Largo Genuzzo in un quadro del pittore Nicola Santoro.
Del 1820 c’è questo piccolo fatto di cronaca avvenuto nel nostro paese, riportato dallo storico, ex parlamentare e consulente della Commissione Antimafia, Enzo Ciconte, nel suo libro «Mi riconobbe per ben due volte». Storia dello stupro e di donne ribelli in Calabria (1814-1975), che sarebbe una storia di donne stuprate, di uomini violenti e di giudici che dovettero giudicare, basata su fonti inedite e testimonianze d’eccezione. L’autore, con l’ausilio di duemila sentenze conservate nell’Archivio di Stato di Catanzaro ed in altri posti, “racconta una storia che ribalta i luoghi comuni sulle donne e sul Mezzogiorno. Una storia sconosciuta”.(1)
Viene delineato, in questo libro il percorso della mentalità, la visione del mondo e i comportamenti dell’universo femminile e maschile, che appaiono molto diversi dalle immagini che ci sono state tramandate sinora. Viene ricostruito l’immaginario collettivo del popolo, il modo come veniva rappresentato l’amore, il matrimonio, la famiglia e la vita. Il libro è popolato di donne che rompono il silenzio imposto dalla cultura dell’epoca e portano in giudizio i loro violentatori.
Sul nostro paese riporta solo due fatti: il primo è questo che segue, l’altro lo pubblicherò prossimamente.
“Vediamo cosa successe nel maggio
1) Enzo Ciconte, «Mi riconobbe per ben due volte». Storia dello stupro e di donne ribelli in Calabria (1814-1975), Edizioni dell’Orso, 2001.
2) Vol. 9, anno 1823-1824, Sentenza del 16 dicembre 1823. Cfr., Ciconte, opera citata, pp. 71 e 311.