Questo fatto procede da varie cause: molti proprietari hanno smesso di tenere delle mandrie sia a causa del piccolo brigantaggio che tratto loro recava del danno, uccidendo e rubando parte dei loro prodotti, sia anche a motivo dell’epizoozia che minacciava di privarli ad un tratto di ogni loro profitto ed anche dell’intero loro capitale. Per esempio, il signor Ventura di Policastro, grosso proprietario ed industriale di vaccine e di pecore, fin dal giugno dello scorso anno vendé tutti i suoi animali per sottrarli dalle molestie dei briganti che gli avevano domandato una grossa somma di denaro sotto pena di vedere uccise le sue mandrie. Il sig. Salerno Antonio di San Mauro, paese vicino a Santa Severina, dismise la sua mandria di pecore per lo stesso motivo, e con lui cinque altri proprietari.

Il barone Drammis di Crotone, che ordinariamente teneva in piedi 1.200 vaccine, per cui oltre alle sue terre affittava anche quelle del barone Poerio, ora non ne ha più che duecento che tiene sui suoi fondi, cosicché i pascoli del Poerio sono per quest’anno sfittati! Nella condizione del Poerio sono molti altri. L’altro motivo proviene anche dall’essere molti animali stati trasportati in Sicilia da speculatori, locché aiutò non poco a diminuire le bestie per i pascoli. A tutelare quelle proprietà dagli assalti delle piccole bande che ancora girano per quella località, il Ministero ha spedito di guarnigione un battaglione nella Sila: ma non è solo il timore dei briganti che produce questo grave inconveniente, è altresì l’epizoozia e l’esportazione in Sicilia e nelle altre province d’Italia.


L’Indipendente, anno III, n°111, p.3, lunedì 19 maggio 1863, Napoli.

martedì 12 gennaio 2010

Il maestrino Antonio Barberio.


Questo libro pubblicato da Antonio Audia nel 1996 è la storia del maestro di musica Antonio Barberio, nato a Scandale nel 1907 da Leopoldo e Rosa Ceraldi.

Vita molto movimentata, quella di Barberio, che impara la musica durante il servizio militare, conoscendo per caso un vero maestro di musica che era Otello Riitano di Guardavalle. Si conobbero nel Carcere Militare di Forte Boccea a Roma dove scontavano entrambi una pena per insubordinazione.

Trasferiti in un carcere in provincia di Cremona passavano il tempo suonando a ufficiali e detenuti.

Tornato a Scandale, nel 1930 fa venire il maestro Riitano e crea una Banda musicale. Antonio è fratello dell’insegnante Giuseppe Barberio che nel 1954 scrisse il romanzo “Il castello di Melissa”.

lunedì 11 gennaio 2010

Il brigante Giuseppe Musolino.


“O briganti o emigranti” è la definizione che per tanto tempo ha appassionato gli storici. Il brigante Giuseppe Musolino (nella foto), è nato a Santo Stefano d’Aspromonte nel 1876. Da giovane fu condannato a 21 anni di carcere per un reato non commesso, così evase e uccise tutti quelli che lo avevano mandato in galera. Catturato e processato a Lucca fu condannato all’ergastolo.

Nel 1946 fu graziato e nel 1956 morì. Il regista Mario Camerini raccontò la sua vicenda nel film “Il brigante Musolino”, girato in parte a Santa Severina con Amedeo Nazzari e Silvana Mangano.

domenica 10 gennaio 2010

Il prof. Rossi-Doria conversa con Aldo Rizzuto nell’aprile del 1955.


Nella foto a sinistra si vede Rossi-Doria con un bambino nei pressi della chiesa dell’Addolorata nel 1955. Le foto, di cui noi conosciamo solo una piccola parte, sono state scattate quasi tutte dalla moglie del professore, Anna Lengyel Rossi-Doria.


Il professor Rossi-Doria parla con il giovanissimo Aldo Rizzuto.


“Aldo ha 15 anni. È figlio al macellaio. Però non fa solo il macellaio ma anche il meccanico e il contadino. È un bel ragazzo alto biondo e con gli occhi scuri.

