Il 26 luglio 1806 il nostro paese viene attaccato dalle truppe francesi.
Di questo fatto abbiamo come testimone un illustre personaggio che non ha bisogno di presentazioni: Guglielmo Pepe.
Di questo fatto abbiamo come testimone un illustre personaggio che non ha bisogno di presentazioni: Guglielmo Pepe.
Il generale Guglielmo Pepe
Nel 1806 Ferdinando IV perse il Regno di Napoli e si rifugiò nuovamente in Sicilia protetto dagli Inglesi. Così i francesi scendono in Calabria passando da Campotenese. Nella sua marcia l’esercito è continuamente molestato da bande in agguato che assaltano d’improvviso i reparti infliggendo gravi perdite. Per punire Scandale, che oltre a essere in maggioranza filoborbonica, si era anche rifiutato di fornire viveri, Reynier diede ordine ad alcuni reparti di fanteria e cavalleria, comandati dal generale Berthier, e non dal generale Millon, come riporta Armando Lucifero nel libro Crotone dal 1800 al 1808 a pagina 153, di marciare su Scandale.
Avendo il barone Drammis fatto una leva di ottanta uomini per aiutare il cardinale Fabrizio Ruffo nel 1799, è chiaro che il 26 luglio 1806, appena 7 anni dopo, fu lui ad organizzare l’imboscata alle truppe francesi che avvenne, molto probabilmente, tra la chiesa della Difesa e nelle viuzze intorno alla chiesa dell’Addolorata.
Il Drammis, dopo aver fatto allontanare donne, vecchi e bambini, fece nascondere delle persone armate dietro i cespugli nel tratto fra la Difesa e l’inizio del paese e tutti gli altri dietro le finestre delle case intorno alla chiesa dell’Addolorata. Quando i soldati arrivarono, pensarono in un primo momento che il paese fosse stato abbandonato, ma all’improvviso gli scandalesi cominciarono a sparare dalle finestre ed iniziò il combattimento che durò alcune ore.
Era il 26 luglio 1806: la colonna di duemila soldati al comando del generale Cesare Berthier (fratello del generale Alessandro Berthier che occupò Roma nel 1798 su ordine del Direttorio), circondarono e misero a ferro e fuoco il nostro piccolo paese. Nel duro scontro, morirono venticinque scandalesi e molti soldati francesi. Le truppe saccheggiarono e incendiarono tutto, cominciando dal Comune e dalle Chiese: a questo saccheggio è dovuta la perdita totale dei documenti anteriori al 1806. Infatti, secondo la documentazione ufficiale in possesso degli Archivi di Stato, il Comune di Scandale esiste legalmente solo dal 4 maggio 1811.
Testimone oculare di questo fatto di guerra è stato il generale Guglielmo Pepe, allora giovane Ufficiale ordinario dell’esercito di Napoleone, “eroe del Risorgimento”, che all’epoca comandava uno squadrone.
Guglielmo Pepe fu una delle più nobili figure del Risorgimento italiano, si impegnò nei movimenti repubblicani, ma scrisse anche numerosi libri per raccontare gli eventi ed esortare ad una “lotta partigiana” per l'Italia. Fu seppellito nella chiesa di San Giorgio in Larino, ma nel 1903 il canonico Bellaroba ne disperse le ceneri. Nelle sue memorie, al Capitolo XIII, dal 1806 al 1807, pubblicate nel 1847 a Parigi, si legge:
“Continuo a far la guerra agli ordini del maresciallo Massena. Vengo da lui nominato al comando di un reggimento leggero nella prima Calabria, col carico di ordinario. Richiamato il Massena dall’Imperatore Napoleone per la guerra in Germania, il reggimento promessomi più non si ordina (io intanto continuo a far parte delle schiere di Calabria, di bel nuovo comandate dal generale Regnier [Renyer]. […]
Con una colonna comandata dall’aiutante generale Berthier fui costretto a dar l’assalto al Comune di Scandale, posto in una vantaggiosa altura. I rivoltati ci attesero a tiro di pistola, facendo un fuoco vivissimo dalle finestre, e dopo averci cagionato molte perdite, ritiraronsi nei boschi circonvicini. Ma s'io applaudiva al vigore di cui gl'insorgenti facevan mostra combattendo, dovevo nondimeno desiderare la loro distruzione, senza di che avrebbero essi sterminato i proprietari onesti, e ricondotto i Borboni con tutta la loro sequela e con l'assurdo loro modo di governare.
