domenica 12 agosto 2012

Manlio Rossi-Doria incontra lo scandalese Pietro Santoro


A destra, Pietro Santoro con cinque dei suoi dieci figli, in una foto del 1958 scattata a Corazzo, frazione di Scandale.

Riporto l’incontro tra il prof. Manlio Rossi-Doria e lo scandalese Pietro Santoro (per la cronaca, mio padre) avvenuto a Scandale nel 1955 durante l’inchiesta sulla Riforma agraria. Il passo qui riportato si trova a pagina 161 del libro “Un paese di Calabria”, pubblicato nel 2007 dalla Casa Editrice l’Ancora del Mediterraneo di Napoli.

“Pietro Santoro, l’ho incontrato due volte quest’oggi. Una prima volta questa mattina al bar dove ero andato a prendere il caffè, l’ho incontrato con altri due, che stava completando la riempitura di ben trentasei schedine, ossia di duecentosedici giocate del Totocalcio, con una spesa di diecimila lire. Erano forse più di tre in società e Pietro Santoro pendeva dalle labbra del “sistemista” che gli stava accanto e spiegava i termini elementari del calcolo combinatorio. “E se vincete cosa fate?”. “Ci spartiamo. Noi siamo sistemisti”. E ci siamo salutati. L’ho rivisto più tardi in municipio. Un gruppo di contadini s’era affacciato alla porta della stanza dov’eravamo a parlare con il Sindaco, il Segretario Comunale ed altri. Il gruppo premeva sempre più nel vano della porta aperta. Alla fine Pietro Santoro, cappello in mano, s’è fatto avanti e ha detto che voleva parlare con me. Gli ho detto che parlasse pure, che mi faceva piacere, che appunto questo io volevo, ma l’avvertivo che non potevo far nulla, perché ero un professore, cioè uno che conta poco e che, stando qui per ragioni di studio, contavo ancora meno. L’avvertimento l’ha un po’ sgonfiato, ma ha detto lo stesso come l’Ente Sila non l’aiutava, che lui aveva 10 figlie femmine, che aveva lavorato con l’impresa e non l’avevano pagato, che non poteva vivere e così via continuando. L’ho fermato e gli ho chiesto se l’avesse ricevuta in assegnazione la terra e quanta – “Sì - m’ha risposto – 10 tomoli a Ponte Corazzo” – Ma lo sai – gli ho detto – che tu sei il più fortunato dei contadini che hai avuto la terra più bella di tutta la Calabria? – Non ha negato – Ha ripiegato sul mancato aiuto dell’Ente, sulla casa non ancora costruita, sugli agrumi piantati troppo vicino al fiume. – Ma ha fatto buon viso alla mia proposta di scendere con lui martedì a veder la terra e sentirlo ragionar con i funzionari dell’Ente. Dice che andremo e ci siamo di nuovo lasciati.
Pietro Santoro è del 1907, è magro, alto, con lo sguardo vivo e un po’ esaltato di molti Calabresi. Ha l’aspetto di un vero contadino, nel vestire, nei tratti, nel portamento. È noto in paese a tutti per una caratteristica: ha 10 figlie femmine. Prima della riforma deve essere stato guardiano e salariato fisso con uno dei grandi proprietari. Il suo maggior vanto è quello di essere stato capo squadra degli scavatori di radici di liquirizia (“Ne ho tenuti fino a duecento sotto di me” – mi ha detto con orgoglio). È un nomade, un irregolare, un avventuriero contadino e oggi forse non sa adattarsi a diventare quello che non è mai stato e che forse non vuole diventare, con tutte quelle figlie femmine cui deve pensare: un contadino fermo nella sua casa, sulla sua terra, che è la migliore di Calabria”.