domenica 25 novembre 2012

Scandale tra Cinquecento e Seicento


Scandale: un casale popoloso

In seguito ai 25 fuochi Albanesi censiti a Gaudioso nel 1561 si aggiunsero alcuni fuochi italiani. All’inizio del Seicento il casale raddoppia la sua popolazione. Tassato nella numerazione dei fuochi dell’anno 1595 per 83 fuochi (ogni fuoco è una famiglia di circa 5-7 persone), nella numerazione del 1631 ne conta ben 178. La popolazione è seminomade o scompare all’arrivo dei contatori regi, tanto che in una relazione dei primi anni del Seicento “Scandale è castello habitato da cinquecento anime”. Alcuni anni dopo (1625), l’arciprete del casale Don Rocco Quercio dichiarerà che il casale è abitato da circa 1200 anime e nell’anno 1643 sono censiti 98 fuochi, ma pochi anni dopo “paga per li fuochi 178”. Per spiegare questo consistente aumento della popolazione bisogna ricordare che nel secondo decennio del Seicento “sfrattò” e “fallì” il vicino casale di San Giovanni Minagò. Gran parte dei 156 fuochi, per la maggior parte braccianti, che componevano questo casale, situato tra Cutro e Scandale, trovarono più conveniente andare a ripopolare quest’ultimo.
L’aumento della popolazione ha anche un riflesso nella fondazione di nuove chiese, cappelle, oratori e confraternite, soprattutto all’interno della chiesa matrice e della chiesa dell’Annunziata. Protagoniste sono le famiglie benestanti (Peta, Clarà, Parisi, Melita, Borrelli, Bua, Cizza, Franco, Mannis, Brescia ecc.) che prendono in fitto dalla chiesa e dal feudatario le terre, che mettono a coltura a grano. Aumentano anche i preti ed i chierici. Dalle due chiese esistenti alla fine del Cinquecento a tre all’inizio del Seicento. “Ha due tre chiese col suo Arciprete, con i loro preti. Vi è la Confraternita del S.mo Sacramento, et dell’Annuntiata”.
Il 27 agosto 1624 Paulo Clarà del casale di Scandale ottiene la concessione da parte dell’arcivescovo Fausto Caffarelli di edificare una cappella sotto il titolo di Santa Maria del Carmine nella chiesa matrice e di averne lo ius patronato impegnandosi a dotarla di una sufficiente dote in beni stabili e di provvederla di ornamenti e di ogni cosa necessaria al culto e con l’obbligo di celebrare due messe alla settimana e di offrire due libbre di cera nel giorno della Dedicazione della metropolitana di Santa Anastasia. “Ill.mo R.mo Mons.re. Paulo Clarà del casale di Scandale supp.do fa intendere a V. S. Ill.ma come havendosi ottenuto dal R.mo Arciprete del predetto casale un luogho dentro la matrice chiesa per farci una cappella con rompere il muro di detta chiesa, sotto il titolo di S.ta Maria del Carmine...”. Alcuni anni dopo, il 10 aprile 1637, il fratello, il chierico Giovanni Francesco, modificando un precedente testamento, istituisce un legato di ducati 500 in favore della cappella della Madonna del Carmine, “accio si ne fondi uno beneficio, e jus patronato per lo più intimo preite di casa Clarà” col peso di sette messe alla settimana e presentando per cappellano il prete D. Francesco Antonio Brescia, figlio della sorella Isabella.

Cfr. Andrea Pesavento, Il Casale di Scandale, pubblicato su La Provincia KR n° 20-23 - 2008.