giovedì 14 gennaio 2010

Pagine di storia: INSORGENZE.


Adolfo Grassi, Dopo la guerriglia, olio su tela.


Le sollevazioni popolari viste dal prof. Ulderico Nisticò che è nato a Catanzaro nel 1950 e vive a Soverato. È docente di Lettere nei licei, oltre che socio fondatore dell’Istituto di studi storici sul Fascismo e membro del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Ricercatore storico, collabora a Santa Severina ai “Quaderni Siberenensi”.



INSORGENZE


“L’insurrezione nazionale e popolare contro i Francesi non fu affatto una peculiarità del Meridione d’Italia., da attribuire magari, come è vezzo della cultura tardoilluministica, alla presunta arretratezza, a devozionismo, insomma a qualche lombrosiana inferiorità della gente del Sud.

Al contrario, dovunque sventolò la bandiera dei giacobini, lì in tutta Europa, e prima che altrove in Francia, insorsero armati i popoli in nome di Dio, della tradizione e della patria; o, se si vuole, della conservazione della propria visione della vita.

Accenniamo appena alla Vandea, che non basterebbero certo né poche né molte righe a celebrare l’eroismo degli chouans ed a deprecare la barbarie delle “colonne infernali”, mandate da Parigi a sterminare i ribelli e le loro famiglie, e a fare della loro terra il deserto.

Ma non erano giunti in Italia i Francesi del giovane ed audace generale Buonaparte, che si agitavano i Piemontesi contro i soprusi rivoluzionari: la rivolta dei Brandalucconi (1796-99).

In Liguria gli insorgenti assediano nel 1800 Genova assieme agli Austriaci. Si solleva nel 1798 Pavia.

La repubblica di Venezia muore indegnamente, ma intanto scoppia la gloriosa rivolta delle Pasque veronesi (17 aprile 1797). La grande insurrezione cattolica e nazionale del Tirolo, guidata da Andrea Hofer, incendia non solo le terre tedesche, ma anche gli Italiani del Trentino: l’eroe cadde fucilato a Mantova il 20 febbraio 1810.

La sollevazione del luglio 1796 di Lugo di Romagna, da cui esattamente prendono il nome gli “Insorgenti”, non fu meno violenta.

In Toscana ed Umbria il movimento dei “Viva Maria” combatté i Francesi fino al 1798.

L’invasione francese del Regno di Napoli incontrò anche la resistenza degli Abbruzzi; e, dopo la caduta della capitale, Michele Pezza da Itri, detto Fra Diavolo, mosse guerra per bande all’invasione.

Né la guerra contro i Francesi ed i loro alleati giacobini cessò quando Napoleone, dopo le grandi vittorie del 1800 e le conquiste del decennio seguente, parve aver trionfato su tutto il Continente. Nel 1806 il Masséna conduceva a Napoli come re Giuseppe Buonaparte, avendo facile ragione dell’esercito borbonico.

Ma la Calabria riprese le armi della Santa Fede, e in anni di sangue e di gloria, contese al nemico ed ai suoi sostenitori ogni palmo di terra. L’inglese Stuart con Napoletani e rivoltosi sconfisse Reynier a Maida. Amantea, piccola città di mare, resistette tre mesi ad un assalto di seimila Francesi; Crotone, tornata fedele al Regno, combatté gli invasori con il piombo e bruciando le messi e avvelenando le acque. A decine i borghi calabresi conobbero i combattimenti e i saccheggi, e orrenda fu la repressione del macellaio Manhès: finché, tornati i Borbone, Gioacchino Murat non venne, quasi per cieco fato, a pagare le sue colpe a Pizzo di Calabria”.