Spesso pur mi accadeva di aver gravi contese con gli uffiziali francesi, i quali confondevano alle volte il rigore indispensabile con le crudeltà, e la prudenza de' patrioti con la perfidia. La mia situazione diventava oramai tristissima, e pericolosa sì che, senza le note mie precedenti peripezie e l'affetto pel nuovo ordine di cose, e di più la protezione del Massena, il quale leggeva nel mio cuore, ignoro in che modo avrei finito. Non solo celar non potevo la mia ammirazione, ma il piacere altresì che in me sentiva scorgendo ne’ rivoltati tanti atti di valore e di eroismo”.
Avendo il barone Drammis fatto una leva di ottanta uomini per aiutare il cardinale Fabrizio Ruffo nel 1799, è chiaro che il 26 luglio 1806, appena 7 anni dopo, fu lui ad organizzare l’imboscata alle truppe francesi che avvenne, molto probabilmente, tra la chiesa della Difesa e nelle viuzze intorno alla chiesa dell’Addolorata.
Il Drammis, dopo aver fatto allontanare donne, vecchi e bambini, fece nascondere delle persone armate dietro i cespugli nel tratto fra la Difesa e l’inizio del paese e tutti gli altri dietro le finestre delle case intorno alla chiesa dell’Addolorata. Quando i soldati arrivarono, pensarono in un primo momento che il paese fosse stato abbandonato, ma all’improvviso gli scandalesi cominciarono a sparare dalle finestre ed iniziò il combattimento che durò alcune ore.
Era il 26 luglio 1806: la colonna di duemila soldati al comando del generale Cesare Berthier (fratello del generale Alessandro Berthier che occupò Roma nel 1798 su ordine del Direttorio), circondarono e misero a ferro e fuoco il nostro piccolo paese. Nel duro scontro, morirono venticinque scandalesi e molti soldati francesi. Le truppe saccheggiarono e incendiarono tutto, cominciando dal Comune e dalle Chiese: a questo saccheggio è dovuta la perdita totale dei documenti anteriori al 1806. Infatti, secondo la documentazione ufficiale in possesso degli Archivi di Stato, il Comune di Scandale esiste legalmente solo dal 4 maggio 1811.
Testimone oculare di questo fatto di guerra è stato il generale Guglielmo Pepe, allora giovane Ufficiale ordinario dell’esercito di Napoleone, “eroe del Risorgimento”, che all’epoca comandava uno squadrone.
Guglielmo Pepe fu una delle più nobili figure del Risorgimento italiano, si impegnò nei movimenti repubblicani, ma scrisse anche numerosi libri per raccontare gli eventi ed esortare ad una “lotta partigiana” per l'Italia. Fu seppellito nella chiesa di San Giorgio in Larino, ma nel 1903 il canonico Bellaroba ne disperse le ceneri. Nelle sue memorie, al Capitolo XIII, dal 1806 al 1807, pubblicate nel 1847 a Parigi, si legge:
“Continuo a far la guerra agli ordini del maresciallo Massena. Vengo da lui nominato al comando di un reggimento leggero nella prima Calabria, col carico di ordinario. Richiamato il Massena dall’Imperatore Napoleone per la guerra in Germania, il reggimento promessomi più non si ordina (io intanto continuo a far parte delle schiere di Calabria, di bel nuovo comandate dal generale Regnier [Renyer]. […]
Con una colonna comandata dall’aiutante generale Berthier fui costretto a dar l’assalto al Comune di Scandale, posto in una vantaggiosa altura. I rivoltati ci attesero a tiro di pistola, facendo un fuoco vivissimo dalle finestre, e dopo averci cagionato molte perdite, ritiraronsi nei boschi circonvicini. Ma s'io applaudiva al vigore di cui gl'insorgenti facevan mostra combattendo, dovevo nondimeno desiderare la loro distruzione, senza di che avrebbero essi sterminato i proprietari onesti, e ricondotto i Borboni con tutta la loro sequela e con l'assurdo loro modo di governare.
Spesso pur mi accadeva di aver gravi contese con gli uffiziali francesi, i quali confondevano alle volte il rigore indispensabile con le crudeltà, e la prudenza de' patrioti con la perfidia. La mia situazione diventava oramai tristissima, e pericolosa sì che, senza le note mie precedenti peripezie e l'affetto pel nuovo ordine di cose, e di più la protezione del Massena, il quale leggeva nel mio cuore, ignoro in che modo avrei finito. Non solo celar non potevo la mia ammirazione, ma il piacere altresì che in me sentiva scorgendo ne’ rivoltati tanti atti di valore e di eroismo”.