In un altro articolo di questo blog
avevamo già accennato al pernottamento dei fratelli Bandiera a Corazzo in un
casolare dei baroni Drammis, dopo il loro sbarco alla foce del fiume Neto il 16 giugno 18 44. Del
gruppo faceva parte Giuseppe Ricciardi che, come si può vedere nel pezzo che
segue, narra come i compagni lo obbligarono a regalare un pugnale a una persona
del luogo. Per la cronaca, come risulta da un altro libro di storia (vedi
sotto), questa persona era un guardiano della famiglia Drammis.
Storia
dei fratelli Bandiera e consorti narrata da Giuseppe Ricciardi, Deputato al
Parlamento Italiano, Firenze, Felice Le Monnier, 1863, p. 164.
“Nella
notte del 12 c’imbarcammo clandestinamente a Corfù, e nella notte del 16,
portati dal vento verso la foce del Neto, vi sbarcammo in numero di ventuno.
Durante il viaggio Miller tirò fuori alcuni suoi proclami, uno diretto ai
Calabresi e l'altro agl'Italiani, ed invitò il signor Ricciotti, mio fratello e
me a sottoscriverli, come possidenti i nomi di maggior rilievo. Noi, dopo di
averli letti, rifiutammo di firmare quello agli Italiani, perché troppo
irragionevole ed esagerato, e firmammo quello ai Calabresi col patto di
cancellare la parola Repubblica in esso contenuta.
Camminammo
tutta la notte e all'albeggiare del 17, stanchissimi ed assetati, ricoverammo
in una casa di campagna, ove, dopo aver bevuto dell'acqua, io ch'era affranto
dalla fatica, mi sdraiai e presi subito sonno.
Non era
molto ch'io cosi riposava, quando Miller mi destò e mi disse che era colà
venuta della gente, che, mostrandosi di noi impaurita, conveniva che con
qualche maniera la rassicurassimo, e che, secondo esso, la maniera più
conveniente per pervenire a questo scopo era eh'io le donassi la sciabola che
aveva al fianco. Questa sciabola come arma d'onore, oltre la decorazione
ottomana del Nischan in brillanti, mi era stata graziosamente data da S. A. il
Gran Signore Abdul Medgid, in ricompensa dei servizi da me prestati nella
campagna di Siria nell'anno 1840. Essendomi, perciò, di essa una cara memoria,
rifiutai di consentire alla domanda ed esibii invece un bellissimo pugnale
persiano che mi stava attaccato alla cintura; il che parendo bastante al
Miller, mi arrecai dov’era lo straniero e glielo offersi qual pegno di memoria
di noi, eh’egli forse era inclinato a creder briganti, mentre invece eravamo
gente onesta è incapace di fare del male a chicchessia. Poco dopo il Calabrese
partì, ed io mi rimisi a dormire”.
Di questo fatto, riporto un passo del
libro L’ascensione al calvario dei
fratelli Bandiera (Catania, 1935), dello scrittore di Rocca di Neto, Attilio
Gallo Cristiani, dove si parla di questo pugnale che i guardiani regalarono al barone
Drammis, dicendogli di averlo trovato per terra.
“Il bosco di Sant’Elena, dove essi avevano
riposato la notte, era di proprietà del Barone Drammis di Scandale; ed un
guardiano dello stesso Barone, qualche giorno dopo, trovò in quel posto un
pugnale, fatto con la lama di una baionetta turca. Il Drammis ne fece dono al
medico di casa, Dottor Francesco Gallo, mio nonno; ed ora quel pugnale è
prezioso cimelio della mia famiglia”.