Don Renato in una foto pubblicata in passato da Area Locale |
Discorso di Iginio Carvelli, pronunciato
per la ricorrenza del 50° di sacerdozio di Don Renato (1947-1997).
Questo straordinario momento, carico di
grande significato e di tanta emozione, mi fa sentire inadeguato di
rappresentare e di esprime il pensiero del laicato cattolico di questa nostra
piccola comunità scandalese.
Ma don Renato, in questa solennità,
rimane, come sempre, con tutta la semplicità che ha caratterizzato la sua
azione pastorale durante i suoi 50 anni di presenza in mezzo a noi. Mi aiuta
Lui stesso, dunque a vincere questo senso di inadeguatezza e rendere
presentabili le mie povere parole.
Non sappiamo quanto don Renato sia
contento, se vediamo questo suo 50° come la sera del pastore quando conta il
gregge e conta quante sono rimaste prigioniere negli anfratti e nei roveti,
quante smarrite o nelle mani dei bracconieri!
Quanti di noi sono ancora lontani,
quanti di noi hanno messo le mani all’aratro e sono tornati indietro, quanti
sono stati vinti dal dubbio, quanti dall’egoismo, quanti ancora non riusciamo a
convertirci con la sincerità del cuore e della mente.
Oggi è la sera di un giorno lungo 50
anni e il tuo raccolto, oh Padre, è forse scarso e molti mancano all’ovile.
Ma noi vorremmo testimoniarti che hai
lavorato senza mai stancarti, che hai seminato con l’amore e la speranza del
contadino, che hai inumidito le zolle del tuo campo anche con le lacrime dello
sconforto, lacrime che non mancano mai nella vita di un sacerdote. Noi sappiamo
tutto questo e per questo ti diciamo grazie anche se a volte o spesso siamo
rimasti sordi alla tua parola, anche se non abbiamo saputo sfruttare il dono
della grazia.
Il 50° del tuo sacerdozio è la grande
occasione per noi tutti per ringraziarti a nome dei nostri fratelli che hanno
visto la tua mano alzarsi sui loro sguardi in cerca di perdono; per esprimerti
riconoscenza per quanto hai fatto per condurci alla conversione.
Ti ho visto, sere addietro, come tante
volte, solo con i tuoi pensieri e i tuoi affanni sul colle del Condoleo e ho
detto tra me: ecco Aronne, ecco Mosè. L’uomo che ha sfidato l’avversità, che ha
compiuto il miracolo della fede , il miracolo dell’amore, nel cammino verso la
terra promessa, un cammino di grandi prodigi, di tante rese, di molti tradimenti
ma sempre e comunque in cammino di speranza .
È stato difficile per Mosè guidare il
suo popolo. È stato difficile per don Renato
guidare questo popolo. Un popolo è sempre difficile perché c’è sempre un
Caino e c’è sempre un Abele, c’è sempre un figlio sulla strada del ritorno e un
figlio turbato dall’egoismo, dalla gelosia, dal rancore. E il sacerdote è padre
dell’uno e dell’altro.
I 50 anni di sacerdozio di don Renato
sono segnati da questi infiniti momenti di difficoltà in cui l’ho visto
perdente, deluso, abbattuto, scoraggiato e forse sul punto di lasciare,
abbandonare e fuggire. Quante volte le sue gridate e i suoi silenzi hanno
nascosto l’amarezza della solitudine e il tormento dell’abbandono! Quante volte
ha gridato con il salmista “Che cosa ti ho fatto, popolo mio, perché tu mi
maltratti così”. Io l’ho sentito questo grido e mi è sembrato quello dell’uomo
sconfitto, ma ogni volta ho capito la
grandezza del suo sacerdozio. Non c’è un prete vincente, c’è sempre un prete
crocifisso. Forse per questo abbiamo visto don Renato sempre dove c’è stato un
dolore. Nel dolore c’è il povero, c’è l’uomo, c’è il Cristo perché Lui, il
Signore, è sulla strada del dolore dove cammina l’afflitto e il carcerato,
l’orfano e l’ammalato, il debole e il perseguitato.
Ora una preghiera: Oh Signore, conceda
vita lunga a don Renato perché questo popolo ha ancora bisogno della sua guida
sicura sulla strada della verità e della carità.
Scorcio di Villa Condoleo a Scandale, sede della Casa di Carità. |