L’entrata del paese in una foto di Mastro
Armando Gentile, scattata all’inizio del 1958, cioè (come mi disse qualche anno
fa il figlio Orlando) pochi mesi prima che iniziassero i lavori per la
costruzione della palazzina che c’è adesso. Probabilmente, quella che vedete
sulla sinistra è forse l’unica immagine della vecchia “Forgia”.
Giuseppe Caridi
ASPETTI E MOMENTI DELLA VITA DI UN CASALE RIPOPOLATO:
SCANDALE NEL SEICENTO
Nonostante i primi insediamenti umani
nel suo territorio si facciano risalire ai tempi preistorici, estremamente
scarse sono le notizie relative a Scandale prima del secolo XVI. Gli stessi
eruditi calabresi del periodo vicereale, che pure sul passato più o meno
recente di tante contrade della loro regione forniscono interessanti, anche se
non sempre attendibili, informazioni, a proposito di questo centro, oggi comune
in provincia di Catanzaro, si limitano a notare semplicemente che si trattava
di un casale di Santa Severina. Così si esprimono infatti Gabriele Barrio, a
metà del secolo XVI e, qualche decennio dopo, il Marafioti e il Nola Molisi.
Giovanni Fiore, che scrive nella seconda metà del Seicento, aggiunge solo che
Scandale ai suoi tempi era «abitazione civilissima». A tutt'oggi, mentre sulle
vicende di altri centri dell'entroterra crotonese in qualche modo si è scritto
— e mi riferisco, ad esempio, ai lavori di Salerno e Bernardo su Santa Severina
e, più recentemente, di Maone su San Mauro — è probabilmente da attribuire
proprio a questo silenzio pressoché completo delle fonti narrative, oltre che
alla esiguità e difficoltosa reperibilità della documentazione superstite, la
mancanza di una monografia su Scandale. Già situato a sud-est dell’ubicazione
attuale, in località detta appunto «Scandale Vecchio», il casale di Scandale
figura fra le 393 terre calabresi abitate nella seconda metà del Duecento.
La sua popolazione, secondo il Pardi,
che si avvale di registri angioini oggi distrutti, conta 431 unità nel 1276.
Quattro anni prima, nel 1272, signore feudale di Scandale risulta Guglielmo di
Amendolea, barone di Calatabiano, già ribelle agli Svevi e compensato da Carlo
I d'Angiò con ampie concessioni territoriali in Sicilia e Calabria.
Nel corso del Trecento la Calabria , come tutte le
altre regioni dell'Europa occidentale, fu colpita da una gravissima crisi
demografica, le cui cause più virulente furono la carestia del 1315 e la peste
nera del 1348, che determinò la scomparsa di numerosi centri abitati. Nel 1505,
benché fosse già in atto in campo demografico un’inversione di tendenza, dal Levamentum
Foculariorum Regni, aggiornamento a fini fiscali della popolazione del
Regno di Napoli operato dalla nuova monarchia spagnola, si rileva che la
popolazione calabrese era distribuita in 245 terre, 148 in meno cioè rispetto a
due secoli e mezzo prima. Scandale, come pure la vicina S. Mauro, fa parte di
questi centri spopolati. Il suo territorio era stato infatti già da tempo
assorbito da quello di Santa Severina, le cui vicende politico-amministrative
avrebbe perciò seguito, come sua parte integrante, fino a metà del secolo XVI.
Sappiamo pertanto che nel 1402 Scandale risulta infeudato a Nicolò Ruffo,
marchese di Crotone e conte di Catanzaro, per passare, con la sua morte, alla
figlia Enrichetta che lo recò in dote al marito Antonio Centelles. Nel novembre
1444, Scandale è indicato come casale disabitato di Santa .Severina nel
privilegio con cui Alfonso il Magnanimo, a causa della ribellione del
Centelles, revoca al demanio regio il territorio santaseverinese che, salvo una
breve parentesi tra il 1462 e il 1466, sarebbe rimasto demaniale fino al 1496.
Nell'ottobre di questo anno il re Federico d'Aragona concede ad Andrea Carafa,
dietro il versamento di 9 mila ducati, la contea di Santa Severina, che oltre
alla stessa città e ai suoi casali comprende Roccabernarda, Policastro, Le
Castella e Cirò. Al Carafa —
membro di una delle maggiori casate napoletane che in Calabria Ultra si
divideva nei rami di Santa Severina e Roccella — la contea è confermata nel
1503 da Consalvo di Cordova e quindi, nel 1506 e 1507, da Ferdinando il
Cattolico. Ulteriori conferme giungono al conte di Santa Severina nel 1516 e
nel 1520 dall'imperatore Carlo V che, l'anno dopo, dispone in suo favore la
reintegrazione dei beni feudali indebitamente sottratti.
Dal documento di reintegra risulta che
Andrea Carafa possedeva la città di Santa Severina, i casali di Cutro e
S. Giovanni Minagò e le terre di Roccabernarda, Le Castella, Ciro e S. Lucido. Nessuna menzione tra
i casali santaseverinesi si trova quindi di Scandale, che è invece considerato
feudo disabitato, al pari di S. Mauro, S. Stefano, S. Leone e Turrotio; si
indicano inoltre i terreni in cui si articola, con la relativa estensione:
«Scandale
piccolo», di 21 salmate (ogni salmata è equivalente a ha. 2,691).
«Lo
Prato de la Torre di Scandale», di salmate 25.
Terre
dette «Li Communi di Scandale», di salmate 50.
«Santo
Elia», di salmate 60, tenuto in suffeudo dal nobile napoletano Antonio de
Galluccio.
Tenuta
di circa 50 salmate adibita dal conte a prato dei puledri delle sue mandrie.
Conferenza
sulla storia di Scandale tenuta dal Prof. Giuseppe Caridi a Villa Condoleo il 16 maggio 1986 . Il
pezzo sopra è solo una piccola parte dell’articolo completo successivamente
pubblicato dall’Archivio Storico per la Calabria e la Lucania , anno LII (1985)
– Roma, Tipografia della Pace 1987.