Dopo il passaggio di Garibaldi, il 21 ottobre
Delusi dalle promesse di terre, molti calabresi si diedero alla macchia e crearono molte bande. Così fu mandato in Calabria a combattere i briganti l’ispettore della Guardia Nazionale Pietro Fumel (nella foto a sinistra), nato a Ivrea nel 1801, morì a Roma nel 1866. Usava la tortura e il terrore, seminando panico tra la gente, anche quella che non si era ribellata. I metodi si possono vedere da un suo ordine affisso sui muri dei paesi della Sila:
Il sottoscritto, incaricato della distruzione del brigantaggio, promette una ricompensa di lire cento per ogni brigante che gli verrà consegnato vivo o morto. La stessa ricompensa, oltre la salvezza della vita, sarà consegnata al brigante che avrà ucciso uno dei suoi compagni. Il sottoscritto notifica che farà immediatamente fucilare chiunque dia ai briganti sia un asilo sia un qualsiasi mezzo di sussistenza e di difesa. Sarà immediatamente fucilato chiunque avendo visto dei briganti o conoscendo il luogo del loro rifugio, non ne avrà dato immediatamente avviso alla forza pubblica o alle autorità militari. Tutti i pagliai devono essere bruciati e le torri e le case di campagna che sono abitate e conservate devono essere scoperchiate entro tre giorni e avere le loro aperture murate. Passato questo tempo saranno date al fuoco, e inoltre saranno abbattuti tutti gli animali non protetti dalla forza pubblica. Resta proibito di portare fuori dei villaggi del pane o qualsivoglia sorta di viveri; i contravventori saranno considerati complici dei briganti. L’esercizio della caccia è proibito. Saranno considerati come briganti i soldati sbandati che non si saranno presentati nel termine di quattro giorni.