domenica 3 febbraio 2019

Il saccheggio di Scandale il 26 luglio 1806

Il Generale  Jean  Louis Enezel de Reynier (1771-1814)


Sentiamo su questa vicenda del saccheggio del nostro paese da parte delle truppe francesi, il racconto dello storico di Cirò Giovan Francesco Pugliese, all’epoca giovane diciottenne, che successivamente raccolse le testimonianze dalla viva voce dei protagonisti:


[Il generale] Reynier mandò dei messaggeri con delle lettere a tutti i paesi vicini, ordinando ai sindaci di allestire viveri per le truppe. Una di queste lettere era diretta al sindaco di Scandale, Don Domenico Nicoscia; ma fu presa da altri, che risposero immediatamente, firmando Nicoscia, che Scandale era pronto a dar palle e non viveri. Intanto nel paese si sparse la voce, fra la popolazione, che il generale aveva chiesto la resa del paese, ed ordinato: che i proprietari galantuomini e la popolazione maschile, deposte le armi, si trovassero riuniti in chiesa. Le sole donne potevano rimanere nelle rispettive abitazioni. A tale notizia, uno fu il doloroso grido: non sia mai che gli uomini al macello, e le donne alla licenza del soldato: all’armi: difendiamoci. Mentre che ciò succedeva dentro Scandale, perveniva la risposta apocrifa a Reynier: questi, dirigendosi verso Cutro, distaccò circa 2000 uomini a cavallo e a piedi per Scandale. I Scandalesi videro pochi volteggiatori, si fecero animo e scesero per combatterli, ed infatti s’impegnò il fuoco che durò circa un’ora. Frattanto, l’intera colonna francese, tripartita, aveva circondato il paese; per cui i Scandalesi che tenevano piede al combattimento con decisa ostinazione e bravura, vedendosi circondati, fuggirono con le loro donne nel bosco più vicino. Era il 26 luglio, e Scandale fumava, ed era abbandonato alle intemperanze di una truppa stizzita, che si ritirava perdente. Fu visto tra le schiere francesi il notaio Don Gabriello Basta di Scandale, il quale fuggito giorni avanti vi si era riunito in Catanzaro: Venne costui accagionato di aver guidato e istigato i nemici alla distruzione della propria patria. Tale era lo stravolgimento degli animi fra moti di guerra ed il cozzar delle opinioni, che il Brigante e il Patriota, a vicenda, distruggevano i propri paesi. L’innocente Nicoscia che si era tenuto chiuso in casa, sentendo fuggire i suoi compaesani ed accostare i francesi, credette di poter uscire ad incontrarli per implorare pace e perdono; ma da mediatore a pro della propria patria divenne vittima inutile: venne preso ed immediatamente fucilato. Le prime case incendiate furono quelle di Romano, di Vitale, di Drammis e di Mastro Nicola Corrado: Tutte le altre vennero indistintamente saccheggiate. Fatta notte, i francesi vinti dal caldo, dal vino e dal sonno si sdraiarono per le vie dell’abitato: molti ne perirono a colpi di stile da quelli che ritirati nel bosco, tornarono taciti a quella vendetta. Molti altri vennero uccisi dopo partiti la mattina seguente per la via di Crotone, assaliti alle spalle e per imboscate continue.
Il giorno dopo gli Scandalesi riuscirono a fare prigionieri 15 soldati francesi che, avendo persa la strada, vagavano per le campagne. I prigionieri furono portati alle navi inglesi attraccate nel porto di Crotone: in cambio ebbero polvere e piombo in quantità.


Giovan Francesco Pugliese, Descrizione ed istorica narrazione dell’origine e vicende politico-economiche di Cirò, Napoli, Stamperia del Fibreno, 1849.