È venuto a casa ad aggiustare il letto e poi si è fermato vicino al fuoco e fumando (perché fuma da 4 anni) si è messo a parlare.

A lui piace la vita a Scandale perché sta bene. Anche se in famiglia sono 10 figli che così va bene. Solo un fratello studia, ha 17 anni fa la V ginnasio. Aldo non sta mai in casa. Non si occupa di nessuno. Riceve ancora botte da suo padre, ma non reagisce.

È fidanzato con una ragazza di 15 anni che va a vedere ogni giorno. Si parlano dalla finestra. Dice di essere fidanzato da 7 anni e vuole sposare quella. Se la fidanzata lo lasciasse, se ne troverebbe subito un’altra. Tutto il paese lo sa che loro due si parlano, ma ancora sono piccoli per fidanzarsi ufficialmente.

A lui non importa se non la può baciare o toccare; una fidanzata, allora dovrebbe essere per forza baciata?

Spesso va a Crotone con gli amici a ballare e al cinema. A Crotone le ragazze sono più moderne e quelle lui bacia, ma non significa niente.

Non ha amici intimi. Tutti i giovani della sua età con i quali esce sono amici. Con le ragazze non c’è l’amicizia. Non si possono neanche salutare per la strada e i ragazzi per dispetto quando le incontrano accompagnate le salutano.

È stato negli altri paesi vicini, ma non è mai uscito dalla Calabria e spera di poter fare il militare per vedere e conoscere gli altri posti.

Pensa di sposarsi a venti anni e vuole solo pochi figli, due un maschio e una femmina. Alla chiesa non ci va più, questo ormai già da quattro anni. I suoi genitori non lo obbligano. I ragazzi della sua età non ci vano neppure. Quelli che frequentano Centri di Azione Cattolica sono delle mezze femminucce. Va solo a messa se sa che ci va anche la fidanzata.

Le distrazioni sono poche a Scandale e dopo la scuola, Aldo ha fatto solo la terza, bisogna lavorare. Quando va al cinema va di preferenza a vedere i film di guerra e anche quelli d’amore. Legge fotoromanzi “sono utili, insegnano a fare all’amore”.

Quando sta con i compagni parlano di divertimento, di ragazze e anche di politica. Lui se ne intende di politica, e saprebbe per chi votare. Suo padre non è comunista e nessuno gli ha mai spiegato niente; da solo, dice lui. Forse perché non gli piacciono i preti e i democristiani. I suoi amici la pensano come lui. A Scandale non c’è un capo. Non sa neanche quali siano i partiti italiani e ignora Togliatti. Ma per Aldo le personalità più importanti nel paese sono il Sindaco e il Segretario e anche se non sono comunisti, sono persone brave e oneste.

Se ci fosse una guerra ci andrebbe e dice che è sempre l’Italia che ha ragione. Sarebbe contento di servire la patria, ma poi quando gli spiego che le guerre non servono a niente e che lui dovrebbe sapere perché ci va, risponde che ho ragione.

Dice di non sapere niente. Non conosce l’Italia si è dimenticato quello che ha imparato a scuola. La vita non gli fa paura. Mangia quello che c’è oggi, e non pensa al domani. Sempre si vive dice lui.

Nel suo intimo però sa che più tardi avrà un mestiere. Spera di poter stare bene, meglio dei suoi. Lavora con buona volontà quando c’è da lavorare e quello che fa gli piace.

Dice di essere amico dei contadini perché anche lui va in campagna qualche volta e fiero di farsi passare per un uomo. E la fidanzata, e Crotone, e la guerra e il lavoro e il fumare sono per lui segni di maturità e solo quando ride si capisce la sua giovane età perchè allora non può fingere.

Mi ha chiesto che facevo a Scandale e glielo ho spiegato. È stato attento, molto, ma forse, non per questo ha capito”.


Aprile 1955. Notazioni e Appunti di Rossi-Doria e delle sue collaboratrici, Durante l’inchiesta condotta a Scandale. A.N.I.M.I., Roma, Archivio Rossi-Doria, vol. II, fascicolo 9 (dattiloscritto).