mercoledì 7 settembre 2016

Quando Alberto Moravia scriveva a Mussolini

 Alberto Moravia

Alberto Moravia
vero nome Alberto Pincherle
Roma 1907 – Roma 1990
Scrittore

Alberto Pincherle (userà poi sempre il cognome Moravia della nonna paterna) era cugino dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, uccisi il 9 giugno del 1937 in un agguato della Cagoule (formazione paramilitare di estrema destra), a Bagnoles de l’Orne in Normandia. Suo padre, Carlo, era fratello di Amelia Pincherle, madre dei due antifascisti uccisi in Francia su ordine, sembra, dei servizi segreti fascisti.
Moravia si impose all’attenzione della critica nel 1929 con il romanzo Gli indifferenti, analisi spietata della crisi di valori del mondo borghese. Il libro fu pubblicato dalla casa editrice Alpes di Milano che era presieduta dal fratello del Duce, Arnaldo Mussolini.
Nel 1941 sposò Elsa Morante, ma nel 1962 si separa e si lega alla scrittrice Dacia Maraini.
Figura di intellettuale impegnato e curioso, ha partecipato attivamente al dibattito intellettuale e politico, svolgendo una costante attività di giornalista, di critico cinematografico e saggista. Nel 1953 fondò con Alberto Carocci la rivista Nuovi Argomenti che diresse fino alla fine. Dal 1984 al 1989 fu eletto deputato al Parlamento europeo nelle liste del PCI.


Parte finale di una Lettera di Alberto Moravia a Benito Mussolini del 26 marzo 1935

Eccellenza […].
Tengo dunque a dichiarare che ammiro l’opera del Regime in tutti i vari campi in cui si è esplicata e in particolare in quella che come artista a me più interessa, cioè in quella delle lettere e della cultura. Debbo inoltre soggiungere che la personalità intellettuale e morale dell’Eccellenza Vostra, mi ha sempre singolarmente colpito come esemplare e straordinaria per le molteplicità delle attitudini e la forza della ispirazione e soprattutto per il fatto di avere nel giro di pochi anni saputo trasformare e improntare di Sé la vita del popolo italiano. Queste cose che io vi scrivo non sono dovute a nessuna specie di personale interesse o di ambizione politica, ma al sincero desiderio di chiarire dinanzi alla V.E. e al Regime la mia particolare situazione, che è quella di un artista italiano il quale cerca di fare opera non indegna della grande tradizione e dell’immancabile avvenire del suo Paese.


La lettera e tante altre notizie si trovano in Roberto Festorazzi, “Caro Duce di scrivo”. Il lato servile degli antifascisti durante il Ventennio, Edizioni Ares, Milano 2012.